Non so se i giovani di oggi sanno chi sia Tolo Marton, ma se hai una cultura musicale italiana e sei contagiato dal Rock/Blues vero, di quegli anni lì… non puoi non conoscerlo e se proprio non lo conosci, devi iniziare ad ascoltarlo, al più presto.
Il suo modo di suonare è basato sulle emozioni, te ne rendi conto di come crea il suo suono, come lo plasma con le sue dita, con i vari plettri e gingilli che usa, di come impugna il manico della chitarra, di come punta i polpastrelli sulle corde, ricercando la posizione giusta per dare all’ascoltatore la nota “vera”, la nota che in quel momento ha bisogno il tuo cuore per correre nei prati elisi della tua anima musicale.
Dicono che Hendrix abbia iniziato a suonare usando una scatola di tonno grande, attrezzata con un manico di scopa ed una corda tesa. Beh, da bambino non so che tipo di suoni riusciva a tirarci fuori, ma secondo me Tolo ci tirerebbe fuori un bel suono.
Non per niente è stato insignito del primo premio del Jimi Hendrix Electric Guitar Festival, ricevendo il premio e i complimenti dal padre del defunto Dio della chitarra. Si è portato a casa la replica della Fender Stratocaster bianca suonata da Jimi a Woodstock, realizzata ad personam per il vincitore del contest. Un cimelio da tenere come fosse il Santo Graal.
Il suo suonare le sei corde ha radici profonde. Riconducono credo al misticismo musicale, non sto scherzando. Ogni volta che vedo cosa fa rimango stregato. Se chiudi gli occhi e non vedi il suo ‘viso pallido’, sembra che a suonare ci sia un afro-americano seduto vicino al fuoco dopo una giornata passata nei campi di cotone, ma lui non si sente un bluesman, sono tante le sue influenze musicali.
Con all’attivo una dozzina di album solisti e numerose partecipazioni su album di svariati artisti calibro 90, sia nazionali che internazionali, è da considerare un vanto per il nostro panorama musicale. Ha suonato dal vivo con mostri sacri del Rock e del Blues, con 2/5 dei Deep Purple e 2/3 dei Cream, ma la lista è lunghissima.
Ha inciso con Le Orme e il suo sano orgoglio e la sua sensibilità da musicista lo hanno portato ad intraprendere un percorso musicale dove il fulcro è stata ed è rimasta la musica.
Si unì alla Blues Society del compianto Guido Toffoletti, uno dei padri del Blues italiano. Suona in un progetto a sei chitarre chiamato Guitarland, un grande totem di tanti generi passionali.
Qui sopra un suo pezzo, “Questions”, tratto dall’album ‘olours and Notes, dal quale è stata anche estrabolata una sua versione originalmente riarrangiata di “All Along the Watchtower” di Bob Dylan. Tale versione è stata anche inserita nella compilation dedicata a Dylan dal titolo May Your Song Always be Sung.
Tolo è uno di quei musicisti e compositori da scoltare, io però mi sono spinto oltre, perché oltre alla sua musica, che ascolto volentieri, ho deciso di disturbarlo per alcune domande. Con lui faremo un viaggetto attraverso i suoi gusti, le sue idee sulla musica e alcune considerazioni del suo passato.
Dalla prima risposta capirete che è un “artigiano della musica”, non un “infighettato”, dategli un cappello e la sua Fender Startocaster Red Cherry e avrete le note che ad attorniarvi come farfalle… È come star seduti sotto un portico di legno e sentire il fiume che scorre lentamente, down by the river, near my home…
Cosa scrivo a fare ancora, mettete su uno degli album migliori della discografia italiana, Smogmagica de Le Orme, 1975, e leggete le sue parole qui sotto. Buona lettura!
La chitarra per Tolo Marton cos’è?
È lo strumento, i ferri del mestiere, un mezzo per esprimere quello che ho in testa.
Come sei arrivato allo strumento?
Mio cognato mi prestò la sua vecchia chitarra, nel lontano 1966.
La tua prima chitarra?
Era una 07 acustica che mi regalò mio padre nel 1967 per il compleanno.
Secondo te, cos’è essere musicista oggi, negli anni in cui efficienza, rapidità e capacità di vendita sono freddamente richiesti da ogni figura della “filiera”, dal proprietario del club, alla casa discografica, dai tecnici del suono, dal pubblico, anch’esso ipnotizzato dal “must be perfect“, del o sei il massimo o non sei niente. Gli stessi artisti lo sono… in epoche non lontane l’artista promuoveva la sua arte e dettava i gusti, ora sono i gusti a dettare l’aspetto del prodotto. Per farla semplice, come si vive da musicista oggigiorno?
Fino a poco tempo fa non mi curavo di queste cose, ora ho un po’ modificato alcuni aspetti del mio approccio con il mondo che mi circonda, nel senso che mi do da fare un po’ di più per il mio lavoro, altrimenti c’è il rischio di suonare troppo poco.
Essere un creatore di musica negli anni settanta cosa voleva dire? Hai iniziato nei sessanta con il beat…
Dopo aver ascoltato e imparato da diversi musicisti, con diversi stili sia compositivi che chitarristici, per me iniziare a comporre era naturale oltre che un bisogno profondo. Ma continuo tuttora ad ascoltare musica di quel periodo soprattutto, ci trovo sempre nuovi colori e intuizioni, è ancora una musica fresca, di classe e mai scontata.
Il riconoscimento internazionale deve essere stato come un’iniezione di adrenalina per te, raccontaci…
Certamente, ma la vita continua e quello che è passato non torna più
Hai dietro di te migliaia di ore sui palcoscenici di mezzo mondo… cosa ti piace quando sei lì e liberi in aria i tuoi assoli?
Quando mi accorgo di non pensare a nulla e la fantasia interviene permettendomi di improvvisare “storie” attraverso la chitarra, con un buon supporto dei musicisti con cui suono, ma anche da solo… ecco allora sono contento.
Quale è stata o quale è la chiave di volta della tua carriera?
La sto ancora aspettando.
L’episodio da porre sul piedistallo?
Beh ce ne sono parecchi… La vittoria al concorso mondiale a Seattle presso la Famiglia di Jimi Hendrix… il mio brano “Alpine Valley”, ma anche la rinuncia alla carriera con Le Orme, che abbandonai nel 1976 appena prima dell’inizio del tour.
La musica non è una gara, però ti sei distinto vincendo davanti alla sua famiglia il Jimi Hendrix Electric Guitar Festival…
Esatto, per me non fu una gara ma un evocare lo spirito immaginativo di Hendrix, che poi era ciò che cercavano i giudici del concorso.
Cosa avevi presentato e come ti sentivi quel giorno, cosa accadde?
Come da regolamento, suonai un brano originale, “Alpine Valley” e una cover di Jimi, scelsi “Red House”.
Sei stato anche un Cream per almeno una volta… sei il nostro Eric Clapton Nazionale, ma non voglio paragonarti perché il tuo tocco è unico…
(Ride) grazie, ma volendo posso imitare molti grandi della chitarra, li ascoltavo quando ero giovane e per ognuno ho assimilato alcuni fraseggi e suoni che più mi arrivavano. Sì, diciamo che in occasioni diverse mi è capitato di suonare sia con i grandi Ginger Baker e Jack Bruce, ma non contemporaneamente.
Se dico Smogmagica, tu cosa mi rispondi?
L’ho detto più in su, una grande rinuncia.
Raccontaci quell’avventura a Los Angeles!
Beh era la prima volta che prendevo un aereo, e quell’aereo ci portava a Los Angeles… niente male! 😉
Come ti trovasti ad inserirti in una band atipica? In cui mancava il chitarrista come persona a se stante, Tagliapietra era il factotum delle corde con il basso e Pagliuca soppiantava la chitarra con le sue tastiere… erano di matrice tastiera d’avorio più che in palissandro… voglio dire il loro Prog era basato sulle tastiere e non sulle chitarre…
Mah, non mi sono trovato male, anche perché il gruppo lì a Los Angeles mi lasciava libertà di esprimermi e c’era una vera collaborazione, a prescindere dai risultati non sempre positivi.
Per Michi dei Rossi il mio accostamento di Smogmagica alla psichedelia non gli sembrava tanto logico, in quanto mi disse che a parte due pezzi per il resto è meno psichedelico di quel che si possa pensare… mi disse: Non lo so, di psichedelico non vedo tanta cosa a parte un paio di brani, vedo più una musica Orme/America, Stati Uniti. Dimmi la tua...
Infatti non lo trovo un album psichedelico, a parte, ma solo per certi aspetti, il brano “Laserium Floyd”.
Come sono nati quei pezzi che trovo davvero magici… per me è un album monumentale da far sentire e per far capire cosa era la creatività musicale negli anni settanta.
È passato così tanto tempo che non ricordo alcune cose, ma la situazione era questa. Aldo era il primo ad alzarsi la mattina e prendeva in mano il basso per memorizzare le idee che stava elaborando. Ognuno di noi quattro si concentrava anche singolarmente nell’inventarsi degli spunti, idee anche molto contrapposte. Toni più che altro lavorava sui testi.
A me fu chiesto di comporre più di un brano, cosa che mi sorprese in quanto credevo di servire al gruppo solo come chitarrista ma non fu così. Poi nella seconda parte del soggiorno in California ci raggiunse il produttore Maestro Gian Piero Reverberi che ascoltò il materiale e ci aiutò nella stesura finale del disco.
Cosa invece fece finire il discorso Orme, poi hai collaborato con Tagliapietra in seguito in un suo solo e faceste addirittura una parziale ma significativa reunion nel 2010, Le Orme, Tagliapietra-Pagliuca-Marton… si parlava di un album… ci potresti raccontare cosa avvenne e se avete registrato qualcosa…
Se intendi il periodo del 1976 quando me ne andai, il problema fu che alla vigilia del tour Le Orme erano concentrati sullo spettacolo più che sulla musica, tanto che ogni giorno nelle prove mi pressavano dicendomi come avrei dovuto vestirmi in scena e la sensazione era che questa fosse la loro priorità. Avrei dovuto indossare un costume da Arlecchino per esigenze di spettacolo, ma rifiutai decisamente perché mi sentiva molto in imbarazzo. Ma non ci fu verso di convincerli e decisi di lasciare.
I tuoi album solisti sono molto ben fatti… ne hai ormai dieci in studio alle tue spalle, ci racconti la loro genesi…
Sono tutti album diversi uno dall’altro. Ciascuno racconta un aspetto di me, anche all’interno di ogni album sono presenti brani diversi tra loro. Mi piace variare, tanto che spesso la critica era perplessa e non riusciva a etichettarmi… arrivando a considerarmi solo un musicista blues, quanto di più sbagliato si possa dire di me. Quelli che considero più riusciti sono i primi tre vinili realizzati tra il 1981/83, in particolare il terzo “One guitar band”, fatto in casa, e “My cup of music” del 2016
Suoni spesso con mostri sacri del Rock mondiale, con Ian Paice per esempio, cosa vi lega?
Direi l’assonanza e il gusto per quel sound vivo dell’epopea del rock, e ascoltarsi improvvisando in libertà.
Il progetto Guitarland esiste ancora?
No, abbiamo registrato due dischi interessanti ma i concerti erano pochi ed era complicato perché in 6 musicisti avevamo altri impegni e non si riusciva ad essere tutti disponibili.
Chi trovi interessante oggigiorno nel panorama Blues mondiale?
Quasi nessuno, le cose importanti e innovative sono già state fatte
Che generi di musica ascolti?
In genere continuo ad ascoltare quella della mia generazione perché ci scopro ancora cose nuove, dettagli … ma soprattutto per il fatto che quella musica è così bella e fresca che mi ispira ancora molto. Sono un po’ pigro ma se capita di trovare su youtube o in qualche club qualcosa di originale e imprevisto allora lo ascolto volentieri… ad esempio pochi giorni fa sono andato a sentire Marc Ribot, un musicista che sorprende sempre per la sua grande fantasia.
Hai anche suonato musica classica da quel che ho sentito…
Beh non è proprio così. La ascolto ogni tanto, come anche le vecchie colonne sonore. Sì, avrei voluto diventare un pianista di Classica, da piccolo mio fratello me la faceva ascoltare sempre, ma non è stato possibile e poi ho ripiegato sulla chitarra.
Dove arriverà la musica secondo te?
Mi pare che sia già arrivata e fermata da un bel po’ di tempo. Ci sono due scuole di pensiero a mio parere: una è che la musica ha fatto il suo tempo in quanto non c’è più nulla di interessante da inventare, come nella Pittura, Scultura e in genere nelle Arti più antiche. L’altra è che la Musica continua in forme attuali, che sono apprezzate da una parte dei giovani e che noi disprezziamo perché siamo vecchi e non “capiamo”. Ma per me un buon segnale è il seguente: se mi succede di non capire qualcosa in certa musica che ascolto, come mi succedeva da giovane quando ascoltavo, ad esempio Hendrix o Miles Davis, beh questo è un segnale positivo. Invece quello che esce oggi lo capisco fin troppo bene purtroppo, e staremo a vedere quanta parte di ciò rimarrà nella storia.
Cosa bolle in pentola, hai qualcosa di inedito o progetti in atto?
Probabilmente un nuovo disco con musiche inedite, ma non so dire quando, e sicuramente suonare, suonare… e suonare!
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