A chi non vive sotto un sasso o sul cucuzzolo di una montagna come un eremita, sarà oramai chiaro qual è il leitmotiv di questo maggio oramai agli sgoccioli: il celebre album dei Beatles, considerato da molti il più bel disco rock/pop (e influenze varie) mai inciso, Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band fa 50 anni e, decisamente, stenta a dimostrarli.
La notizia di questi giorni è che da ieri appassionati, curiosi e chi non conosce ancora bene quest’opera dei Fab Four (speriamo pochissimi), potrà farne conoscenza al cinema grazie al docufilm The Beatles. Sgt. Pepper and Beyond, diretto da Alan G. Parker.
Il film, che segue in parallelo l’Anniversary Edition dell’album remixata da Giles Martin (figlio di George, il “quinto” Beatles), prosegue il racconto che era stato iniziato dal film di Ron Howard Eight Days A Week, raccontando l’anno probabilmente più importante di tutta la loro carriera, durante il quale non avrebbero rivoluzionato solo la loro musica, ma quella di tutti gli altri.
Immagini e filmati inediti, interviste esclusive, il racconto della nascita delle canzoni negli Abbey Road Studios, in questo film troverete davvero molto con cui sfamare la vostra curiosità.
Nonché le fasi di ideazione della ben nota copertina, probabilmente una delle raffigurazioni più importanti della Pop Art, in cui chiunque si è sempre divertito a identificare quanti più personaggi noti e a ricercare l’identità di quelli sconosciuti. Un insieme multicolore, in ogni senso.
In più, il film analizza il cambio dei rapporti all’interno della band e il passo graduale, dopo la morte del manager Brian Epstein, verso la nascita della loro etichetta, la Apple. Il tutto con la scelta, drammatica per i fan, di abbandonare per sempre le esibizioni live e di concentrarsi sul lavoro in studio.
Un concept album, il primo, che porta con sé tante di quelle innovazioni che è arduo enumerarle tutte, coinvolgendo anche le tecniche di registrazione: non essendo arrivato in Inghilterra ancora il registratore a 8 piste, Martin e il tecnico del suono Ken Townsend riuscirono a sincronizzare due 4 piste (non fatevi ingannare dalla semplicità della frase, fu un lavoro geniale per l’epoca).
Circa 700 ore di lavoro in studio, un’intera orchestra, innumerevoli espedienti tecnici nascosti in ogni singola traccia.
E pensare che l’album uscì senza due meravigliose canzoni come “Strawberry Fields Forever” e “Penny Lane”, che andarono sul mercato come singolo pochi mesi prima!
Un periodo creativo, insomma, come raramente capita agli artisti, in grado di rivoluzionare la musica a 360° e a far rimanere tutti a bocca aperta, pensando “è così che andrà da ora in poi” (Jimi Hendrix suonerà live la title track a soli 3 giorni dall’uscita, estasiato).
Ancora oggi è di ispirazione alla maggior parte dei compositori, un masterpiece intramontabile.
Correte al cinema, c’è tempo fino al 2 giugno!
Aggiungi Commento