Dal Saint Louis College of Music alla collaborazione con artisti del calibro di Kee Marcello (Europe), William Stravato e Titta Tani (Goblin): è attraverso tale prestigioso percorso che Simone Cozzetto, giovane artista e chitarrista romano, è giunto alla realizzazione di “Wide Eyes“, l’album che segna il suo esordio come solista. Un lavoro nel quale Simone ha instillato un intero background di influenze musicali di facile riconoscimento se si è appassionati di tutto ciò che gravita tra il prog-rock e la psichedelia.
Nato a Roma nel 1991, Simone Cozzetto inizia a suonare la chitarra a 14 anni inizialmente da privato e successivamente approdando al Saint Louis, dove incontra come docenti Giacomo Anselmi e lo stesso Stravato. Da sempre appassionato della musica progressive di provenienza anglosassone, tra le sue ispirazioni principali compaiono Jethro Tull, Genesis, King Crimson e Pink Floyd; riguardo questi ultimi in particolare, dal 2010 Simone fa parte degli Echoes, storico tributo italiano alla band britannica, nei quali si diverte a omaggiare il suo idolo David Gilmour interpretandone le grandi gesta chitarristiche.
“Wide Eyes” gravita attorno al concept dell’onirico, reso emozionalmente nella musica quanto in maniera palese nei contenuti testuali (interpretati dal cantante Francesco Marino); un vero e proprio viaggio nel sogno quello che il protagonista compie, un percorso che inizia cedendo il passo al sonno e affacciandosi in un mondo in cui tutte le emozioni del soggetto prendono una forma propria, e che terminerà seguendo il volo di quell’Albatros immagine di libertà, e in questo caso di fuga dal sogno.
Le influenze musicali di Simone trovano largo spazio di manifestazione all’interno di “Wide Eyes”. L’elemento portante di riferimento si identifica in quel rock progressivo di matrice anglosassone degli anni ’70 così caro all’autore, proposto in maniera saggia rifuggendo tentazioni di banale espressionismo del genere ma elaborando invece l’elemento caratterizzante in un maturo approccio sinfonico che rende efficacemente il contesto emotivo a cui si riferisce.
In quest’ottica va sottolineata l’abilità del compositore tanto nella qualità e nella ricchezza degli arrangiamenti quanto nell’esecuzione di parti strumentali non direttamente collegate al percorso di studi chitarristici, come pianoforti e synth, i quali sono incisi da Simone stesso, al pari dei suggestivi inserti di chitarra classica.
Dall’elemento prog-rock si distaccano almeno in parte due brani dell’album, “Lost in the Night” e “The Diamond“, i quali per melodia, concezione armonica e sonorità sono maggiormente riconducibili ad ambienti hard rock anni ’80, e dove fanno comparsa le chitarre di Kee Marcello e William Stravato e la voce di Titta Tani dei Goblin, in una coincidenza sicuramente non casuale tra genere e interpreti.
Da segnalare l’interessante metodo di condivisione dell’album, il quale è ascoltabile a questo link (inserendo come login spiral e come password dust) in un’esperienza da virtual CD sviluppata dalla stessa etichetta Sincom Music, con scorrimento automatico sia delle tracce audio che delle relative pagine del libretto, in modo da poter leggere i testi e apprezzare la particolare artwork associata a ogni canzone.
“Wide Eyes”, pubblicato nel 2016 dalla suddetta Sincom Music e l’anno successivo da Goodfellas, è disponibile anche sulle maggiori piattaforme web, comprese Spotify e iTunes; il progetto ha inoltre una pagina Facebook dedicata.
Un ascolto consigliabile anche a chi non è un cultore affezionato degli ambienti di riferimento: la ricchezza di spunti musicali di grande suggestione, l’elevato livello di tutti i musicisti coinvolti e la qualità del lavoro in tutte le fasi pre e post produzione ne fanno un album capace di interessare e di emozionare a prescindere dal genere.
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