Daniela Cammarano è un grande talento italiano del violino, protagonista con la giovane e straordinaria direttrice d’orchestra Beatrice Venezi dell’apertura dell’Autunno Musicale della Nuova Orchestra Scarlatti.
Già a quattro anni imbracciava il suo violino, poi con tanto studio e dedizione ha iniziato imparare a gestire con maestria uno degli strumenti musicali più apprezzati di sempre – qual è il violino – e grazie al suo talento è riuscita a diventarne una virtuosa; ha girato l’Italia e il mondo come concertista, camerista (è stata il secondo violino del Quartetto di Fiesole fino al 2010) e prima parte nelle principali orchestre, dalla Francia all’Argentina, dalla Germania al Giappone, dall’Olanda agli Stati Uniti.
Nel 2009 ha fondato un duo con Alessandro Deljavan con varie incisioni all’attivo. Di notevole rilievo è stato il progetto Beethoven Experience che ha visto il Duo Cammarano/Deljavan, insieme alla violinista Victoria Mullova, eseguire l’integrale delle Sonate di Beethoven.
Quest’anno è stata protagonista, con Beatrice Venezi, dell’apertura dell’Autunno musicale della Nuova Orchestra Scarlatti di Napoli.
C’è da dire però che la musica è sempre stata parte del suo background; il padre Vincenzo, infatti, è direttore d’orchestra, clarinettista e docente al Conservatorio Martucci di Salerno, mentre il fratello Leo Cammarano è compositore.
Dopo i primi studi realizzati al Conservatorio Martucci di Salerno – lei è originaria di Camerota – quasi diciottenne Daniela si trasferisce a Milano, per perfezionarsi con Gigino Maestri e diplomarsi al Conservatorio Giuseppe Verdi.
Attualmente è docente di violino presso il Conservatorio Statale di Musica ‘A. Scontrino’ di Trapani.
Come è nata la passione per il violino?
Sono figlia d’arte, papà è direttore d’orchestra; mi sono avvicinata alla musica fin da piccolissima e la mia famiglia mi ha sempre sostenuto; mi hanno sempre appoggiato nella scelta – che comunque ho preso io – di intraprendere questa tipo di vita, a volte anche un po’ complicata.
All’inizio lo sbocco naturale del mio impegno, provenendo da una famiglia di clarinettisti e da Camerota, dove ci sono anche altri bravissimi clarinettisti, era lo studio del clarinetto ma poi non è stato più possibile, anche per evitare eventuali conflitti in famiglia, così ho deciso di dedicarmi al violino e mi sono appassionata.
È stato difficile scegliere questa strada dal punto di vista dell’impegno e della dedizione?
Gli impegni e i sacrifici sono stati sempre tanti. Per inseguire il mio sogno ho perduto parte della mia fanciullezza, ma la scelta più difficile è stata quando intorno ai 17 anni ho dovuto lasciare la mia famiglia e i miei affetti diretti per trasferirmi a Milano, per perfezionarmi in Conservatorio con maestri diversi e infine diplomarmi, iniziando a vivere da sola.
Che rapporto hai con lo strumento?
Primario, fondamentale direi. Ha anche causato la fine di alcuni miei rapporti sentimentali, perché la persona che mi sta accanto non può porsi in competizione con questa parte di me o comunque non capirne il senso. Oltretutto, ho attraversato un periodo non molto semplice dal punto di vista della salute, e il violino è stato fondamentale perché ha rappresentato una distrazione importante; ancora oggi mi accompagna quando vivo situazioni difficili. Sono molto fortunata, la musica è una sorta di vita parallela: sei talmente presa da quello che stai creando con lo strumento che riesci a dimenticare tutto il resto.
Prima suonavi un Guadagnini del 1780. Ora hai il tuo strumento…
Sì, il Guadagnini l’ho suonato nel quartetto di Fiesole, messo a disposizione da una collezionista di strumenti. Dopo aver lasciato il quartetto, suono il mio violino che è tra l’altro napoletano, un Vittorio Bellarosa del 1948. Per me è stato un momento particolarmente emozionante quando l’ho comprato perché nell’etichetta dello strumento ho scoperto che il violino era stato costruito in via Michele Cammarano: ho preso il fatto che all’interno fosse segnato il mio cognome come un segno del destino.
Quest’anno sei stata protagonista dell’Apertura dell’Autunno Musicale della Nuova Orchestra Scarlatti. Come è nata la collaborazione con questa importante realtà?
Con la NOS ho avuto un primo contatto prima che mi trasferissi a Milano per la mia formazione; con il Maestro Gaetano Russo, il fondatore e direttore artistico ci accomunano le nostre origini cilentane e il fatto che è lui è stato collega di mio padre; si conoscono infatti fin da bambini.
Ho avuto l’onore quindi di collaborare davvero con l’Orchestra per la prima volta quest’anno ed è molto bello ritornare a suonare con la Nuova Orchestra Scarlatti, dalla ragazzina che ero un tempo a oggi che sono una professionista, con tutto il bagaglio di esperienze musicali che ho e che posso mettere a disposizione dell’orchestra. Inoltre per me è meraviglioso anche tornare a casa, a lavorare a Napoli, dopo tanti anni passati a suonare fuori.
Quali sono stati gli incontri che ti hanno segnata dal punto di vista musicale?
L’incontro più grande è stato quello con Alessandro Deljavan, il mio pianista, con cui abbiamo fondato un duo. Grazie a lui ho conosciuto tantissimi altri musicisti di spessore. Ma, soprattutto, sono quello che sono grazie al mio papà, il mio maestro. Dal punto di vista cameristico, fondamentale è stato il Quartetto di Fiesole, che è stato una grande scuola.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
A parte finire casa mia? Ho i muratori che ancora non me la consegnano… al di là degli scherzi, prossimamente lavorerò come altra spalla al teatro Regio di Torino e sarò all’Opera di Roma con obbligo di spalla; ma soprattutto l’impegno più importante nel prossimo futuro è la tournée in Israele con il pianista Alessandro Deljavan.
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