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Musicisti che spaccano le chitarre

Iconico, detestato: quello di rompere il proprio strumento musicale, la chitarra in particolare, alla fine della performance è un gesto che fa sempre notizia.

Rompere uno strumento sul palco, oggi

E l’argomento non è nemmeno così tanto “d’altri tempi”, visto che sono trascorsi soltanto una manciata di mesi dall’episodio in cui la giovane cantautrice Phoebe Bridgers aveva cercato di rompere la sua chitarra durante la performance; l’accaduto aveva destato un tale scalpore da stimolarci una sana riflessione sull’attualità e soprattutto sulla sensatezza del gesto.

Riflessione che, anche alla luce della stoica resistenza al danneggiamento della chitarra in questione (complimenti al produttore!), non stiamo qui a riproporre ulteriormente, soprattutto perché più interessati a ripercorrere alcune tappe storiche di questo gesto così rappresentativo per molti e così infame per molti altri.

Quando Pete Townshend ruppe una chitarra…

In principio fu lui, o almeno così dicono i più, pur con l’inevitabile incertezza sull’effettiva “paternità” del gesto dovuta all’impossibilità di stabilire con certezza un evento preciso su una scala spazio/temporale così vasta. D’altronde, come potremmo affermare senza alcun dubbio che Django Reinhardt o Charlie Christian non abbiano mai e poi mai abbandonato la loro compostezza jazzistica in favore di comportamenti più “avanguardistici” concludendo (ma anche durante) una performance?

Una cosa si può affermare per certo: fu il chitarrista degli Who a dare a questa pratica una visibilità globale, persino in un’epoca nella quale la visibilità globale era nient’altro che uno sbiadito parente di quello che è oggi.
Fu quello un gesto di profonda rabbia generazionale? Parrebbe proprio di no, quantomeno nelle intenzioni iniziali. Almeno stando a una vecchia intervista nella quale Pete Townshend dichiarò che la sua “prima volta” fu il risultato di un tragico errore di valutazione dello spazio on stage, e non di una effettiva volontà di distruggere il suo strumento (al quale, per inciso, era affezionato e del quale pianse amaramente il danno).

Per casuale che fosse, il gesto diventò inspiegabilmente richiesto. Il resto, come si suol dire, è storia…

Raggiungere il Nirvana spaccando una chitarra?

Se da allora non si contano gli esempi più o meno celebri di questa strana abitudine di tutti quegli artisti (se non altro quelli meno zen) che gravitano nei dintorni del Rock, nella storia più recente ce n’è uno che troneggia su tutti gli altri.
Parliamo ovviamente di Kurt Cobain e della sua abitudine di maltrattare le sei-corde sul palco, talmente frequente che qualcuno ne ha persino fatto una specie di compilation (qui il video).

Quanto si può parlare di pose, considerando la natura non certo conservativa (né tantomeno auto-conservativa) dell’artista in questione? Il quale non lesinava ben altri comportamenti, pubblici o personali che fossero, per esprimere un profondo stato di disagio.

Sia come sia, la stella dei Nirvana contribuì a far vivere una “terza giovinezza” al gesto di sfasciare una chitarra sul palco, dopo gli esordi townshendiani e la successiva ondata ricollegabile principalmente al movimento Punk.

Distruggere un palco: l’effetto Placebo

Eppure, nonostante i tanti protagonisti di fama storica, ogni volta che penso a un gesto così radicale mi viene in mente anzitutto un episodio, forse perché a quello ebbi modo di assistere in diretta e proprio in un periodo cruciale di formazione del mio bagaglio di ricordi.

Mi riferisco al famigerato episodio dei Placebo all’edizione 2001 del Festival di Sanremo. Il video qui sopra dice tutto: un gruppo Rock sul maestoso palco del Teatro Ariston (i tempi dei Maneskin erano ben lontani), la performance in playback, le facce perplesse dei membri dell’orchestra, il pubblico che inizia a rumoreggiare solo dopo il disastro, e non durante la performance come un “vero rocker” si aspetterebbe.

Reazione studiata a tavolino, sfogo di un profondo senso di inadeguatezza, atteggiamento da rockstar incallita? Ai posteri l’ardua sentenza. Di mio, io ricordo soltanto che l’episodio mi risultò così fuori contesto (e non mi riferisco soltanto al disastroso modo in cui si concluse l’esibizione) che un po’ inadeguato mi ci sentii pure io, da semplice spettatore televisivo che ero.

Ma siccome la curiosità è sempre tanta e il potenziale di conoscenza di un singolo individuo estremamente limitato, non sarebbe affatto male se voi che ci leggete ci raccontiate qual è il “vostro” episodio simbolo del guitar smashing qui sotto nei commenti.

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