HomeMusica e CulturaIntervisteSimone Val Bonetti, orgoglio italiano del fingerstyle

Simone Val Bonetti, orgoglio italiano del fingerstyle

Ciao a tutti da Paolo Sereno, abbiamo tanto tempo a disposizione adesso, usiamolo! Per cui vi propongo un'intervista a un grande talento italiano della chitarra fingerstyle.

Mi è capitato di organizzare Festival di chitarra acustica e Contest chitarristici per diversi anni, uno dei primi da me organizzati aveva come presidente di giuria il grande Don Ross e in quella occasione a vincere il primo premio fu un ragazzo che all’epoca (2008) ci colpì molto per il modo di suonare una  cover di un brano di Jaco Pastorius, “Three views of a Secret”, che, come mi disse molti anni dopo Don, era uno dei suoi brani preferiti (ma questo all’epoca non lo sapeva nessuno).

Bene, quel giovane che piacque tanto a Don con questa cover in puro Fingerstyle Jazz era Simone Val Bonetti, che decido di ospitare nella nostra rassegna di interviste.
Val secondo me è un vero asso per il modo che ha di interpretare suoni e atmosfere jazz blues acustiche e datate in un modo molto moderno se non contemporaneo, date un ascolto ai suoi brani su Spotify e mi darete ragione.

Val Bonetti

Ai tempi del #IoRestoACasa per ovvi motivi, come vive un musicista di professione come te?

La situazione è talmente surreale che faccio fatica a rispondere. Per il momento con le lezioni via Skype, ci sono allievi appassionati che continuano a studiare nonostante tutto. Lavoro da tanto nel campo della didattica per chitarra qualche anno fa ho abbandonato le scuole per fondare a Milano la mia piccola GoodThumb ispirata al grande Big Bill Broonzy; ora piano piano cercherò di ampliare la mia offerta online, è l’occasione per imparare cose nuove ampliare i propri orizzonti, prendiamola cosí.

Sto cercando di inventarmi qualcosa per il prossimo futuro nel caso questa emergenza dovesse protrarsi molto a lungo. Diversi impegni sono già sfumati fra cui quasi sicuramente un bel workshop ad Arezzo previsto per fine aprile, chissà che non riesca ad organizzarne uno online. Sto finalmente apprezzando la tecnologia e I vari social network, li ho sempre considerati di importanza secondaria e invece in questo momento sono l’unica ancora di salvezza, perciò devo recuperare terreno, sto scoprendo nuove app, nuove piattaforme, nuove forme di divulgazione….tutto molto interessante, molto veloce, forse troppo veloce per i miei gusti ma ce la faremo!
Quindi grazie per questa chiacchierata virtuale, una vera boccata d’aria, grazie Musicoff.

Come hai iniziato? chitarrista elettrico o mi sbaglio?

Ho iniziato con la chitarra classica da bambino poi dopo un po’ di anni il mio maestro Attilio Doniselli si rese conto che la classica non era il mio mondo, non studiavo più e mi diede una vhs di Jorma Kaukonen e un metodo di blues fingerpicking di Franco Morone. Mi riusciva cosí facile suonare quei brani, erano davvero nelle mie corde!
Poi arrivò una nuova musica da Seattle, che ha influenzato tantissimo la mia giovinezza.

Ho suonato la chitarra elettrica per tanti anni e con quella ho iniziato a farlo di mestiere ma parallelamente ho sempre scritto musica per chitarra pur conservandola nel cassetto…
Nei primi anni duemila ho conseguito il diploma presso la Civica Scuola di Jazz di Milano fondata da Franco Cerri, un’esperienza formativa per me fondamentale, il Jazz è un po’ una mamma a volte ti consola a volte ti bastona, mi ha dato tanto e continuo a imparare molto.
Mi piace ascoltare i grandi classici, l’hard bop in particolare, ho una predilezione per Horace Silver, Thelonius Monk e qualunque cosa abbia fatto Wayne Shorter ma anche i grandi chitarristi da Barney Kessell a Bill Frisell, Joe Pass, Pat Metheny.

Il mio problema è sempre stato il plettro, mi ci sono sempre trovato male, ho sempre fatto fatica, l’ho sempre percepito come corpo estraneo fra le mie dita evidentemente non sono un’ostrica e non ne ho fatto uscire una perla quindi maturando ho scelto di buttarlo nel cestino e suonare esclusivamente con le dita.
Solo recentemente ho ritrovato lo stimolo di riprendere ad usarlo e con l’atteggiamento del principiante inizio ad apprezzarne le possibilità, specie quando mi trovo a suonare con Claudio Sanfilippo e IlZenDelSwing.

La verità è che sono sempre stato affascinato dal potenziale polifonico del nostro strumento, faccio parte di quei fuori di senno, come te Paolo, che vedono nella chitarra una piccola orchestra, o un pianoforte o un ensemble vocale o sei strumenti a corda o chissà cosa.
In questo caso l’uso delle dita è fondamentale, lavoro tantissimo sulla mano destra, le diverse possibilità timbriche di ogni dito, l’indipendenza del pollice rispetto alle altre dita e la dinamica. In questo trovo che la vecchia scuola del fingerpicking, che sta alle origini del blues, sia un elemento chiave per sviluppare la tecnica della mano destra.
Ma non solo, i grandi maestri del blues, come Rev Gary Davis, Lonnie Johnson, Mississippi John Hurt, Blind Blake e poi Robert Johnson, Fred Mc Dowell e tanti altri ci insegnano come affrontare quel repertorio e anche tutta la musica da cui ne è derivata. Sono loro la chiave per aprire tante porte!
Il Rock o il Jazz, cosa sarebbero senza il Blues?

Simone Val Bonetti

Con i miei studenti insisto molto sul repertorio delle origini della musica afroamericana insieme lavoriamo sulle tecniche, sull’armonia e sull’improvvisazione. È molto divertente da suonare, anche per chi è ancora agli inizi. Con Beppe Semeraro, un armonicista blues di lungo corso, abbiamo un bel progetto dove alterniamo Ragtime, Country Blues e Jazz delle origini, e che mi vede impegnato pure alla voce, proprio in queste settimane dovevamo fare dei concerti e andare in studio a registrare qualcosina mannaggia che periodo!

Raccontami della tua amicizia e rapporto con Duck Baker e la sua musica e ora che tipo di rapporto hai con lui?

Ecco se c’è un chitarrista che può passare con disinvoltura da una giga irlandese a un’improvvisazione free jazz passando per un arrangiamento di Monk, un fiddle tune un ragtime di Scott Joplin o una composizione originale, quello è Duck Baker!
Ragazzi quest’uomo è un monumento della chitarra, esiste un musicista più poliedrico e prolifico di lui? Duck meriterebbe molta più attenzione, viene ricordato per il periodo d’oro della chitarra fingerstyle, a cavallo fra gli anni ’70 e ’80, quando girava il mondo con il grande John Renbourn già chitarrista dei Pentangle e Stefan Grossman fondatore della mitica etichetta KK mule.
Ma questa fu solo una fortunata parentesi, Duck ha fatto molto molto di più si è spinto oltre i canoni della chitarra fingerstyle, affrontando terreni musicalmente più impervi per la chitarra solista, conosci il disco Spinning Song? Un tributo al pianista jazz Herbie Nichols, per me è un capolavoro. 

Ho conosciuto la musica di Duck grazie al maestro e amico Davide Mastrangelo, fondatore del CentroStudiFingerstyle, fra le più importanti realtà nel campo della didattica per chitarra acustica e con cui collaboro da oltre dieci anni. Davide mi ha fatto conoscere Duck cosí come tanti altri artisti della tradizione fingerstyle che non avevo mai ascoltato, devo riconoscere che inizialmente non ne fui colpito, Duck ha un suono difficile, che non rende sempre su disco ma quando approfondisci ed entri nel suo linguaggio ti rendi conto della sua unicità.
Poi ho avuto la fortuna di sentirlo dal vivo e di organizzare un workshop con lui nel 2015. In quell’occasione ho davvero realizzato quanto straordinario fosse ed è nata un amicizia. Suonando con lui si impara moltissimo ha una immensa conoscenza dell’armonia ed un incredibile talento nell’applicarla sulla chitarra. Ho studiato a fondo diverse sue composizioni, devi sapere che ne ha da parte almeno un centinaio ancora inedite che ha scritto e archiviato, l’occasione c’è stata per la realizzazione di Pareto Sketches doppio CD di musiche di Duck in cui oltre a me ci sono i bravissimi Michele Calgaro, Davide Mastrangelo, Massimo Gatti e chiaramente anche Duck.

Quest’anno ad Ottobre abbiamo già in programma con Duck alcuni concerti qui in Italia ed un workshop di due giorni, spero davvero che si potranno fare!

Avevi promesso di regalarmi una delle tue chitarre ma vedo che qui non mi arriva nulla, ci faresti almeno un piccolo tour del tuo gear acustico?

Eheheh… eravamo d’accordo che saresti venuto subito a prenderla in barba alle restrizioni! (scherza) E poi è l’unica acustica che ho al momento. Si tratta di una Martin CEO-7, ha le stesse caratteristiche di una Gibson L00 la tastiera però è più larga. Mi piace il suo suono scuro, è a scala corta e per questo ho scelto di montare una muta ibrida, le prime due corde sono 013 e 017 le altre seguono invece la muta delle 012. Questa scelta mi permette di suonare anche in accordature aperte senza grossi problemi di intonazione o di tensione è un buon compromesso quando non riesco a portare con me la mia National M2, l’altro mio gioiello.

Hai voglia di condividere qualcosa con gli amici studenti di Musicoff ? (guarda che staremo in casa per un bel po’ a studiare cose nuove…)

Mi fa piacere condividere con voi un mio brano, che scrissi nel 2001, dedicato ad un caro amico che se ne è andato troppo presto. Si intitola “Blue Friend“. 

In questo brano c’è da prestare particolare attenzione agli spazi vuoti (alle pause o alle note lunghe) è importante restituire il senso di attesa: non ci sono segnate corone ma ce ne starebbero tante. L’intro non è trascritta ogni volta faccio qualcosa di diverso, si può anche evitare, nella partitura troverete solo la A e la B e la seconda uscita di B che va a chiudere.

A è scritta all’essenziale, sta a noi quando si ripete mettergli qualcosa di nostro, aggiungere oppure variare quanto già scritto. L’accordatura è dropped D quindi bisogna solo abbassare la sesta corda a Re, il resto rimane standard. Troverete le sigle degli accordi sopra ciascuna misura, suggerisco di imparare ogni forma del giro armonico.

Il brano appare nel mio primo album Wait, qui ci sono due versioni live, una più rock direi e l’altra più rilassata.
Il tema iniza a 0.44″:

Anche questa è carina, molto rilassata, sarà l’età che avanza hehehe, intro breve, improvviso di più dopo… tema a 0.14″:

Il tuo progetto meglio riuscito e il prossimo che hai in cantiere?

Il progetto meglio riuscito è quello che devo ancora concepire… non mi ricordo chi lo diceva, ma sposo in pieno la frase. (lo diceva Paul McCartney, NdR)

A cinque anni da Tales, autoprodotto con il contrabbassista Cristiano Da Ros, a metà maggio finalmente uscirà Hidden Star, il mio terzo album, in co-produzione con Dodici Lune edizioni, sarà disponibile su tutte le piattaforme oltre al formato CD fisico. Questo lavoro è stato inciso da giugno a luglio 2019 in un bellissimo studio a Milano che si chiama Maxine di Rinaldo Donati.

In questa occasione, a parte due tracce in solo, ho coinvolto musicisti di estrazione molto diversa fra loro, c’è Marco Ricci al contrabbasso, una sicurezza che ha suonato con tutti i più grandi, Cheikh Fall alla kora, musicista e cantante senegalese leader dei Korabeat, e Giulio Brouzet all’armonica.
È un album che mi rappresenta parecchio, fingerstyle armonia moderna e root music, improvvisazione, slide guitar, ci sono tutti gli elementi che porto avanti nel mio studio giorno per giorno. Non vedo l’ora che esca, nel frattempo c’è una versione in solo di “Hidden Star”, la title track dell’album:

In cantiere ho anche un lavoro sulle ninne nanne tradizionali di diversi paesi del mondo. Quando è nato Dante, il mio primo figlio che ora ha sette anni, c’è stato un periodo difficile col sonno allora ho iniziato a fare della ricerca sul web, ho scoperto delle bellissime melodie provenienti da tante parti del mondo e che si tramandano da genitore a figlio dall’alba dei tempi.
Ho iniziato ad approfondire, talvolta ho avuto la fortuna di entrare in contatto con persone del paese d’origine in altri casi mi è stata d’aiuto la biblioteca comunale o parlare con musicisti che suonano più abitualmente musiche di diverse tradizioni, ad esempio Aronne Dell’Oro con il quale collaboro, grande cultore delle tradizioni musicali del Mediterraneo, forse l’hai conosciuto quando abbiamo suonato a Parma.
Dicevo, ne stanno uscendo una dozzina di tracce, anche stavolta non saranno tutte “guitar solo” ma ci saranno un po’ di ospiti e non vedo l’ora di cominciare a incidere!

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