Salve musicoffili, questa puntata di JazzOn non è dedicata come al solito alla didattica musicale ma ha come protagonista una bella intervista ad un grande musicista Jazz, Jonathan Kreisberg, chitarrista e autore americano (New York City) con una carriera discografica attiva dalla metà degli anni ’90 e vari album come “leader” tra cui l’ultimo lavoro solista “One” del 2013; il nostro grande amico Gianni Salinetti lo ha intervistato per MusicOff e vi proponiamo, sia in italiano che in inglese, questa bella chiacchierata davvero interessante, buona lettura!
MusicOff: Ciao Jonathan, grazie per questa intervista! Iniziamo subito con una domanda sulla tua formazione. Che tipo di influenze musicali hai avuto prima di avvicinarti al Jazz? E successivamente quali sono stati i musicisti Jazz che hai ascoltato, amato e studiato maggiormente?Jonathan Kreisberg: Mio padre aveva una gigantesca collezione di dischi, di conseguenza ho ascoltato di tutto, dal Rock alla Classica al Jazz. Ho iniziato a suonare la chitarra a 10 anni dopo aver sentito “Eruption” di Eddie Van Halen. Allora imparavo soprattutto pezzi Rock e Classici ma sono rimasto sin da subito affascinato dagli aspetti creativi dell’improvvisazione e della composizione. Anche se amo ascoltare i grandi compositori classici, spesso cerco di ascoltarli con una mentalità da jazzista. Come diceva il grande sassofonista Wayne Shorter: “La composizione è un’improvvisazione rallentata e l’improvvisazione è una composizione accelerata“. Le mie maggiori influenze nel mondo del Jazz probabilmente sono state (e sono) John Coltrane, Keith Jarrett, Miles Davis, Charlie Parker, Lennie Tristano, Allan Holdsworth, Pat Metheny e molti altri!MO: Il tuo linguaggio musicale ha una componente ritmica molto articolata. Le tue composizioni e improvvisazioni sono basate spesso su poliritmie, ritmi composti e dispari ma questa complessità è sempre tradotta in modo fluido ed elegante. Quali consigli avresti per i musicisti che vogliono migliorare il loro vocabolario ritmico? Che ne pensi degli approcci didattici come il “Takadimi”? Pensi sia utile per migliorare la propria tecnica ritmica?JK: Il mio vocabolario ritmico è essenzialmente una combinazione dei concetti di groove americani assieme a cui vengono applicate anche idee matematiche e di altre culture. Fondamentalmente mi piace sentire un buon “feel” che sia coerente con il mio background e quindi le mie origini Jazz, Rock e Funk sono sempre presenti in tutto. Adoro e ascolto molto Flamenco e musica classica indiana (cose che hanno a che fare con il takadimi) ma non ho fatto studi approfonditi di queste tradizioni. Mi sento più vicino alla tradizione poliritmica africana applicata alla musica americana e sono costantemente alla ricerca di nuovi approcci e variazioni a questa.MO: Dal tuo punto di vista, quanto è importante il linguaggio, inteso nel senso di linguaggio tradizionale? Mi riferisco al fatto di studiare standards a memoria, frasi e cose del genere. Non pensi che gli studenti di Jazz contemporanei si preoccupino troppo della teoria e meno degli aspetti sopra menzionati?JK: Questa è un’ottima domanda! Si! Molti studenti al giorno d’oggi pensano che la loro educazione musicale sia come un “download” nel loro smartphone… “imparo queste scale a scuola e poi sarò un grande jazzista“. Ahahah! In realtà la teoria, le scale, ecc… servono solo da guida durante lo studio del linguaggio. Gli studenti devono imparare la tradizione E comprendere come funziona: solo allora possono dirsi pronti a fare qualcosa di grande.MO: Il tuo ultimo disco, “One”, è un lavoro intimo e originale di chitarra solo. Suoni chitarre semiacustiche (immagino la tua vecchia ES-175) e acustiche. Si sentono molte influenze, dal Jazz fino a linee barocche e classiche, per non parlare di un approccio cordale pazzesco. Lavorare sugli accordi è un modo bello e creativo per esplorare la tastiera della chitarra e molti nuovi chitarristi si stanno concentrando su questo aspetto. Come ti vedi al riguardo?JK:Thanks brother! Fare quel cd è stato così divertente e stimolante! Certo, l’aspetto pianistico della chitarra mi ha sempre attratto e prevedo che in futuro lo farà sempre di più.MO: Ho letto che stai lavorando ad un nuovo disco. Chi sono i musicisti che ti hanno accompagnato per questo progetto? Avete suonato composizioni originali?JK: Si! Sono eccitatissimo per questo disco! L’abbiamo registrato il mese scorso. È composto principalmente di musica originale con Kevin Hays al piano, Will Vinson al Sax (e al piano!), Rick Rosato al contrabbasso e Colin Sranahan alla batteria. Dovrebbe uscire a Ottobre!MO: Oltre ad essere un grande musicista sei anche un grande insegnante. Anche quest’anno sarai in Italia per i corsi di chitarra del Fara Music Summer School dal 21 al 27 Luglio assieme ad un altro grande musicista, Peter Bernstein. Che tipo di esperienza è per te? Hai un approccio didattico particolare che adotti in questi workshop?JK: Se siete studenti di Jazz o semplicemente chitarristi che cercano di esplorare un punto di vista differente raccomando caldamente di venire a Fara a Luglio! Peter è uno dei più grandi musicisti Jazz contemporanei viventi legati alla tradizione! Un vero maestro del fraseggio! Penso inoltre, in tutta umiltà, che studiare con entrambi darà agli studenti un’occasione unica di confrontarsi con diverse prospettive musicali.MO: Quali sono gli artisti suonati maggiormente nel tuo lettore cd/iPod ultimamente? C’è qualche bel nuovo disco che non riesci a smettere di ascoltare?JK: Non è un disco nuovo ma è “Fort Yawuh” di Keith Jarrett, il suo solo nella title track è qualcosa di spaziale!MO: Grazie per le tue risposte! Un grande abbraccio da tutto lo staff di MusicOff e dalla sua community!
Jonathan Kreisberg
Gianni Salinetti
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