Siamo nel 2020 e il mercato dei software per gli studi di registrazione, e in generale per tutto il mondo audio/video, ha fatto passi da gigante. Ci troviamo di fronte a un numero di plug-in impressionante che oramai emulano qualsiasi cosa e permettono di intervenire facilmente senza dover riempire lo studio di “ferro” (e di svuotare in maniera inversamente proporzionale il portafogli).
Inoltre oggi incontriamo anche una nuova generazione di metodi di sviluppo che ci porta davvero molto vicini a ciò che prima era letteralmente impensabile.
Tutto questo trare ovviamente vantaggio dal parallelo potenziamento delle capacità di calcolo dei processori e di tutto ciò che vi è connesso, un’evoluzione che in soli tre decenni ha portato gli studi da estenuanti attese anche solo per ascoltare la preview di un brano (per chi si ricorda la “preistoria di Pro Tools”) al poter usare lunghe catene di processamento non solo in missaggio/mastering, ma anche durante il recording.
In più, assistiamo con piacere alla crescita di aziende come l’italiana Acustica Audio, che ha portato l’emulazione delle macchine su tutto un altro livello, con un campionamento dei comportamenti analogici sin nei minimi dettagli.
E allora la domanda che abbiamo rivolto a due esperti come Tommy Bianchi e Giacomo Pasquali è: oggi i plug-in possono sostituire al 100% le macchine analogiche?
Buona visione e ovviamente aspettiamo le vostre risposte nei commenti qui sotto!
Foto di copertina a cura di Giacomo Pasquali, presso i suoi studi di registrazione Hologram Studios
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