Si intitola Uncharted e ha come sottotitolo Creativity and the Expert Drummer l’ultimo libro pubblicato dal batterista inglese per i tipi della University of Michigan Press.
Se avete familiarità con l’autore, tanto con la sua opera batteristica in perenne evoluzione quanto con i libri da lui pubblicati in passato, saprete bene che non è possibile aspettarsi nulla di scontato o prevedibile. Non siamo alla presenza di un metodo, né di una collezione di studi ed esercizi da eseguire alla batteria. Quella proposta da Bruford è un’approfondita analisi del processo creativo in musica, visto dallo sgabello di chi manovra patti e tamburi.
In estrema sintesi la domanda che si pone l’autore riguarda le motivazioni che sono dietro le scelte artistiche e creative di un batterista e le azioni conseguenti che egli mette in pratica per tradurre in musica le sue pulsioni creative.
L’attenzione è tutta incentrata sul musicista: cos’è che fa il batterista e perché lo fa? Può definirsi creativo ciò che esegue, ossia come si giudica se ciò che suona ha o meno un contenuto creativo? E come il concetto di creatività può ispirare la nostra pratica quotidiana sullo strumento? Non uno studio sulla creatività in generale, quindi, ma uno studio su come i batteristi vivono e intendono la creatività e quale significato le attribuscono all’interno del loro particolarissimo lavoro.
Per poter offrire risposte a simili quesiti Bruford fa in parte ricorso a teorie scientifiche e validi studi psicologici generali, ma soprattutto all’esperienza maturata sul campo e raccontata da un selezionato gruppo di “esperti”. Il primo dei quali è, ovviamente, lo stesso Bill Bruford (ricordiamo, a beneficio dei più giovani, che l’autore del libro ha contribuito in maniera decisiva alle fortune di band come Yes e King Crimson, ha collaborato dal vivo con i Genesis, ha diretto proprie formazioni, dal duo all’ottetto, che hanno spaziato dal jazz rock al jazz acustico delle ultime edizioni dei suoi Earthworks, ed è stato uno dei pionieri dell’uso dell’elettronica).
Oltre a lui, che funge da guida e “intervistatore”, completano il gruppo degli esperti nove professionisti a rappresentare il più ampio spettro possibile di generi, stili e contesti musicali contemporanei: Cindy Blackman Santana, Peter Erskine, Mark Guiliana, Chad Wakerman, Martin France, Dylan Howe, Ralph Salmins, Asaf Sirkis e Thomas Strønen.
Il primo capitolo del libro (Action and Experience) descrive il retroterra filosofico e teoretico all’interno del quale vengono investigate le azioni creative degli intervistati. Le performance soliste o “collaborative” dei nove batteristi chiamati in causa sono esaminate all’interno del cosiddetto schema SDCA, ossia Selection; Differentiation; Communication; Assesment (valutazione), quattro passaggi oggetto di un capitolo ciascuno (rispettivamente i capitoli 4, 5, 6 e 7).
Molto interessante il secondo capitolo, in cui vengono analizzati due modelli assai diversi di performance, quali quelli del jazzista Max Roach e dello studio drummer Blair Sinta, per parlare di creatività esercitata in contesti differenti e con limitazioni più o meno esplicite, un modo per farci capire che non esistono generi musicali creativi per antonomasia e che è possibile pensare e agire in modo poco ortodosso anche nei confini, a volte idealmente angusti, di una sala d’incisione.
L’ottavo capitolo affronta i tanti e diversi modi in cui i batteristi concepiscono e “concettualizzano” una loro performance creativa, mentre il nono e capitolo offre una sintesi delle tante idee elaborate nel corso della trattazione, che si chiude con un’Appendice – contenente brevi biografie dei nove ‘esperti’ intervistati dall’autore e l’elenco di alcune loro performance – e con un Glossario dei termini batteristici più ricorrenti.
Disponibile al momento solo nell’originale versione in inglese, Uncharted rappresenta una lettura estremamente interessante, che ha il merito di analizzare in profondità, come mai è stato fatto in precedenza, il punto di vista dell’esecutore riguardo al tema della creatività in musica. Si tratta di una lettura sicuramente impegnativa, ma che può aiutarci a rivedere l’ordine delle nostre priorità come batteristi e strumentisti in genere, visto il tempo speso da molti di noi per acquisire una sempre maggiore padronanza tecnica dello strumento, cui però non fa riscontro la conoscenza di quelle “capacità collaborative” indicate da tutti i nove batteristi intervistati come uno degli elementi imprescindibili per poter dar vita a una performance che possa dirsi veramente artistica e creativa.
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