For the Beauty of this Wicked World è frutto della collaborazione tra i due musicisti, esperienza musicale transmoderna che va oltre qualsiasi genere musicale
La storia di Peppino D’Agostino è nota: il suo ‘cowboy minestrone’ ha fatto breccia nel cuore di appassionati ascoltatori di tutto il mondo, il suo stile inconfondibile ha guidato e ispirato stormi di giovani talentuosi chitarristi. È in uscita a breve termine anche Dancing with Shadows, il suo nuovo progetto di composizioni originali per chitarra.
Non conosco personalmente Corrado Rustici, ma è ben noto a tutti il suo percorso artistico. Oltre che chitarrista è un grande musicista e produttore, la sua firma è presente nei più importanti e significativi lavori della musica italiana e internazionale. L’amicizia con Peppino, anche lui residente in California, nasce 25 anni fa e ora ha prodotto anche un risultato artistico.
L’album comprende un insieme di musical landscapes che spaziano dal rock progressivo all’ambient, dalle ballad al jazz e all’elettronica.
L’uscita è prevista per il 28 giugno ed eccoci subito pronti per presentare l’anteprima del lavoro e chiedere ai due protagonisti di raccontarci il percorso di questo progetto, che si annuncia affascinante.
Come è nata l’idea dell’album For the Beauty of this Wicked World?
P.: Durante una delle nostre frequenti cene, Corrado mi ha fatto ascoltare a sorpresa un brano strumentale che avevo scritto e che lui ha stravolto musicalmente, aggiungendo un suo testo in inglese.
Rimasi veramente stupito, completamente rapito dal suo lavoro di produzione e dall’intensità e poesia del suo testo intitolato “The Knife of Love”. Il pezzo è diventato appunto una delle tracce del nostro album.
La gestazione di questo progetto ha richiesto quasi quattro anni: come è andato avanti il vostro lavoro in questo tempo?
P.: Ci sono voluti quattro anni a causa dei nostri impegni lavorativi e familiari. Nei ritagli di tempo abbiamo cominciato a ritrovarci e a comporre insieme, basandoci su idee embrioniche e sviluppandole in studio.
Le registrazioni sono seguite subito dopo, completate poi dai sofisticati e centrati arrangiamenti di Corrado.
C.: C’è voluto anche tempo per sperimentare, sia sul tipo di composizioni, sia sulle sonorità da adottare. Una delle nostre premesse è stata quella di non basare il lavoro su ciò che già apparteneva al nostro lessico musicale, ma di usare quest’occasione per aprirci a orizzonti che non appartenevano necessariamente a nessuno dei due.
Viviamo e ci muoviamo nell’ignoto, ciò che già conosciamo è il passato.
Corrado è anche un noto produttore: quanto ha influito la sua esperienza nella realizzazione dell’album? Chi è stato di voi due il più ‘meticoloso’?
P.: Corrado è assolutamente meticoloso… direi di più, maniacale! Scusami Corrado, ma mi hai fatto ripetere una delle frasi una quarantina di volte! La cosa più frustrante è stata quando mi hai detto: «Mah… se tu sei soddisfatto possiamo tenere questa frase così com’è». Chiaramente ti risposi: «Rifacciamola fino a che TU non sei contento!» M’hai fatto sudare, però avevi ragione!
C.: Peppino, prendo la tua risposta come un complimento! Io tendo a non essere mai soddisfatto di quello che faccio, per diverse ragioni. Forse quello che più dà impeto a questo mio approccio alla produzione è il desiderio di raggiungere quel grado di performance che include – e trascende – tecnica, espressione e significato artistico. Per me “La Grange” degli ZZ Top è come un punto artistico, difficilmente raggiungibile, ma infinitamente ispiratore.
Le note stampa che illustrano l’album descrivono il vostro progetto come «nato dal desiderio di creare paesaggi sonori che non fossero necessariamente incentrati sulla chitarra»: come mai questa scelta?
P.: Questa nostra collaborazione è nata in maniera molto organica, senza particolari obiettivi, strategie di mercato o desiderio di impressionare tecnicamente con acrobazie di vario genere. For the Beauty of this Wicked World rappresenta semplicemente l’incontro di due menti provenienti da mondi diversi, due compositori semplicemente assorbiti dall’idea di scrivere insieme e far scaturire possibilmente qualcosa di nuovo, toccante e musicalmente rilevante.
Corrado ha filtrato e ‘corrotto’ in varie occasioni il suono della mia chitarra acustica, per servire al meglio il messaggio musicale. Questi suoi interventi in veste di produttore, che all’inizio mi avevano un po’ spaventato, adesso si rilevano centrati e giusti.
C.: Fra la melodia più sublime e la libertà da tutte le melodie, c’è un abisso che ogni musicista serio deve attraversare. Per me, questa è stata la direttiva alla base del progetto.
La possibilità di esplorare, con Peppino, ciò che potevamo manifestare insieme, integrando le nostre esperienze e preferenze musicali, ha ‘dettato’ il sound e ha evitato che cadessimo in una ‘trappola’ chitarristica.
Quale strumentazione avete utilizzato, quali microfoni?
P.: Ho usato la mia nuova Seagull Peppino Signature e la Seagull Coastline 12 corde.
C.: In questo album ho usato principalmente una chitarra che Robert Godin ha costruito per me, un amplificatore MultiAmp della DV Mark e diversi fantastici microfoni della Lauten Audio, fra i quali Atlantis, Oceanus e Torch.
L’articolo completo di Reno Brandoni è pubblicato su Chitarra Acustica n. 5/19.
Aggiungi Commento