“A me le orecchie please” appassionati e curiosi di Hard Disk Recording, perchè stiamo per aprire l’ultimo capitolo dell’argomento “Effetti e processori”. Abbiamo chiarito la differenza tra i processori di dinamica ed i processori di spettro, imparato ad usare il compressore, il riverbero e le modulazioni.E’ rimasto fino ad ora “spento” solamente l’equalizzatore.
E’ quindi giunto il momento di capire cosa c’è dentro un equalizzatore, ma soprattutto come funziona e come si usa.
Un momento… Giù le mani dai cacciavite!!!
Anche per oggi ci basteranno solamente gli occhi e molta attenzione.
Iniziamo a fare prima di tutto una grossa distinzione tra le due famiglie di equalizzatori esistenti: gli equalizzatori parametrici e grafici.
In realtà esisterebbe una terza categoria, ovvero quella dei paragrafici che non approfondiremo semplicemente perchè hanno caratteristiche “ereditate” dalle altre due tipologie e soprattutto perchè sono meno usati.
Questi due tipi di di equalizzatori si differenziano solamente per la tipologia di filtri che li compongono.
Infatti qualsiasi equalizzatore possiede un numero più o meno elevato di filtri di varia natura e di diversa qualità, in base ovviamente alla fascia di prezzo a cui appartiene.
Non possiamo stabilire se uno sia migliore di un altro, in quanto sono dedicati ad utilizzi diversi.
Passiamo quindi in rassegna i vari tipi di filtri più comunemente utilizzati, ovvero Hi-pass, Low-pass, Band-pass, Shelving, Parametrici e Notch.Hi-Pass, Low-Pass e Band-pass I primi due, conosciuti anche come passa-alto e passa-basso, lavorano semplicemente eliminando tutte le frequenze al di sotto della frequenza di taglio per i passa-alto, ed al di sopra della frequenza di taglio per il passa-basso.
L’unico parametro modificabile per questa tipologia di filtri è proprio la frequenza di taglio, in quanto non abbiamo un guadagno di alcuna frequenza, ma solo lo “sbarramento” di quelle al di sopra o al di sotto della frequenza scelta.
Abbiamo sicuramente già sentito parlare di un numero d’ordine o di poli di un filtro.
Questi dati sono indice di quanto drastico è il taglio delle frequenze che vogliamo eliminare, caratteristica più notoriamente conosciuta come pendenza del filtro, espressa in dB/Ottava, con step di 6dB/Ottava.
Per capire bene di cosa stiamo parlando, immaginiamo di poter avere un filtro perfetto, ovvero che riesca ad effettuare un taglio netto, perpendicolare, oltre il quale tutte le frequenze presenti vengono eliminate.
Questa situazione non è realizzabile in realtà a causa delle caratteristiche intrinseche del materiale elettrico usato per l’assemblaggio di un filtro.
Ecco quindi che si ha un’attenuazione progressiva delle frequenze da eliminare, e più è alto il numero di poli, più il filtro si avvicina ad un taglio netto.
Parlando di ottave, dobbiamo avere chiaro che a livello acustico un’ottava rappresenta il raddoppio o il dimezzamento di una data frequenza. Se immaginiamo una tastiera di un pianoforte ad esempio, e supponiamo di suonare la nota “LA” sotto il “Do centrale” (ovvero il LA che trovate in prossimità del centro della tastiera stessa), le corde percosse vibreranno con una frequenza di 440 cicli al secondo, ovvero 440 Hz.
Se andiamo a suonare un altro LA, il primo che troviamo muovendoci verso destra sulla tastiera, udiremo un suono più acuto la cui frequenza sarà di 880 Hz, ovvero esattamente il doppio.
Così come, spostandoci invece verso sinistra, il primo LA che troveremo, che sarà più grave come suono, avrà una frequenza pari a 220 Hz, ovvero la metà dei nostri 440 Hz che abbiamo preso come riferimento.
Tutto questo per avere più chiaro di cosa si parla quando, tra le caratteristiche di un filtro, troviamo la pendenza espressa in dB per ottava, o in poli. Come già accennato prima, troveremo sempre e solo multipli di 6 nell’indicazione della pendenza, fino ad un massimo di 24 dB per ottava, ed ogni polo rappresenterà uno step di 6 dB.
Avremo quindi che un filtro ad un polo, o di primo ordine, avrà una pendenza di 6 dB per ottava, così come uno a 2 poli, o di secondo ordine, attenuerà il segnale in ingresso, a partire dalla frequenza di taglio stabilita, di 12 dB per ottava e così via.
Per quanto riguarda i filtri passa banda, possiamo semplicemente descriverli come il risultato dell’uso di un passa-alto e un passa-basso contemporaneamente.
Il risultato è che in uscita dal filtro, avremo solamente la banda che si trova compresa tra le due frequenze di intervento stabilite.Filtri Shelving Filtro High Shelving
Filtro Low Shelving
Il filtro Shelving, diversamente da quelli appena visti, ha in più il parametro del Gain.
Conoscendo cos’è il Gain, ovvero il guadagno, ci è facile intuire che questi particolari filtri, non necessariamente tagliano una banda di frequenze, ma hanno la possibilità di enfatizzarla; come sensazione uditiva avremo un aumento di volume, come sempre quantificato in dB, di tutte le frequenze al di sotto della frequenza impostata se parliamo di un Low-shelf, o al di sopra se utilizziamo un High-Shelf.
Viene da se che, impostando un Gain negativo, il filtro Shelving si trasforma in un Low-Pass, o in un High-Pass, ma potremo decidere di quanto ridurre il volume della banda di frequenze interessata e non necessariamente tagliarla.Filtri parametrici e Notch Un po’ più complessi, sia come costruzione sia come utilizzo, sono i filtri parametrici.
Il loro nome deriva proprio dal fatto che hanno un ulteriore “parametro” da poter variare: la “Q“.
Matematicamente la Q si trova dividendo la frequenza centrale per la larghezza della banda su cui interviene il filtro.
Visivamente un filtro parametrico è raffiguarato da una “campana”, il cui profilo identifica il guadagno, positivo o negativo, delle singole frequenze che troviamo sull’asse x.
Viene da se che, per avere una campana stretta, dovremo limitare il più possibile la larghezza di banda su cui agisce il filtro e quindi imposteremo un valore di Q più elevato. Al contrario, con una Q di valore inferiore, otterremo una campana più ampia e che abbraccerà un più vasto spettro di frequenze.
Anche in questo caso, potendo variare a nostro piacimento il Gain, possiamo enfatizzare o eliminare una banda di frequenze dando sfogo anche alla nostra creatività, automatizzando uno o più parametri per creare effetti WHA; oppure, se abbiamo già avuto a che fare con i sintetizzatori, avremo sicuramente “giocato” molto con il potenziometro del “CUT-OFF”, magari senza sapere che stavamo semplicemente variando la frequenza di intervento di un filtro parametrico.
Il filtro Notch è invece utilizzato per eliminare delle frequenze fastidiose, sgradevoli risonanze, come ad esempio capita spesso con il tipico suono ferroso di un rullante non troppo accordato. E’ praticamente un filtro parametrico con una campana strettissima ed un Gain negativo con valore assoluto molto elevato, con la frequenza di intervento posta il più possibile coincidente con quella del suono “incriminato”.
Tornando al livello più superficiale di questa nostra trattazione, possiamo dire che gli equalizzatori parametrici non sono altro che macchine costruite con filtri parametrici, mentre un equalizzatore grafico non è altro che un insieme di filtri parametrici con Q fissa, impostata dalla fabbrica, e con frequenze di intervento poste ad una distanza predeterminata, generalmente espressa in intervalli musicali.
Quindi ci troviamo a parlare di equalizzatori a intervalli di ottava, o a terzi di ottava. Nel primo caso avremo una serie di filtri disposti ad esempio sui 40Hz, 80Hz, 160Hz, 320Hz e così via. Per terzi di ottava invece, tra un intervallo e l’altro che abbiamo appena citato, avremo tre filtri.
Il termine “grafico” deriva dal fatto che in base a come disponiamo i faders che indicano il guadagno di ogni filtro, o a quello che ci visualizza il display dell’equalizzatore se parliamo di un plug-in, possiamo visualizzare “ad occhio” il risultato dell’equalizzazione che stiamo effettuando, già dalla curva che viene a crearsi.
Abbiamo concluso con gli equalizzatori, non abbiamo parlato del loro utilizzo in quanto non ci sono delle vere e proprie istruzioni o metodologie di lavoro; l’unica raccomandazione è preferire sempre la sottrazione di materiale sonoro fastidioso o meno importante, piuttosto che l’enfatizzazione delle frequenze che più ci piacciono. Ad esempio per far sentire meglio una chitarra solista, è meglio diminuire il volume di quella che accompagna, per poi dare qualche dB in più a tutto il pezzo. Questo perchè stiamo sempre parlando di “arteffatti” elettrici, che per quanto possano essere di qualità elevata, introducono comunque rumori e frequenze indesiderate che purtroppo, giunti al termine del nostro lavoro, non potremo più sottrarre dal mix finale.
Equalizziamoci ^___^…
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