Finalmente entriamo un po’ nel vivo della situazione, faremo conto di essere alle prese con una rock/pop band classica (voce, chitarre elettriche ed acustiche, basso, batteria e tastiere) che entra in studio, pronta a registrare la suo nuova opera. Vediamo un po’ come si deve muovere la band e come mi muoverei io per realizzare il lavoro. Come ho detto nella puntata scorsa, ho già precedentemente richiesto al gruppo:• i tempi metronomici dei brani;
• una piccola preproduzione o, più semplicemente, una base con click, piano/chitarra e voce;
• brani di artisti di riferimento, per poterli ascoltare ed avere da subito le idee chiare su come muovermi. In base alle dimensioni ed alla logistica dello studio, bisogna decidere se fare una registrazione “in diretta” (magari sovraincidendo parti di overdub in seguito) oppure una registrazione totalmente “layered” (stratificata, ovvero strumento per strumento). Entrambe le soluzioni hanno dei pro e dei contro, che brevemente voglio elencare. La presa diretta, è senza dubbio il miglior metodo per avere il massimo impatto: è assolutamente consigliabile quando il suono che si vuole ottenere è quello totale della band e non tanto dei singoli elementi. Il feeling che si può avere è ai massimi livelli: la concentrazione dello studio, gli sguardi ed i cenni tra i musicisti spesso portano a grandi performance. È il sistema con il quale la musica è stata registrata per più di 40 anni.
Allo stesso tempo, per eseguire una take con questa modalità è necessario avere sia una gran preparazione da parte dei musicisti, sia uno studio grande o logisticamente concepito per fare riprese simultanee: è importante non avere, o avere il meno possibile, il fenomeno del “leakage“, ovvero il rientro nei microfoni di suoni provenienti da altre sorgenti (il classico rientro degli ampli nei microfoni della batteria… per esempio!).
La ripresa diretta è la più “difficile” anche per il fonico: la posizione dei vari strumenti nella stanza, quella dei microfoni, la scelta di questi ultimi, la presenza di tanti canali da gestire in contemporanea e la gestione degli ascolti di ogni singolo musicista, sono solo alcuni dei fattori fondamentali per una ottima ripresa “live“. La ripresa layered invece garantisce la precisione totale sia del suono che delle parti suonate: la concentrazione infatti è spostata interamente sulla precisione dell’esecuzione dello strumento in corso ed il fonico ha piu’ libertà per ciò che concerne la microfonazione. In questo caso, specie per coloro che registrano per primi (batteria e basso), senza una preproduzione può risultare assai difficile donare il corretto feeling ad un brano. Non è facile suonare in mood, ad esempio, una batteria con un riferimento dato da un click, una voce ed un piano: il lavoro di layer richiede una certa esperienza in studio, un ottimo autocontrollo, un’approfondita conoscenza del brano. Cominciamo con la batteria del nostro gruppo fittizio, scegliendo la registrazione in layers. Nel tempo che il batterista prepara il suo set io creo il progetto, imposto le velocità metronomiche e faccio tutto il lavoro di “set up digitale”. In seguito la fase più importante: l’accordatura delle pelli. In studio una batteria ben accordata rappresenta il 60% della riuscita di un buon suono di batteria.
La presenza di un microfono sopra ogni elemento (in gergo, Spot Mic), evidenzierà al massimo qualsiasi risonanza imperfetta: è bene quindi dedicare tutto il tempo necessario a questa delicatissima operazione.
L’accordatura delle pelli varia di genere in genere e talvolta di brano in brano… ad ogni modo è sempre bene avere di partenza un suono abbastanza profondo e nell’indecisione tra una pelle tirata ed una più morbida io propendo sempre per la seconda opzione. Intervenite, per ciò che concerne le risonanze, prima con l’accordatura e poi (se serve) con la sordinatura delle pelli. Evitate di uccidere totalmente le code, specie sui toms… e non entrate mai in studio senza un tubetto di “Moongel”: è un elemento prezioso che spesso risolve grandi noie senza alterare il suono del vostro strumento. Accordata la batteria, ascolto attentamente le sue caratteristiche al fine di poter scegliere i microfoni e la microfonazione più adeguata. Per un set classico (cassa, rullo, 2 toms, 1 timpano, charlie, ride, piatti) raramente supero i 12/14 microfoni. Non sono certo pochi, ma nemmeno esagerati. Nel tempo che il batterista si concentra provvedo alla microfonatura ed al cablaggio, cercando di scegliere al meglio i microfoni da usare: fatto questo si comincia con il check dei segnali. Durante questa fase non uso nessun tipo di equalizzatore o compressore: cerco di ottenere il miglior suono possibile semplicemente dalla posizione dei microfoni. Il cambiamento (seppur minimo!) di posizione, di angolatura e di distanza, sono tre fattori che permettono già di avere una vasta gamma di sonorità. Venendo dalla “scuola inglese”, preferisco registrare un suono in linea di massima già fatto. Quindi, dopo il primo check, equalizzo subito la cassa, il rullo, i toms, gli overhead e comprimo ed equalizzo alcuni ambienti. Quando sono io che mi occupo sia del recording che del mixaggio, cerco di registrare un suono che sia il più “definitivo” possibile: così il musicista può godere appieno già da subito della sua performance, mentre io posso avere immediatamente un ascolto “chiaro”. A questo punto… si dia inizio alle danze! È molto importante rimanere estremamente concentrati durante la performance e intendo da entrambi i lati… performer e fonico. È bene tenere un comportamento tranquillo, cercando di capire il feeling del batterista e nel caso di qualche sua difficoltà, riuscire a tranquillizzarlo e magari suggerirgli qualche via alternativa per arginare il problema. Un consiglio generale per la registrazione della batteria che mi sento di dare ai meno esperti è quello di utilizzare meno microfoni possibile e di cercare di tirare fuori il miglior suono attraverso un attento posizionamento. Il mettere molti microfoni richiede una conoscenza tecnica piuttosto solida (specialmente per ciò che riguarda la correlazione di fase). Cercate di intervenire in editing solo se necessario: se una parte non soddisfa, è bene risuonarla subito! Possiamo definirsci soddisfatti se a fine sessione di una layered take di batteria abbiamo: • un’ottima esecuzione per ciò che concerne il timing, il suono e le dinamiche;
• una perfetta distinzione dei vari elementi (pelli e piatti);È sempre una buona cosa fare 3 tipi di take differenti: • la principale;
• una take con l’arrangiamento di batteria veramente minimale, con pochi fill, concentrata interamente sul groove;
• una take più libera, suonata “colorando” molto l’esecuzione. Questo ci permette, in caso, di poter prendere e sostituire alla traccia “ufficiale” brevi momenti di groove oppure un fill particolarmente ispirato! Fate sempre vincere la musica sulla tecnica, sia esecutiva che per ciò che riguarda la registrazione. Siate musicali, sempre! Ci vediamo alla prossima puntata per parlare del basso e delle chitarre, a presto! Andrea Pellegrini
Aggiungi Commento