In un’intervista al New York Times un Roger Daltrey senza peli sulla lingua: l’esperienza con i The Who a Woodstock pare sia stata una delle peggiori che possa ricordare…
Com’è diversa la storia per chi la legge, la ascolta, la tramanda e per chi invece l’ha vissuta! Così succede spesso, un fatto viene mitizzato, per tutta una serie di motivi anche giusti, ma poi, forando la sottile parete del mito e guardando oltre, si scorge un’altra verità.
Così è per il mitico gruppo The Who e la loro a dir poco leggendaria esibizione a Woodstock, documentata poi nel relativo film.
Il quartetto inglese monta sul palco di Bethel – come raccontato anche dal recente libro edito da Hoepli – alle 5 di mattina del 17 agosto. In realtà avrebbero dovuto esibirsi come penultima band della giornata precedente, prima dei Jefferson Airplane, ma forti disguidi organizzativi, che scoprirete a breve, posticiparono l’evento.
Così, in un cielo ancora notturno, esplose la bomba The Who, che portarono sul palco la loro rock opera, Tommy, uscita nello stesso anno, il 1969. Il resto è storia, la furia di Keith Moon dietro le pelli, il basso galoppante di Entwistle, i volumi assurdi della Gibson SG di Townshend e, ovvio, la voce di Daltrey.
Daltrey che dichiara al New York Times che la sua voce, quasi non la sentiva lui stesso. In una bolgia infernale, con alle spalle lo scatenato Moon e quel muro di amplificatori assordante che gli asfaltava letteralmente le orecchie (piccola tiratina di orecchie al buon Roger, lui parla di Marshall ma ovviamente erano i soliti potentissimi Hiwatt di Pete).
E poi ci fu il caso Abbie Hoffman. Quest’ultimo a un certo punto invase il palco, prese possesso di un microfono e iniziò a protestare per l’imprigionamento di John Sinclair, poeta, scrittore, attivista e manager degli MC5, arrestato per possesso di marijuana e condannato a ben 9 anni di prigione.
Ma con i The Who non si scherza. Non si è mai capito “quanto” Townshend lo abbia fisicamente colpito con la sua chitarra per buttarlo giù dal palco, ma Daltrey conferma che gli urlò “prova a rifarlo e ti ammazzo“.
Ma perché un clima così teso? È sempre Daltrey a spiegarlo.
Partiamo dall’inizio. Il gruppo intanto, a causa dell’intensissimo traffico verso il festival, fu costretto a partire con largo anticipo dall’albergo verso il sito. Quando il gruppo finalmente giunse a destinazione, li aspettava una notizia piuttosto antipatica: a causa del sovraffollamento gli organizzatori di Woodstock avevano proclamato il festival totalmente libero e gratuito. Conseguenza? Nessuna band sarebbe stata pagata.
La risposta della band fu chiara: o arrivava un assegno circolare o non se ne faceva niente. Ma le banche, in quel momento, erano tutte chiuse.
Iniziò così una lunga attesa. la corta descrizione di Daltrey di Woodstock è infatti “Stanchezza […] ore e ore di noia […] attesa, attesa, attesa“.
Ore e ore di noia, beh, dipende dai punti di vista. Perché a quanto pare, Moon ed Entwistle si rinchiusero a “festeggiare” in una station wagon con due avvenenti fan e una manciata di acidi. Townshend e Daltrey stessi assunsero droghe loro malgrado, scoprendo ben presto che caffé e altre bevande nel backstage erano come dire… “modificate”.
Diciamo anche che l’LSD a Woodstock probabilmente si trovava un po’ come le margherite in un campo estivo. Anche il molesto Abbie Hoffman era completamente in balìa degli acidi quando salì sul palco, a quanto pare (non stentiamo a crederlo).
Almeno, però, Daltrey si ricorda di aver ascoltato durante i tempi di attesa alcune performance strabilianti. Una su tutte quella dei Creedence Clearwater Revival, “fantastici” a suo giudizio.
Alla fine, comunque, gli Who salirono sul palco, e diciamolo pure, pur capendo il punto di vista di Daltrey: diedero vita a un’esibizione pazzesca.
E non tutto il male vien per nuocere, perché fu grazie a Woodstock che il gruppo fece finalmente il vero salto di qualità negli USA. Daltrey conferma: “Quell’estate il nostro pubblico passò da 5.000 a 100.000 in soli 6 mesi“.
Fu una delle 112 esibizioni live di quell’anno, ma di sicuro la più importante. Esibizioni in cui, tra l’altro, Daltrey indossava il vestito di scena a frange creato apposta per Tommy, vestito che non aveva ricambi tanto che il cantante ammette “alla fine stava in piedi da solo…“.
E alla domanda del giornalista sul concetto “Peace & Love” di Woodstock, Daltrey risponde chiaramente: “Woodstock non era pace e amore. C’erano moltissime urla. Quando tutto finì, il lato peggiore della nostra natura era oramai emerso. La gente urlava contro i promoter, la gente urlava per essere pagata. Dovevamo essere pagati o non potevamo tornare a casa.“
Aggiungi Commento