Il concetto di tonalità è stato sempre caratterizzato da un ancestrale dualismo, abbiamo da sempre accettato la sua natura bivalente, ovvero la tonalità Maggiore (che ha come centro tonale un I Maggiore) e la tonalità minore (che ha come centro tonale un I minore). Con l’introduzione delle due scale minori “non naturali” però, ci troviamo adesso a dover fare i conti con l’annoso quesito: “in quale minore siamo?”
Mi spiego meglio…
Se fossimo in tonalità maggiore, avremmo un rapporto tensione/risoluzione basato sul V7-IMaj7. In C Maj quindi: G7 che risolve su CMaj7.
Tutto scorre liscio dal momento che nella stessa armonizzazione della scala maggiore troviamo un quinto grado, che si armonizza già come un accordo di settima di dominante, e un primo grado che si armonizza come Maj7. Il V7 assolve perfettamente la sua funzione tensiva e l’inquietudine del dominante si placa in maniera convincente sul primo grado.
Se però, stavolta, prendiamo in esame la scala minore naturale, abbiamo purtroppo un quinto grado che, armonizzato, dà luogo ad un m7! Quindi, riportando l’esempio sulla scala di Am naturale (che, per forza di cose, ha le stesse note e quindi la stessa armonizzazione della sua relativa C Maj), avremmo stavolta un quinto grado, Em7, che non riesce a creare la tensione necessaria per poi risolvere sul primo grado minore, Am7.
Questa è chiaramente una situazione anomala, poiché venendo meno la “regola” della tensione esercitata dal quinto grado (a causa della mancata formazione dell’accordo di settima di dominante), ci viene restituita una risoluzione che, senza il precedente contenuto tensivo, risulta debole e poco convincente.
Proprio per questo motivo, giungono a soccorso della “causa tensiva” le due scale minori, elaborate proprio per creare quella tensione sul quinto grado, che alla scala minore naturale mancava. Mi riferisco esplicitamente alle scale minore armonica e minore melodica.
Ricordiamo velocemente le differenze costitutive tra la scala minore naturale e le due “artificiali”:
“
- Scala minore naturale : I . II . bIII . IV . V . bVI . bVII
- Scala minore armonica : I . II . bIII . IV . V . bVI . VII
- Scala minore melodica : I . II . bIII . IV . V . VI . VII
“
Entrambe le scale assolvono al loro proposito iniziale. Armonizzando il loro quinto grado, viene fuori proprio un accordo di settima di dominante, dunque esse hanno il pregio di trasformare quel Em7 della scala minore naturale in un molto più utile E7, che adesso rende efficace il rapporto V7-Im .
Se però, da un lato, il ricorso alle due scale minori risolve il problema di creare una tensione sul quinto grado, avere stavolta a disposizione ben tre diverse scale minori ci pone dinanzi a un nuovo quesito: su quale Im stiamo risolvendo? Stiamo risolvendo su un I della minore naturale (quindi con settima e sesta minori)? Oppure stiamo risolvendo su un I della minore melodica (con settima e sesta maggiori)? E se stessimo risolvendo su un I della minore armonica (con settima maggiore e sesta minore)? E ancora, il V7 di riferimento è un V7 della minore melodica (con nona maggiore e tredicesima minore)? Oppure il V7 di riferimento dovrebbe riferirsi a quello creato sulla minore armonica (con nona minore e tredicesima minore)?
Ovviamente la questione è più “filosofica” che pratica…
Infatti, empiricamente, non ci si è mai posti più di tanto il problema e anche la teoria è stata, per un certo verso, accomodante, fornendo la sua logica spiegazione con l’introduzione del concetto dell’interscambio modale (modal interchange).
Con l’interscambio modale si ammette la sostituzione in piena regola di gradi costruiti su una scala, con i rispettivi gradi costruiti su un’altra scala, detta scala parallela (dove per parallele si intendono due scale che abbiano la stessa tonica d’origine). Ad esempio, non è raro imbattersi in interscambi modali tra la scala di C Maj e la scala di Cm naturale.
Pensiamo ad esempio alla famosissima sequenza :
“
- | IMaj7| IVMaj7 IVm7 |
- | CMaj7| FMaj7 Fm7 |
“
In questo esempio, il IV minore si alterna al suo “parallelo” IV Maggiore, essendo costruito anch’esso su un quarto grado, ma di un’altra scala. Preso in prestito dalla tonalità parallela Cm naturale dunque (che sul suo quarto grado, genera appunto l’accordo di Fm7), andrà a rientrare di diritto nel contesto armonico di C Maj.
Per tornare più vicini al nostro discorso, ancora più frequenti e, direi, all’ordine del giorno, sono appunto gli interscambi modali fra i gradi delle 3 scale minori. Prendiamo ad esempio il IIm7b5 V7 Im. Molto spesso grazie all’interscambio modale tra le tre scale minori si ricava, ad esempio, il IIm7b5 dalla minore naturale, il V7 dalla minore armonica, e il I m7 dalla minore naturale:
| Bm7b5 | E7 (b9) | Am7 | % |
A questo punto ritengo che non ci sia più nessuno che ci vieti, ad esempio, di risolvere su un primo grado della minore armonica:È anche frequente però, trovare la risoluzione sul primo grado della scala minore melodica:
| Bm7b5 | E7 (b9) | AmMaj7(13) | % |
A questo punto ritengo che non ci sia più nessuno che ci vieti, ad esempio, di risolvere su un primo grado della minore armonica:
| Bm7b5 | E7 (b9) | AmMaj7(b13) | % |
Salta subito all’occhio che basandosi esclusivamente sull’interpretazione di una sigla, se non specificato, nelle siglature a 4 voci il Am con la settima maggiore avrebbe la medesima modalità di scrittura (AmMaj7) sia che rappresenti una risoluzione su un primo grado della minore armonica, che una risoluzione su un primo grado minore melodico. Addirittura in una sigla a 3 voci, il primo grado minore risulterebbe scritto esclusivamente come triade (Am), lasciando all’immaginazione dell’improvvisatore la scelta di contestualizzarlo come uno dei tre “primi gradi minori”!
La differenza a questo punto, viene fatta dal gusto dell’improvvisatore, a cui viene lasciata una certa libertà di scelta e che può interpretare la sigla o suonando la sesta maggiore (e quindi considerando questo accordo come un primo grado della minore melodica), o suonando la sesta minore (e quindi inserendo il suo fraseggio in un contesto minore armonico), o addirittura suonando la settima minore e la sesta minore (inserendo quindi il suo fraseggio in un contesto minore naturale, come avviene spesso in ambito pentatonico e Blues).
La libertà di scelta dell’improvvisatore può essere limitata solo da una precisa volontà del compositore che, a quel punto, ha il dovere di specificare nella sigla le eventuali tensioni rappresentative del modo. Se infatti la sigla in questione fosse stata AmMaj7(b13), sarebbe stato certo ed indiscutibile che l’improvvisatore attento avrebbe dovuto considerare quel b13 come una tensione “chiave” (la sesta minore) rappresentativa del “mondo” minore armonico, e sarebbe andato in quella direzione. Non di meno avrebbe interpretato quella sigla con il divieto di utilizzare la 13a maggiore (propria del “mondo” minore melodico).
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