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Il microfono, ponte tra due mondi

Sarà per deformazione professionale che il mio punto di vista sul recording si focalizza in maniera imprescindibile sulla scelta e sul posizionamento dei microfoni. Il microfono (tecnicamente un trasduttore elettroacustico) è di fatto un'interfaccia tra due mondi fisici, quello della meccanica e quello dell'elettroma

Sarà per deformazione professionale che il mio punto di vista sul recording si focalizza in maniera imprescindibile sulla scelta e sul posizionamento dei microfoni.
Il microfono (tecnicamente un trasduttore elettroacustico) è di fatto un’interfaccia tra due mondi fisici, quello della meccanica e quello dell’elettromagnetismo. Infatti il suo compito è quello di trasformare una forma di energia (il suono è un’onda di pressione meccanica in propagazione) in un’altra (segnale elettrico in corrente alternata), un po’ quello che fa la dinamo di una bicicletta, che trasforma l’energia delle nostre pedalate nell’energia elettrica che fa illuminare una lampadina.

Da questo presupposto, un po’ semplificato, è facile intuire come la trasduzione del segnale, da suono a elettricità, sia fondamentale per strutturare una catena audio di qualità: se il trasduttore non è adatto (o non funziona come dovrebbe o è scelto con incuria e poco consapevolmente) tutto il processo di registrazione sarà inevitabilmente compromesso, non c’è equalizzatore o plug-in che potrà rendere giustizia ad una ripresa microfonica imprecisa.

Il microfono, ponte tra due mondi

L’elemento maggiormente responsabile del suono di un microfono è la sua capsula (l’unico componente che compie effettivamente la trasduzione del segnale), poiché il circuito amplificatore, a meno di sfumature timbriche più o meno significative (comunque non trascurabili), ha il compito di trattare elettricamente il segnale in modo da renderlo adatto a proseguire il suo percorso verso il preamplificatore.

In questo primo articolo parliamo di microfoni a condensatore, poiché le altre tipologie (microfoni a bobina mobile e a nastro) tipicamente non hanno un circuito amplificatore interno ma esclusivamente una circuiteria passiva che adatta l’impedenza del segnale).
La nostra attenzione è rivolta verso le capsule a condensatore, focalizzandoci più sul ‘suono’ di una capsula che sulla trattazione tecnica relativa al funzionamento, argomento più peculiare che magari approfondiremo nei prossimi articoli.

Il microfono, ponte tra due mondi

Ogni capsula caratterizza un microfono a condensatore secondo la sua timbrica particolare, e sebbene il design del circuito amplificatore continui a cambiare (valvole, transistor, di nuovo valvole, con e senza trasformatore etc..) sono sempre le capsule a farla da padrone, contribuendo in maniera primaria alla sonorità di un microfono.

In questo senso ogni volta che scegliamo e posizioniamo un microfono per registrare un suono imprimiamo al nostro segnale audio una cosiddetta ‘pre-enfasi‘, ovvero una marcatura timbrica (di fatto un’equalizzazione) da cui difficilmente riusciremo a discostarci, ed è per questa ragione che scegliere il microfono giusto e posizionarlo in maniera consapevole ci mette senza dubbio sulla buona strada.

Veniamo alle nostre capsule a condensatore, in sintesi si tratta di una struttura composta da una membrana di materiale plastico metallizato (diaframma) solidale con una struttura fissa (backplate o elettrodo fisso). La membrana vibra quando viene investita da un’onda di pressione, e l’intera struttura (di fatto un condensatore ‘variabile’) è in grado di generare minuscole variazioni di tensione che ‘riproducono’ elettricamente l’onda sonora incidente.
Preciso ancora una volta che questo meccanismo è molto più complesso di come descritto, e che per una trattazione approfondita sarebbe necessario un intero corso di elettronica.
Quello su cui ci focalizzeremo è descrivere le capsule a condensatore più diffuse a disposizione e le loro principali caratteristiche.

Il microfono, ponte tra due mondi

La prima grande differenza è il numero di membrane e il numero di backplate. Una singola membrana è in grado di generare un unico diagramma polare, mentre una capsula con due membrane è in grado di lavorare su differenti diagrammi, producendo il cosiddetto ‘multipattern‘.

La presenza di uno o due backplate invece discrimina il modo in cui i differenti diagrammi polari vengono generati (meccanicamente o elettricamente). Inoltre un’altra differenza significativa è il modo in cui la membrana è ancorata alla struttura. Esistono infatti due macro-categorie di capsule, a terminazione centrale (ad esempio M7, KK47 e KK67) e a terminazione laterale (CK12).
Nel prossimo articolo approfondiremo l’aspetto tecnico e i dettagli delle singole capsule, cercando di comprendere quale modello si adatta alle nostre esigenze fase di recording.

Rock ‘n roll!
Teo PizzolanteBraingasm Lab


Per la seconda volta in una settimana la Redazione dà il benvenuto a un grande professionista della fonia, allargando così la nostra già grande famiglia ad un ulteriore protagonista del settore audio, Teo Pizzolante. Di Teo e dei suoi favolosi microfoni vi abbiamo già parlato in questo articolo di Francesco Passarelli, siamo davvero felici che abbia accettato con tanto entusiasmo la nostra proposta di collaborazione attraverso cui farà luce su tutti gli aspetti più affascinanti del mondo dei trasduttori. Rimanete quindi collegati, questo è il primo articolo di una serie che vi appassionerà!