Faceva scalpore negli anni ottanta il successo commerciale di un genere ambiguo nella definizione e spesso nella sostanza, quel mix di musica acustica strumentale di ogni tipo raggruppato per comodità sotto il nome evocativo di New Age Music. Fra tante cose inutili c’erano anche artisti di grande valore il cui nome è ancora oggi sotto gli occhi di tutti coloro che amano la buona musica.
A parte i più evidenti casi di “aria fritta” confezionati ad hoc per intontire l’ascoltatore, in molti ricorderanno che mentre il mondo del rock scopriva i Guns ‘n’ Roses, gli U2 pubblicavano The Joshua Tree e tutti ballavano con Michael Jackson, il chitarrista acustico americano Will Ackerman godeva l’inatteso successo della sua etichetta e di vari artisti ad essa collegati.
È grazie alla Windham Hill di Ackerman se un pubblico più vasto ha potuto apprezzare le doti di Michael Hedges, Alex De Grassi, Tuck & Patti e molti altri fra cui un quartetto di virtuosi acustici noto come Montreux Band in cui, assieme a talenti del mandolino e violino come Mike Marshall e Darol Anger e alla pianista Barbara Higbie, militava un giovane Michael Manring al basso elettrico.
La loro non era decisamente “musica da yuppies” come quella di molti colleghi del settore ma una originale e spesso spettacolare fusione di jazz, musica tradizionale americana, musica classica, elementi etnici.
Manring, in particolare, era già considerato uno strumentista molto personale, ricercato per collaborare con altri personaggi di rilievo come lo stesso Michael Hedges.
Allievo di Jaco Pastorius e virtuoso del basso fretless, Michael ha in seguito maturato ulteriormente il suo personalissimo stile, che mette assieme frasi melodiche e tapping intricati, in una ricca carriera piena di soddisfazioni.
Oggi è sempre preso fra registrazioni, insegnamento e concerti con poco tempo per dedicarsi quanto vorrebbe ai suoi progetti personali, ma un album di solo basso è quasi terminato.
Quando non è sul palco da solo con i suoi bassi elettrici, Manring si esibisce in trio con Trey Gunn e Alonso Arreola, in duo con il percussionista Christopher Garcia e nella band del trombettista Jeff Oster.
Tra una serata e l’altra siamo riusciti a contattarlo per un aggiornamento all’intervista pubblicata su Chitarre n.15 nel 1987.
Così Michael descriveva la sua strumentazione all’epoca:
Innanzitutto, bisogna dire che sul mio disco Unusual Weather uso due bassi, uno normale e un high-bass, che non sono mai accordati standard se non nelle parti melodiche. La base dei brani è tutta costruita su accordature diverse.
Il basso ‘normale’ o low-bass, come si può ben capire, è facile da accordare più “basso”, ma dà dei problemi, invece, nel caso contrario, a causa del tiraggio delle corde.
Così ho elaborato questo high-bass, che è un basso standard adattato per sopportare accordature con tiraggi superiori, sempre differenti a seconda del pezzo. Il diapason è rimasto normale perché, essendo fretless come I’altro, per I’intonazione devo affidarmi completamente alle mie dita e alla conoscenza che hanno della tastiera, le cui dimensioni non possono quindi cambiare.
Il basso normale l’ho costruito personalmente ed è quello che ho suonato su quasi tutti i dischi Windham Hill in cui sono presente. L’high-bass è un Music Man che ho adattato assieme al mio amico Paul Reed Smith con i pickup originali.
Come si è evoluto il tuo stile?
Ho esplorato diverse tecniche bassistiche, fra le quali si distingue uno stile ‘melodico’, che ho usato fino ad oggi in tutti i dischi della Windham Hill su cui sono apparso prima del mio album. Questo lo devo a Jaco Pastorius, che è il mio insegnante.
Invece, nel mio disco, sfrutto anche uno stile basato maggiormente sugli accordi, cercando di lavorare sulle tessiture e di creare nuove sonorità.
Mi servo anche della tecnica comunemente associata a Eddie Van Halen e Stanley Jordan… una tecnica sulla quale ho lavorato a lungo e che è molto, molto difficile su uno strumento fretless.
Mi sono chiesto per molto tempo se era veramente il caso di impararla, con tutti quei problemi relativi all’intonazione, ma ci sono delle cose che sono ottenibili sullo strumento solo in questo modo e che trovo estremamente interessanti: tutte le risonanze che puoi tirar fuori dal basso…
Quali effetti usi?
Quando suono dal vivo uso un chorus stereo, ma solo sulle frequenze più basse, perché ho un equalizzatore che divide le frequenze e mi permette di effettare solo il registro più grave.
Ho anche un digital delay, ma non I’uso poi tanto…
Quando hai cominciato a suonare il tuo strumento?
Ho cominciato quando avevo solo dieci anni con il basso elettrico e quattro anni dopo sono passato al contrabbasso che ho suonato per sei anni prima di smettere e concentrarmi di nuovo sullo strumento elettrico.
L’ascolto dei contrabbassisti è stato particolarmente utile: per qualche ragione questi sembrano suonare con più passione, con più ‘anima’ dei loro colleghi elettrici. Non so perché… per un periodo ho studiato anche il classico e mi è piaciuto moltissimo.
Parlaci della tua esperienza con Ia Windham Hill.
Ho cominciato a lavorare con la Windham Hill nell’ ’80. con il disco Breakfast In The Field di Michael Hedges. Allora I’etichetta era più piccola, la situazione molto diversa… Era appena uscito Autumn di George Winston e nessuno poteva immaginare che sarebbe diventato un ‘disco d’oro’.
C’erano state delle buone recensioni e questo era bastato a suscitare qualche entusiasmo, ma nessuno pensava che si arrivasse a questo punto. È incredibile!
Come è recepita la musica che fate con la Montreux Band?
È un pubblico molto eterogeneo: molti vengono perché conoscono il lavoro di Mike Marshall e Darol Anger nel bluegrass, al mandolino e al violino, alcuni perché hanno sentito Barbara Higbie suonare rock o pop music, altri perché pensavano fosse un concerto jazz.
Quindi vengono persone di tutti i tipi e penso che ognuno rimanga un minimo sorpreso, perché – a mio avviso – la particolare combinazione di stili che questo gruppo sta realizzando è nuova, non credo sia stata mai tentata prima.
RITORNO AL FUTURO – 2017
Come ricordi quel periodo di 30 anni fa?
Con molto piacere. Sono stato veramente fortunato a essere coinvolto nella Windham Hill perché era una bella casa discografica e il suo successo ha portato grandi opportunità per tutti. Ero giovane allora, alla ricerca della mia strada come artista e, come penso sia inevitabile, ho fatto molti errori.
Con la Montreux Band abbiamo fatto molte serate e avevamo un piccolo studio personale dove passavo praticamente ogni minuto libero quando eravamo a casa, realizzando demo, componendo, sperimentando nuove cose e imparando.
Tutte queste esperienze mi hanno permesso di crescere e aiutato a trovare una direzione cui dedicarmi.
Cosa rimane di Michael Hedges e Jaco Pastorius in te e nella tua musica?
Sono stati tutti e due una grande ispirazione per me. Ho studiato con Jaco quando vivevo a New York nei primi anni ’80.
La cosa che mi ha colpito di più è stata la profonda musicalità che ha portato nello strumento ed è stato bello poter passare del tempo con lui, imparare com’era come persona e come questo influenzasse la sua musica.
Ho iniziato a suonare con Hedges quando eravamo giovani, prima della Windham Hill, e siamo diventati subito grandi amici. Era fantastico avere qualcuno con cui condividere le idee musicali e nel corso dei quasi vent’anni passati assieme abbiamo avuto molte straordinarie esperienze.
Mi manca la sua musica, ovviamente, ma ancora di più la sua amicizia.
Spero che la mia musica rifletta sempre l’ispirazione che ho ricevuto da queste due persone ma ho cercato di andare oltre e continuo a scoprire modalità di lavoro importanti in relazione al passare del tempo.
È un processo interessante quello di prendere idee con cui sono cresciuto e vedere come si possano ancora applicare mentre, contemporaneamente, cerco nuovi approcci.
Ci sono così tanti modi per mescolare, trasformare, ripensare e ristrutturare l’informazione musicale, non mi annoio mai!
Mentre uso qualche elemento specifico collegato a Michael o Jaco penso che la cosa importante sia cercare di portare avanti lo stesso tipo di gioia, dedizione, creatività, individualità e determinazione con cui essi affrontavano l’arte del fare musica.
MANRING RIG 2017
Le cose sono cambiate parecchio a 30 anni dall’intervista per Chitarre.
Michael collabora dalla fine degli anni ’80 con Zon Guitars e con loro ha progettato vari strumenti fra cui il suo Hyperbass signature.
Tre bassi Zon formano il cuore del suo equipaggiamento e li considera i migliori che abbia mai suonato.
Per quanto riguarda l’amplificazione oggi è entusiasta di lavorare con MarkBass e assieme al marchio italiano ha avuto modo di creare il suo ampli firmato.
Le corde sono da sempre D’Addario e fra l’altro utilizza pickup Bartolini, cavi Tsunami e – fin dall’epoca della Montreux – anche l’Ebow, che è diventato subito parte essenziale del suo fare musica.
Sul palco per l’effettistica si affida principalmente a una unità Roland VB99 controllata con il Keith McMillen Softstep.
Il numero 15 della rivista Chitarre è disponibile per l’acquisto in versione digitale scrivendo a [email protected].
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