Chitarrista nelle band di Ray Charles, Joe Cocker, David Crosby, è uno strumentista completo in grado di adattare il suo talento a quasi ogni genere musicale.
La sua lista di collaborazioni è incredibile: Donald Fagen, James Taylor, Marc Cohn, Joe Cocker, Jimmy Webb, Rickie Lee Jones, Dr. John, Carly Simon, Kenny Loggins, Wilson Pickett, Jazz Is Dead, Phil Lesh and Friends, David Foster, Meat Loaf, Phil Collins, Aztec Two-Step, Richie Havens, Odetta, Jonatha Brooke, Willy DeVille.
Nel trio CPR con David Crosby e James Raymond è stato anche autore. Compone musiche da film e canzoni interpretate da altri artisti… oltre ad essere un musicista di quelli veri. Non male davvero.
L’intervista di Daniele Bazzani è frutto di una breve tournée che l’ha visto, assieme alla moglie Inger Nova sui palchi dell’Acoustic Guitar Village 2019 e del Big Mama Club di Roma.
Jeff Pevar ha iniziato giovanissimo una carriera che lo ha portato a suonare con alcuni tra i più importanti musicisti del ‘900. La sua musicalità e versatilità, l’estrema attenzione verso il musicista o la band con cui si deve confrontare di volta in volta, la simpatia e la gentilezza nei modi sono tratti distintivi che non passano inosservati.
Io da ragazzo – racconta Pevar – ho lasciato la scuola perché non riuscivo a trovare un nesso fra quello che mi insegnavano e quello che volevo fare. Volevo imparare la parte di chitarra di “My Old School” degli Steely Dan, e a quindici anni la suonavo nei club. La gente vedeva questo ragazzino suonare con musicisti più grandi e suonare quell’assolo nota per nota.
La cosa era davvero eccitante per me all’epoca, quelle erano le montagne che volevo scalare. Volevo imparare la parte di “Kid Charlemagne”, sempre degli Steely Dan, o di “Mood for a Day” di Steve Howe, avevo un giradischi e facevo avanti e indietro con la puntina per non perdere neanche una nota. Quel disco degli Yes oggi è inascoltabile per quanto l’ho usato, ma ne è valsa la pena.
Io dico sempre che se togli questo aspetto a un musicista non rimane quasi nulla.
Esatto, dobbiamo essere ispirati da qualcosa, sempre. Come l’altra sera al locale con la band di Lello Panico: ho suonato oltre le mie possibilità, non sono un jazzista ma lascio fluire le cose anche se non ne ho il pieno controllo.
È questa una cosa che credo accada solo dopo decenni di musica suonata: non sei tu a suonare la musica, è lei a suonare te, non pensi neanche più, stai solamente reagendo.
Se sei da solo e devi costruire un arrangiamento, a cosa fai riferimento, cosa cerchi in particolare?
Cerco l’essenza della canzone. Sono anche arrivato a un punto in cui accetto il ‘vuoto’, la rarefazione dei suoni. E poi ascolto la voce: la voce non canta solo delle note, ma ha anche un ritmo, quindi cerco di integrare quello che ascolto e rendere tutto il più armonico possibile.
Da Ray Charles ho imparato a ‘piegare’ il tempo: lui non cantava mai tutto alla stessa velocità, era molto legato all’interpretazione, quindi dovevi seguire il suo feeling del momento. Perciò, in due, sei davvero libero di esprimerti come preferisci, anche in termini di tempo.
Pensa ai vecchi bluesman: cosa gli importava del tempo? A volte suonavano una battuta di 5/4, in un tempo di 4/4: non c’era nessun problema, probabilmente seguivano la canzone ed era giusto così!
Cosa usavi l’altra sera? Avevi un suono davvero splendido.
Per questo tour ho messo insieme una piccola pedaliera con un Helix della Line 6, molto interessante perché è un multieffetto; e se non hai un amplificatore, ha una simulazione di amplificatore e di cassa, quindi con un’uscita diretta puoi andare dritto sul banco.
L’altra sera ho usato un amplificatore del locale e un overdrive della Mooer, di quelli che simulano amplificatori famosi, ma non ricordo esattamente quale modello fosse. La cosa bella è che c’erano controlli di alti, medi, bassi, volume, gain e due differenti modalità di distorsione: io uso quella che ha un suono più ‘spesso’, sono molto attratto dai suoni caldi e ampi.
A casa ho un bellissimo ampli Howard Dumble che mi ha regalato Graham Nash: lo usano Larry Carlton, Robben Ford, lo usava Stevie Ray Vaughan.
In ogni caso, ho un setup che mi consente di entrare in qualunque amplificatore e avere un buon suono.
Il resto dell’intervista su Chitarra Acustica 01/2020.
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