Il mio lavoro, prima da fonico poi da “player” dell’industria audio, mi ha portato a vivere la grande transizione dei mixer dall’analogico, al digitale ed al virtuale; negli anni ’80 l’acquisto di un mixer era un’operazione veramente importante sia per l’impegno economico che per la “vendibilità” dello studio… in quegli anni la SSL ha conquistato in pochi anni la posizione leader a scapito di altri marchi britannici quali AMEK, Cadac e Soundcraft.
Poco dopo ci fu l’avvento dei primi mixer digitali, quali il discusso Yamaha DMP7 finché nel 1991 il suono del DMC1000 convinse molti operatori e pose l’azienda giapponese in una posizione all’avanguardia nel mercato. Contemporaneamente i mixer virtuali delle DAW si evolvevano offrendo servizi e prestazioni sempre più versatili, con qualità crescente grazie alla potenza dell’elaborazione a virgola mobile ed a risoluzioni elevate.
All’inizio del nuovo millennio nel mio studio “medio”, come in tanti altri, troneggiava un mixer analogico usato quasi esclusivamente per avere qualche canale in più di preamplificazione e velocizzare la regolazione delle 8 mandate cuffia (sia per la registrazione che per le prove) mentre le tracce erano acquisite tramite una serie di pre in continua revisione. Recentemente ho ripreso questa attività insieme ad un ritorno al live di qualità, principalmente con raffinati musicisti jazz, per il quale ho messo a punto un locale con impianto quasi esoterico seppur usando un mixer “medio” con i controlli necessari per gestire questi piccoli ensemble.
Recentemente il mixer ha mostrato i suoi limiti ed i primi acciacchi e mi sono dovuto guardare intorno per scegliere un sostituto all’altezza della questione che potesse anche integrare la dotazione di preamplificatori microfonici del mio studio.
Il 2016 ha resi accessibili molti prodotti nuovi di grande interesse per il mio budget, a partire dal Digico S21 (finalmente i 96kHz ad un prezzo accessibile!) all’RCF M18 (con la grande versatilità e qualità dei plug-in Overloud) passando per Yamaha TF etc… ma la mia scelta si è orientata verso un mixer analogico per la possibilità di funzionare anche come sommatore e “superare” i mix ITB (= In The Box, ossia fatti totalmente in dominio virtuale). Quindi ho fatto un’ulteriore ricerca fra le novità, trovando la risposta più interessante in Arthur della Schertler, un mixer in classe A pura (quindi nel live scalda!) con ben 30dB di headroom e circuitazione totalmente discreta, in casi estremi posso trovare i ricambi nel negozio di elettronica vicino casa.
Ma la soluzione più intrigante per me è stata la sua modularità totale, ossia un mixer che a differenza dei modulari del passato non è “legato” ad uno chassis nel quale inserire, per esempio, fino a 48 moduli, ma una soluzione versatile che consente di partire da un set base ed aggiungere un canale per volta fino all’infinito… aggiungendo gli ulteriori moduli di alimentazione necessari.
Per questi primi concerti dal vivo ho ordinato con 12 canali mono (li chiamano MIC ma hanno anche l’ingresso linea), non ho scelto i canali Yellow perché ho da anni i preamplificatori Single e Blender e potrei collegare la loro uscita al canale mono. Ho preso anche tre canali stereo, pensando di usarli per mandare musica di sottofondo o basi e per il ritorno effetti.
Questa soluzione mi consente di dosare precisamente il segnale anche per le spie sul palco, mentre il ritorno FX della sezione Master non lo consente! Ovviamente ho preso sia la sezione L/R Master, con le uscite principali, mandata e ritorno AUX1 e la presa per la corrente, oltre l’utile indicatori di livelli, che Master AUX, che oltre alle mandate AUX2 e 3 ha i controlli e microfono per il talkback e le uscite con volumi indipendenti per cuffia e regia, quest’ultima anche con un utile interruttore MONO.
La scelta dell’alimentatore è caduta sul modello ART48 PSPRO, quello che mi consentirà di espandere il mixer fino ad ottanta moduli senza ulteriori spese e fornendo tutta la corrente necessaria per far lavorare tutti i circuiti nel modo migliore possibile… in particolare i pre!
La suddetta interessante modularità mi consente di creare la versione “lil Art” di soli 4 in mono + 3 in stereo + L/R Master & Master AUX che porterò con me in un breve tour nel profondo nord-est.
I primi di giugno “Arturo”, come lo chiamo confidenzialmente quasi fosse il mio terzo figlio, ha avuto il suo battesimo con un improvviso breve acquazzone estivo all’inizio del sound check: esperienza molto antipatica in particolare per l’alimentatore che è rimasto a terra, seppur spento, sotto il tavolo della regia prendendosi qualche gocciolone di rimbalzo!
Eppure ha suonato, ed ha suonato bene nell’ambito della rinata Along Come Jazz, grazie alla disponibilità dell’amministrazione ed alla sponsorizzazione delle Terme di Roma, iniziando dalle note di Play Verdi in una piazzetta dominata da una torre medievale e caratterizzata da un’acustica simile a quella di un locale; le date successive hanno visto alternarsi gruppi jazz molto diversi fra di loro, dall’acid jazz di Caterina Palazzi Sudoku Killer, alla calma apparente di Lucia Ianniello 4et, alle dinamiche di Susanna Stivali 4et che interpreta Nina Simone fino alle note vellutate di Antonella Vitale 4et.
Brevi note di utilizzo a caldo (spesso in regia abbiamo superato i 35°!)
1. tutti i controlli sono illuminati dai led adiacenti quindi sono immediatamente identificabili e non c’è bisogno di illuminare il mixer (dalla mitica Maglite alla torcia del telefonino) in nessun modo… ciò ovviamente significa avere sempre entrambe le mani libere per qualsiasi intervento “al volo”, che si tratti di regolare volumi di riverbero e/o spie o quello dell’impianto principale;
2. inaspettatamente utile il filtro resonance che a 240Hz ha ridotto una sgradevole risonanza (intorno al LA) della prima piazzetta. Infatti le sue dimensioni ridotte (circa 12 metri per lato) hanno creato un “modo” acustico che il chitarrista, per la sua posizione, avvertiva in modo particolare;
3. come abbiamo potuto ascoltare, in particolare con Catarina Palazzi Sudoku Killer ed il quartetto di Susanna Stivali, i 30dB di headroom ci sono tutti e garantiscono non solo dinamica e bassa distorsione, ma contribuiscono ad un suono veramente hi-fi, come mi è stato fatto notare da giornalisti di Audio Review.
Ho usato le tre mandate aux per tre spie o la prima mandata per il riverbero necessario per voci e/o strumenti, in questo caso ho usato un canale stereo per dosare il ritorno degli effetti sia per il pubblico che per le spie, dando a cantanti e musicisti un monitor preciso. Avrei potuto collegare il riverbero in insert, ma avrei avuto minori possibilità di controllo indipendente nel mix per il pubblico e quello per le spie.
Vogliamo trovare il pelo nell’uovo?
Il led peak del canale è tarato “alla svizzera” con una precisione disarmante rispetto a tutti i mixer che hanno una taratura prudenziale qualche dB prima di arrivare al picco vero e proprio, ma una volta che ci prendi l’orecchio e la mano, capisci perfettamente come funziona.
Conclusioni: evidentemente le tre mandate aux non sarebbero sufficienti per ensemble più grandi e/o con esigenze particolari, mentre l’equalizzazione si è rivelata corretta per i minimi ritocchi perché curo sempre la scelta di microfoni adeguati alle esigenze di naturalità nella ripresa.
La dinamica elevatissima è stata apprezzata anche da amici fonici che hanno acquistato banchi digitali dell’ultima generazione, mentre il suono lineare, nonostante l’impianto economico a disposizione, è stato apprezzato da tutti, ad iniziare dal pubblico, per finire a responsabili artistici ed altri amici fonici che sono venuti a condividere una serata fresca (o quasi!) con musica di raffinata.
A breve un’ulteriore impegnativa sfida per Arturo: sessioni di registrazione di musica classica e mix OTB… ne sentiremo delle belle!
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