Oggi mettiamo sul banco di prova il Vintage EQ contenuto nella suite Honey 3 di Acustica Audio.
Vi ricordo che la derivazione è di una consolle americana degli anni ’70, a mio avviso la famosissima Harrison 32C.
Che dire. Difficilmente mi ero trovato di fronte a un equalizzatore digitale (in quanto plug-in) così musicale, morbido, “setoso” (per usare uno di quei termini no-sense che piacciono tanto a noi sound engineer).
Non posso che provarlo subito sulle alte, alla sua massima frequenza (circa 15/16 kHz), e rimango stupito da come nulla diventi harsh e tutto si apra magicamente con quell’aria tipica delle macchine di una volta.
Provate a tirare 6/8 dB con un altro plugin a 16K e correrete subito ai ripari. Qui viene voglia di esagerare!
Come ho detto qualche altra volta ci si sente a casa e si ha quasi l’impressione che sia impossibile farlo suonare male, cosa invece semplicissima con altri plug-in dove gli interventi di EQ rischiano di essere degli autentici suicidi.
Le basse sono morbide, wide e dolci, un piacere ascoltarle (e qui bisogna comunque stare attenti a non esagerare a prescindere dalla bontà delle curve di EQ), altra cosa di notevole importanza.
Nelle medie si ritrovano entrambe le caratteristiche di basse e alte, siamo davvero di fronte ad un sound equilibrato, che aggiunge carattere in maniera gentile ed oserei dire “friendly“.
Basse e alte possono essere impostate sia in shelf che in peak, per darci ancora più flessibilità.
Vi lascio al video test, dove utilizzo l’Honey 3 Vintage EQ su uno stem di batteria, su una traccia di basso (suonata sul mio disco Time To Leave da Simone D’Andrea) e su uno stem di chitarre distorte.
Provatelo e non ve ne pentirete!
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