Abbey Road Studios, un nome inciso nella storia della musica, dai Beatles ai Pink Floyd passando per gruppi minori ma ugualmente geniali come The Zombies (clicca qui per scoprirli). Tra le tante qualità dello studio, ce n’erano un paio molto famose: le camere d’eco e i riverberi.
Già, perché se oggi siamo abituati a considerare gli effetti eco (delay) e riverbero come piuttosto “semplici” da ottenere, sia con apparecchiature hardware che digitali e software, al tempo era tutt’altro che facile, poiché bisognava ottenerli da strutture reali, cioé camere in cui si propagava una eco reale o un riverbero, il tutto ripreso da un’apposita microfonazione.
La camera d’eco di Abbey Road era assai famosa, sin dagli anni ’50, ma ancor più geniale fu l’invenzione della EMT (Elektro-Mess-Technik) che usando delle larghe lastre di metallo e riprendendo la loro vibrazione con microfoni a contatto, riusciva a generare quello che oggi comunemente chiamiamo “Plate Reverb“.
Per capirci, però: la macchina si chiamava EMT 140 (ed esiste ancora oggi!) e nel complesso pesava 270kg.
Questo fu un grande passo avanti, perché nonostante il riverbero negli Abbey Road Studios fosse ricreato in modo splendido attraverso ben 3 camere d’eco, non era molto facile la sua manipolazione audio nelle registrazioni, anche perché ogni camera poteva avere un solo tipo di riverbero con un tempo in coda (decay) fisso.
L’arrivo del plate reverb fu una manna dal cielo e Abbey Road acquistò addirittura 4 di questi congegni, che erano lunghi ognuno 2,5 metri e alti circa 1,2 m. Le lastre erano sospese all’interno attraverso delle molle e uno speaker era posto al centro di esse, cosicché quando un segnale veniva suonato le lastre vibravano per alcuni secondi.
La vibrazione era captata e trasformata in un segnale di linea (il riverbero da mixare al segnale dry) da un da un paio di pickup posti sui due lati dello speaker a un quarto della distanza dal bordo della lastra.
A differenza, quindi, del riverbero ottenuto con le camere d’eco, questo plate reverb era ben modificabile nei suoi parametri, in particolare nel suddetto decay time.
Come? Un pannello in fibra di vetro era sospeso parallelo alla lastra, potendo avvicinarsi o allontanarsi ad essa e così attenuare più o meno la coda del riverbero. E la cosa più comoda era che tutto ciò si poteva controllare con un comando a distanza, sempre frutto del genio degli ingegneri EMT.
L’amplificazione di ognuno dei sistemi (differenziati come A-B-C-D) avveniva in modi diversi: l’ultimo (D) era collegato a un amplificatore totalmente valvolare, mente i primi tre (A,B,C) avevano uno stadio valvolare in input e un ibrido a stato solido/valvole sullo stadio in uscita, un progetto peraltro nato dai laboratori EMI stessi (per chi non lo sapesse, tanti oggetti che oggi vedete negli studi vennero all’epoca progettati da zero in studi come Abbey Road, semplicemente per ovviare a necessità tecniche del momento).
La scelta dello stato solido si motiva con il bisogno di abbassare il più possibile il rumore di fondo.
In più, specifichiamo che comunque sia ognuno dei 4 plate reverb suonava un po’ diverso dall’altro, anche i 3 con lo stesso stadio finale.
Chiusa quest’affascinante parentesi (tratta dal blog online di Waves), come si fa oggi ad avere un suono simile a quello dei mitici studios londinesi?
Ci hanno provato in molti e anche la ben nota Waves si è posta l’obiettivo di realizzare un plugin che potesse ricreare le stesse condizioni d’uso e sonore dell’epoca.
Sono nati così due plugin, sviluppati con la collaborazione stessa dei tecnici degli studios: Abbey Road Chambers e Abbey Road Reverb Plates. Fanno parte della Abbey Road Collection e già dal nome si descrivono da soli.
Abbey Road Chambers ricrea il riverbero naturale generato nelle famose camere d’eco, per la precisione di queste ne potete controllare due. Ovviamente, il tutto è completato con la simulazione del mitico microfono Neumann KM53 e dello speaker Altec 605, cioé il setup usato nella maggior parte delle registrazioni durante gli anni ’60 (vedi Beatles suddetti).
Anche nei filtri tutto è stato rispettato filologicamente, riprendendo gli EMI RS106 (passa basso e passa alto) e l’EMI RS127 Presence EQ.
Infine, per i palati fini, è stato ricreato anche lo S.T.E.E.D. (Send. Tape. Echo. Echo. Delay.) un sistema che splittava il segnale creando un loop che andava dalla mixer console (la mitica REDD), passando attraverso un delay a nastro, i filtri suddetti e quindi arrivando alla camera d’eco e tornando indietro. Un circolo di feedback che aumentava esponenzialmente le possibilità sonore e creative.
Abbey Road Reverb Plates ricrea, invece, quanto abbiamo raccontato sopra, che non riguarda solo gli artisti di un tempo perché si parla di sistemi usati anche da Radiohead e tante altre star di oggigiorno (nonché un alto numero di produzioni cinematografiche).
In pratica, abbiamo il preciso modello di quel leggendario setup a 4 lastre e la possibilità ovviamente di variare ogni parametro esattamente come all’epoca. Anche graficamente tutto è ricreato fedelmente, anche il controllo damper, che è appunto ciò che abbiamo descritto (il pannello in fibra di vetro) come “ammortizzatore” (o “freno” se preferite) alla coda del riverbero.
I prodotti Waves sono distribuiti in Italia da Midi Music e Audio Link.
Aggiungi Commento