Parlando di “Living the Dream“, Slash ha rilasciato dichiarazioni riguardanti le modalità di realizzazione dell’album destinate a far discutere parecchio.
Il chitarrista dei Guns N’ Roses ha infatti raccontato di aver registrato il materiale del suo ultimo album con Myles Kennedy e i Conspirators utilizzando strumentazione digitale in fase di ripresa. Per giustificare questa scelta, per lui del tutto nuova a quanto ci è dato sapere, Slash ha presentato delle motivazioni estremamente pratiche: “Mi piace l’analogico perchè sono un fan del suono analogico. Ma andare in studio – uno studio commerciale – e pagare per averlo e avere tutto quel tipo di strumentazione è abbastanza penalizzante dal punto di vista finanziario“.
Valutando la difficoltà di concretizzare un realizzo economico a fronte di un tale investimento, l’artista ha quindi deciso di optare per una produzione digitale in virtù dei costi più contenuti e della maggiore praticità, affidandosi al produttore e ingegnere del suono Michael “Elvis” Baskette, già coinvolto in produzioni di Alter Bridge, dello stesso Myles Kennedy e della band di Mark Tremonti.
Un’affermazione che darà molto da parlare agli appartenenti alle varie scuole di pensiero è quella che il chitarrista ha rilasciato in merito al risultato di questo processo di lavoro: “E quando lo ascolti, non pensi che sia un album digitale. E lo farò uscire in vinile per il suo suono morbido. Sì, sono per il vinile“.
Abbiamo chiesto al nostro amico Pierangelo Mezzabarba di darci le sue impressioni su tutta la faccenda, in qualità di esperto addetto ai lavori e di conoscitore dell’artista in questione, in una dichiarazione che riportiamo integralmente: “Slash ci dice in sintesi: ‘Ho sempre registrato in analogico perché il suono è migliore, ma costa troppo per quelle che sono le previsioni di incasso nel mercato attuale’. Quindi non veniamoci a lamentare che non esistono più i gruppi di una volta o che il rock è morto. Chi ascolta gratuitamente la musica, la uccide. Se l’artista non percepisce soldi dal suo lavoro, o smette oppure cerca soluzioni più rapide ed economiche come in questo caso“.
“Il problema“, continua Pier, “è che la musica è arte, e il vero artista è quello che, in qualche modo, ti modifica la percezione della realtà. E il musicista attraverso cosa lo fa? Attraverso il suono. Non c’è altro modo di comunicare la musica o di usufruirne. E se il suono è brutto, la musica è brutta. Quest’arte diventa brutta. “The Dark Side of the Moon” senza quel suono sarebbe stato lo stesso? Io ogni volta che lo ascolto ho un’immersione sott’acqua. Mi porta via. Allo stesso tempo alcune cose di oggi sono fighissime e hanno un senso fatte oggi con i suoni di oggi“.
Una precisazione (utile anche a evitare sterili diatribe) viene comunque fatta in conclusione: “Quindi non si sta parlando di analogico contro digitale, io non sono contro il digitale, ma contro l’uso sbagliato che se ne fa. Se lo utilizzi convinto di ottenere lo stesso risultato in meno tempo, sbagli di grosso, ma se lo usi in modo creativo ti si apre un mondo. Ed è così che dovrebbero usarlo. Come lo avrebbero usato i Pink Floyd se fossero stati ancora in attività“.
Come traspare ampiamente dal pensiero di Pierangelo, l’argomento non è quindi esclusivamente una questione pratica ma può anzi celare implicazioni sulla musica in generale anche di una certa rilevanza.
E voi cosa ne pensate?
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