Natale non è ancora vicinissimo, ma è bene iniziare a pensare alla lista regali per il proprio studio: ebbene, il Lewitt LCT 441 Flex che abbiamo testato è un miracolo di versatilità a un prezzo accessibile.
Spesso vengono in studio giovini di belle speranze e testi trap che si sorprendono per la ricchezza del mio parco microfoni: “ma nello studio dove vado di solito ne hanno solo uno!“
Beh, questo è un chiaro segno dei tempi: avere un microfono “blasonato” o quantomeno menzionato nei vari forum perché il resto della strumentazione (scheda audio in particolare) per la registrazione ha ormai un costo ridicolo e il budget spesso si sbilancia per avere un “oscuro oggetto del desiderio”, “classico”, “usato da…” in parole povere un microfono riconosciuto ideale per tutto (sic!), mentre a me piace provare per ogni voce una soluzione personalizzata…
D’altronde le formanti di una voce sono ben più ricche di dettagli e complesse di qualsiasi strumento musicale (ah, ciò non vuol dire che per gli strumenti non provo sempre diversi microfoni… anche per uscire dalla forma mentis del microfono perfetto per questo o quello strumento).
Da anni seguo con interesse la produzione della Lewitt che, per chi non la conoscesse, è un’azienda che progetta in Austria e produce in Cina, ma con un elevato controllo della qualità.
Fra i preferiti del mio parco microfoni c’è il versatile LCT 940 con possibilità di scegliere 9 polarità diverse e di miscelare fra suono valvolare e fet, e recentemente ho preso un altro campione di versatilità, il modello LCT 640 TS, che ha uscite indipendenti per le sue due capsule (anteriore e posteriore) e con il suo plug-in Polarizer consente di regolare in modo diverso e contemporaneo la polarità delle due capsule, sia in tempo reale che in post-produzione.
Il 441 FLEX riprende alla grande questa concezione di elevata versatilità e propone in una fascia di prezzo molto interessante (399€ di listino) ben 8 polarità!
Oltre le polarità standard in questa fascia di prodotto, ossia omni, cardioide e figura 8 sono presenti subcardioide, supercardioide e tre polarità inverse: cardioide, subcardioide e supercardioide.
Ciò lo rende, secondo il mio parere, il vero primo microfono indispensabile per lo studio personale o semi-pro… anche se non sfigurerebbe affatto nel parco microfoni degli studi di tutto il mondo a fianco dei classici dello scorso millennio.
Chi legge i miei articoli sa che questo è un punto fondamentale della mia ricerca: i neo-classici, ossia dei microfoni (o altri dispositivi) che resteranno nel tempo, rimpiazzando gli introvabili e/o “più o meno clonati” mitici* studio tools degli anni ’60/’70!
Il brevissimo manuale spiega come selezionare la polarità, partendo dalla posizione omni a “ore 9” prosegunedo con sub cardioide, cardioide, supercardioide, 8, sub cardioide inverso, cardioide inverso, supercardioide inverso.
Segue una info sulla funzione key lock, ossia premere per 2″ il tasto centrale di selezione della polarità per evitare il cambio accidentale del tipo di ripresa, ovviamente premendo di nuovo per 2″ la funzione è disattivata.
Il logo ci da importanti indicazioni per il funzionamento standard o l’eventuale clip (ovviamente il logo diventa rosso!) e si spegne se è attivato il key lock.
Premendo il tastino di sinistra per più di 5″ si attiva l’animazione del led, mentre premendo quello di destra inizia una selezione casuale della polarità, utile per decidere o… giocare!
Per comprendere bene il suo suono abbiamo fatto prove esaustive con diversi strumenti, iniziando da diverse voci e strumenti quotidiani nello studio (chitarre elettriche e acustiche) ma anche strumenti meno diffusi (violino e flauto barocco).
Il suono ci ha convinto in tutte le applicazioni e abbiamo notato una differenza sostanziale fra le varie polarità, cosa che è evidenziata in modo eccellente e interattivo nella sezione Techgraph in fondo a questa pagina web.
Nella mia sala di ripresa ho trovato ottimale la ripresa cardioide entro 300mm e ho sentito i piccoli lobi posteriori (che potrebbero provare feedback dal vivo) dagli 8kHz in su, mentre la supercardiode ha una ripresa laterale decisamente ridotta (ideale per “isolare” strumenti ravvicinati, p. es. i tom della batteria) e la subcardioide ha sempre un suo perché per riprese con strumenti particolari dal focus particolarmente “largo”, per esempio una fisarmonica.
Grande curiosità per quello che a prima vista può sembrare un argomento del marketing (8 polarità anziché le sole 5 della concorrenza!) e la prima ipotesi che ci è venuta in mente è stata di usare le 3 polarità invertite per testare al volo la risposta dell’ambiente.
Quindi abbiamo pensato all’esigenza di avere una stanza ben trattata e con acustica controllata… ma poi è arrivata l’idea di sperimentare a 36…1° e capire cosa si poteva ottenere da una ripresa non omologata.
La suddetta graduale esaltazione in gamma alta al primo ascolto ha fatto pensare a un suono un po’ “spinto”, ma la considerazione giusta è stata che in un mix risulta gradevole e rende il missaggio e la seguente masterizzazione un’operazione più semplice per le sorgenti riprese con questo microfono.
La ripresa che ci ha colpito di più per profondità e particolarità è stata la sub reverse: il contributo sonoro dell’ambiente diventa prioritario rispetto a quello ripreso dalla direzione della capsula ma in un ambiente ben trattato si ottengono riprese decisamente interessanti, pur senza mandare la sorgente “fuori fuoco”.
A forza di essere pignolo ho trovato una pecca: le scritte in corsivo non sono di lettura immediata, particolarmente per un cecato come me.
A quanti stanno cercando un microfono veramente versatile, suggerisco di metterlo in cima alla lista per Babbo Natale o la Befana… ma se è proprio fuori budget o preferite la sola ripresa cardioide c’è il fratellino minore, con una sola capsula, il best seller 440 PURE.
I microfoni Lewitt sono distribuiti da Frenexport.
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