Dodi Battaglia, post Pooh, il suo progetto live sinfonico di prossima uscita e Carlo Porfilio che gli detta il ritmo alla batteria.
Non è questione di generazioni, tantomeno di età, se in Italia esiste il Pop Rock è grazie ai Pooh, che uscirono dal labirinto Beat, non tanto con la cattiveria dei rocker ma con la grazia energica dei moschettieri.
Da poco i Pooh si sono ritirati dalle scene ma la voglia di suonare del loro chitarrista storico e colonna portante, è ancora tanta. Dodi Battaglia non molla e ha messo su una band di tutto rispetto, che porta in giro per palazzetti, teatri e piazze, il suo sound energico e passionale. Uno spettacolo puro.
Ho avuto l’occasione di interagire con lui ed il suo batterista Carlo Porfilio, un jazzista con il tocco alla Ian Paice, dal lungo curriculum, ideatore e fondatore del ‘Paese della Musica’ e della ‘Casa del Batterista’, scuole di Musica polivalenti e polistrumentiste diffuse su tutto il territorio nazionale.
Detta il ritmo di Dodi Battaglia magistralmente dietro la sua bellissima dal 2017 quando fu messa su questa band con altri validi musicisti: Rocco Camerlengo alle tastiere, Giuseppe Genise al basso, Marco Marchionni alle chitarre, Costanzo Del Pinto e Raffaella Ciavarella ai cori.
Nulla da aggiungere davvero, come potrei dopo quello che leggerete.
Ciao Carlo e Dodi, benvenuti in questo piccolo angolo totalmente pregno di passione per la musica, l’angolo delle soavi odi…
Carlo, secondo te, l’essere musicista oggi, negli anni in cui efficienza, rapidità e capacità di vendita sono freddamente richiesti da ogni figura della “filiera”, dal proprietario del club alla casa discografica, dai tecnici del suono, dal pubblico, anch’esso ipnotizzato dal “must be perfect”, del o sei il massimo o non sei niente. Gli stessi artisti lo sono… in epoche non lontane l’artista promuoveva la sua arte e dettava i gusti, ora sono i gusti a dettare l’aspetto del prodotto. Per farla semplice, come si vive da musicista oggigiorno?
Ciao Dario, e grazie a voi per questo angolo delizioso, un saluto a tutti i lettori; il musicista “vero” per me è sempre stato un artista, colui che ama la musica dal profondo, con amore, con sofferenza, con gioie e dolori, insomma come stile di vita, poi per il poter fare mestiere o no, chiaramente subentrano altre cose che si sviluppano in base ad altre qualità e opportunità, collegate a quelle dell’artista. Per farla breve sicuramente come hai sottolineato prima, ai giorni nostri bisogna darsi molto ma molto da fare, questo è sicuro, così un Musicista può fare bene questo lavoro, in tutti i suoi aspetti.
Come sei arrivato allo strumento? Come sei arrivato alla tua notevole tecnica?
Ci sono arrivato attraverso mio fratello Claudio, anch’egli suonava per piacere di farlo, in quanto amante della musica, quando avevo 8 anni. Appena visto è stato colpo di fulmine, da lì non ho più abbandonato la batteria e la musica fino ad oggi. Passione forte e giornaliera. Poi alla mia preparazione attuale, alla “padronanza” dello strumento, affinché io possa esprimere al meglio l’espressione musicale nei vari stili, è arrivata solo grazie allo studio, alla passione giornaliera di aver avuto tanta voglia di fare di fare e crescere e crescere. Da piccolo sentivo che dovevo e volevo diventare il più preparato possibile, che è quello che serve poi per affrontare “il mondo professionale del Lavoro” del musicista.
La batteria per Carlo Porfilio cos’è?
La batteria per me è stata, e lo sarà sempre, una parte importante della mia vita, essendo passione.
Qual è stata, o qual è la chiave di volta della tua carriera?
Se parliamo della mia carriera artistica, diciamo che è stata questa la chiave… sin dall’inizio, si è verificato sempre un crescendo molto graduale negli anni con le collaborazioni con vari Gruppi, Musicisti e Cantanti… più o meno importanti, e più o meno famosi, fino ad arrivare a realizzare un sogno cioè di collaborare e suonare con una leggenda vivente che ha segnato la storia della musica attraverso varie generazioni, Dodi Battaglia.
L’episodio da porre sul piedistallo?
Proprio l’incontro e successivo ingaggio per suonare con Dodi.
Se tu non fossi stato attratto dalla batteria, in quale altro strumento o “mestiere” ti saresti trovato a tuo agio?
Sinceramente non lo so proprio, ma se vogliamo usare la logica, io oltre a suonare, creare musica, studiare, analizzare il tutto, ho anche creato dal nulla un’Accademia Nazionale di alta formazione musicale, scrivendo 17 fascicoli per imparare a suonare bene ‘La Batteria’. Partendo da Zero, fino al perfezionamento, creando 5 livelli per il corso che si può fare presso ‘La casa del Batterista’, de ‘Il paese della musica’.
Quindi mi vedrei in un imprenditore che avrebbe creato un azienda o la dirigerebbe… o anche solo qualche reparto… (ride).
Qual è la miscela giusta fra suonare ció che vorresti e ció che devi…
Beh, sicuramente la miscela giusta è la “musicalità”, che trovo sia una cosa che si ha dentro perché ti entra quando scopri la musica e ti viene di ascoltarla tutti i giorni e anche tante volte al giorno, magari lo stesso pezzo perché ti prende, ti piace… allora acquisisci la musica, la musicalità, canti, entri dentro il brano che ti piace tanto, e cosi quando suonerai uno strumento, questa musicalità, automaticamente riuscirà fuori e quindi poi, è normale suonare quello che devi e quello che anche vorresti.
Non sei mai stato attratto dai pad elettronici, vero?
No, non mi sono mai piaciuti, proprio perché la musica è nata con un tamburo vero di legno con suono acustico, poi con l’avvento della tecnologia è cambiata l’esigenza, ma suonare una batteria elettronica per fare musica ed esprimere me stesso non mi piace, invece sono molto comodi per praticare la tecnica, dove si suona per ore e ore….
Grazie Carlo, rivolgiamo qualche domande al grande Dodi Battaglia, cinquant’anni con i Pooh, componendo ed interpretando canzoni che hanno segnato le vite di milioni di italiani… non è sempre così per artisti… vincitori a San Remo, stadi gremiti, dischi d’oro e di platino, più di cento milioni di dischi venduti… cosa si può volere di più.
Innanzitutto la ringraziamo per la grande disponibilità. Lei è anima integrante della più grande band pop-rock italiana, i Pooh, e in questo periodo sta portando avanti un bellissimo proprio progetto con una band di tutto rispetto. Vorrei chiederle quali sono state le peculiarità che cercava per i singoli elementi che la compongono, anche nello specifico della batteria.
La realtà artistica e lavorativa di cui ho fatto parte per cinquant’anni è stata caratterizzata dal grande impegno, dalla precisione (se non dedizione) per quanto riguarda la padronanza del proprio strumento, dalla capacità di lavorare in gruppo e saper appianare le eventuali divergenze. Mi è sembrato naturale proseguire la mia carriera solista cercando collaboratori che, oltre ad essere dotati di grande professionalità, condividessero con me tale approccio al lavoro.
Carlo Porfilio è un batterista Jazz che non disdegna il Rock ed il Prog. Come è accaduto che le vostre strade si incrociassero?
Nel nostro ambiente i nomi “girano” quando sei un bravo professionista. Amicizie comuni mi hanno confermato i pareri già favorevoli che avevo raccolto e così ho pensato che poteva essere il batterista giusto per il mio progetto.
Per quanto riguarda i live, qual è il rapporto che ha con chi le detta il ritmo?
Devo ammettere che sul palco è necessario si instauri un rapporto quasi empatico, di comunicazione istantanea di stati d’animo e intenzioni. Il batterista è il “motore” di una canzone, il cuore pulsante che guida gli altri strumenti nello svolgimento della melodia.
Il suo batterista ideale come deve essere?
Preciso, energico, ma anche dotato di intuito.
Cos’è la batteria per Dodi Battaglia?
È uno strumento forse a volte sottovalutato dal pubblico e la sua collocazione non aiuta di certo: viene posto sul fondale del palco, mentre tutta l’attenzione è catturata dal frontman o, come nel mio caso, dal chitarrista. Eppure il suo contributo è fondamentale.
Qual è stata la chiave di volta della sua carriera?
Un incontro avvenuto a ridosso del mio diciassettesimo compleanno, nel giugno del 1968. Grazie alla segnalazione dell’allora manager dei Pooh Enrico Marescotti, Valerio Negrini e Roby Facchinetti vennero ai “Dipendenti Comunali” di Bologna, un locale dove mi stavo esibendo con i Rigidi Rhythm & Blues. Ebbero la capacità di intuire del potenziale in quel ragazzino e mi proposero di entrare nel gruppo al posto di Mario Goretti, sostituendolo alla chitarra a partire dal mese di settembre. Accettai, ovviamente, con grande entusiasmo e lì cominciò la mia carriera nel panorama pop italiano.
L’episodio da porre sul piedistallo?
Senza alcun dubbio la vittoria al Festival di Sanremo del 1990 con il brano “Uomini soli”. La casa discografica premette perché gareggiassimo con la canzone “Donne italiane”, solare e leggera. Invece ci impuntammo per portare “Uomini soli”, certi che il testo impegnato di Valerio Negrini avrebbe saputo fare breccia e parlare alle coscienze, dimostrando che la musica leggera italiana sa affrontare anche temi importanti.
Cosa ci racconta sul vostro disco di prossima uscita?
Chi mi conosce bene sa quanto l’atmosfera propria dei teatri e delle orchestre sinfoniche abbia presa su di me a livello emotivo e creativo. Dopo la bella esperienza vissuta con la Merano Pop Symphony Orchestra nel dicembre del 2017, ho deciso che era giunto il momento di ripeterla ed è così che è nata la collaborazione con l’Istituzione Concertistica Orchestrale Magna Grecia, una realtà di grande prestigio. Terremo due concerti che si svolgeranno rispettivamente il 18 ottobre a Taranto presso il Teatro Orfeo e il 19 ottobre a Matera, in quell’Auditorium Gervasio che il 24 luglio 2017 mi ha visto conseguire con grande orgoglio il Diploma Accademico Honoris
Causa di secondo livello in “Chitarra elettrica jazz”, conferitomi dal Conservatorio “Egidio R. Duni”. Verranno fatte delle registrazioni che diverranno un live sia su album che su DVD. Sono convinto che la musica pop meriti di entrare in contatto, se non di fondersi, con la corrente più classica di tale arte, per creare un dialogo che avvicini questi due mondi non lontani, semmai abituati a linguaggi diversi.
Dove arriverà la musica secondo lei?
A mio parere la musica non ha una meta prestabilita, è in continuo viaggio. Essendo una proiezione delle pulsioni più intime, ispirate, ma anche inquiete dell’uomo, è in costante mutamento con esso e con la società. Per certi versi la musica rispecchia ciò che avviene attorno a noi e questa sua “irrequietezza” è una delle sue grandi qualità.
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