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Storia di Fender: Stratocaster, la Regina delle chitarre

C'è una Regina che in quanto a longevità se la batte con quella di Elisabetta II d'Inghilterra e senza dubbio è destinata ad andare ben oltre: si chiama Fender Stratocaster e dalla sua invenzione il mondo non è stato più lo stesso.

C’è una Regina che in quanto a longevità se la batte con quella di Elisabetta II d’Inghilterra e senza dubbio è destinata ad andare ben oltre: si chiama Fender Stratocaster e dalla sua invenzione il mondo non è stato più lo stesso.

Nuova puntata in compagnia del buon Davide Tomassone, titolare dei ben noti negozi di strumenti musicali Tomassone, oggi presenti nella sede storica di Bologna e anche a Roma: in questo episodio incontriamo lei, la raffinata e l’urlatrice, la “nobildonna” e la “rockettara” allo stesso tempo, la Stratocaster, “Strato” per gli amici.

Il buon Leo Fender probabilmente già sapeva che la Telecaster, che abbiamo visto nella scorsa puntata, sarebbe stata solo l’inizio della sua produzione. Così spartana, ma del resto, così efficace.
Con lo stesso tipo di suono in mente, elabora una chitarra che espande a dismisura le potenzialità di quel “Fender Sound”. 

Prima di tutto aumentando il numero di pickup che sale a 3, anche se con un selettore inizialmente a 3 posizioni e non a 5 con le posizioni 2 e 4 intermedie. Poi c’è la forma, più raffinata e sinuosa, decisamente più comoda da indossare e bella, bellissima da vedere.
E poi c’è il ponte vibrato, una novità che plasmerà il futuro dei chitarristi. Decisamente meno invasivo di un Bigsby, con una leva molto più facile da maneggiare, una sensibilità superiore e la possibilità di settaggio che permette di avere un movimento in due direzioni con cambiamento di pitch sia verso le note più alte che quelle più basse.

A tutto ciò si unisce una gran cura per l’estetica, a partire dalle belle e lucenti verniciature derivate direttamente dall’industria automobilistica dell’epoca. D’altronde, se vi capiterà mai di vedere una Strato poggiata sul sedile di una vecchia Cadillac, Chevrolet o magari una DeSoto o una Buick, capirete bene come le due abbiano un’anima in comune.

Leo non era molto interessato al Rock, anche perché nel 1954, anno della prima Stratocaster, di Rock ancora non se ne respirava moltissimo, di sicuro non di quello che sarebbe stato negli anni ’60.
Difatti, le prime Stratocaster erano comunque sempre chitarre nate nell’ottica del country western, del surf e di altri generi della west coast dal carattere sonoro molto brillante. Non è un caso che il primo “endorser” – nonché persona coinvolta nella progettazione – sia stato Bill Carson, chitarrista western californiano.
Ci sarà poi un suono di Stratocaster pazzesco, quello di Hank Marvin dei The Shadows e del loro celebre brano “Apache“, ma ancora lontano dalla nostra mentalità moderna, partendo dal fatto che venivano montate corde con scalatura 013, molto lontane dal voler essere usate per i bending del blues.

Bill Carson in una delle primissime pubblicità della Fender Stratocaster
Bill (o Billy) Carson in una delle primissime pubblicità della Fender Stratocaster

Ma ben presto arriveranno gli anni ’60 e anche colui che portò la Stratocaster “laddove nessuno era mai giunto prima“: Jimi Hendrix. Neanche lo stesso Leo, probabilmente, aveva intuito certe potenzialità sonore del suo stesso strumento, che ancora oggi è uno dei principali mezzi per fare musica.

Vi lasciamo al video sopra, alle parole di Davide e alle mani del buon Giacomo Pasquali, per seguire l’evoluzione della Strato attraverso alcuni stupendi esemplari riprodotti oggi dal Custom Shop e dai Master Builder di Fender.

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