Nel video qui sopra potrete vedere in azione quella che si può considerare una delle prime – se non la prima – drum machine della storia degli strumenti musicali.
Si tratta del Wurlitzer Sideman e a quanto pare è stato il primo esemplare di drum machine mai commercializzato, per quanto oggetto sicuramente costoso anche all’epoca ed oggi rarissimo da trovare, soprattutto in buone condizioni di funzionamento.
Un progetto a dir poco complesso
Il Sideman venne prodotto a metà degli anni ’50 e si trattava di una macchina a valvole (i transistor ancora non avevano larga applicazione in elettronica come l’avranno 15/20 anni più tardi) che però aveva un funzionamento essenzialmente elettro-meccanico.
Dall’esterno appariva come un grosso mobile di non così accattivante design, sulla parte superiore si trovava la plancia comandi che permetteva di variare molti parametri.
Innanzitutto, il volume generale e chiaramente i comandi per avviare e fermare la riproduzione sonora. Un indicatore luminoso intermittente segnalava la velocità del tempo.
Il Sideman aveva due modi di funzionamento, una “programmazione manuale” oppure dei veri e propri “preset” – per esprimerci con termini moderni – che si potevano selezionare con la grande manopola al centro (metronome). Tra questi pattern troviamo i ritmi più diffusi del periodo, come la marcia, lo shuffle, il waltz, il bolero, etc…
Maggiori e ancor più fini controlli erano disponibili sul foxtrot, la danza americana in 4 tempi che trae le sue origini dal ragtime.
Il controllo Tempo, com’è ovvio, decideva i bpm della riproduzione movendo la lunga barra sul valore numerico desiderato.
L’interno della macchina, come si può ben immaginare, era un circuito a dir poco tortuoso e complesso. Oggi la stessa cosa la fa un chip grande la frazione di un’unghia delle nostre dita, ma all’epoca si trattava di collegare centinaia di componenti con metri e metri di cablaggi.
Al cuore di tutto ciò stava la parte elettro-meccanica che generava effettivamente i suoni, un qualcosa che visivamente ricorda oggetti di certi vecchi film di fantascienza. L’unione intermittente dei contatti generava i pattern e sentendo il Sideman in azione stupisce di quanto fosse preciso nella sua riproduzione, cosa certo non facile in un’opera ingegneristica che non aveva certo accesso ai sistemi di quantizzazione digitale moderni.
Il terrore dei batteristi
Fa molto pensare, infine, il fatto che tanti musicisti al tempo scrissero alla Wurlitzer chiedendole di cessare la produzione del Sideman perché preoccupati che potesse rubare il lavoro ai batteristi. Ovviamente ciò non è mai avvenuto, anche per ovvi limiti tecnici del “playing” della macchina, ma oggi, nell’era dei plugin, dei looper, delle daw e delle macchine digitali evolute, è un interrogativo che torna spesso a galla.
Le macchine potranno mai sostituire i musicisti? L’intelligenza artificiale un giorno ci ruberà davvero il lavoro?
Dite la vostra…
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