Chi si interessa di storia della chitarra elettrica finisce quasi inevitabilmente per leggere del periodo d’oro di questi strumenti: si va grossomodo dalla fine degli anni quaranta fino ai primi sessanta del novecento, intervallo in cui si delineano le forme di solid-body e semi-hollow e compare più o meno tutto quello che di tecnicamente fondamentale ha a che fare con loro.
Le figure protagoniste sono le solite, ben note: Leo Fender, Ted McCarty, Seth Lover, Les Paul etc… Ma, alla nascita ed al primo sviluppo, segue un’evoluzione che porta con sé importanti innovazioni industriali e la conseguente comparsa sul mercato di strumenti più economici e dall’ottimo rapporto qualità/prezzo.
Parliamo un po’ di queste faccende con un gentile ingegnere ultrasettantenne, figura meno nota nel panorama degli innovatori: Charles “Chip” Todd, che ci aiuterà a farci un’idea di cosa succedeva nella seconda metà degli anni ’70 e nei primi ’80, anni che l’hanno visto protagonista assoluto del settore.
Chip Todd è un ingegnere meccanico texano di 76 anni, che nel corso della sua vita movimentata si è occupato di molte cose: ha lavorato in officine, carrozzerie, guidato ambulanze, modificato e costruito macchine da corsa. È inoltre un esperto armaiolo, un progettista di macchinari automatizzati ad alta velocità e altro ancora.
La seconda metà degli anni ’70 lo vede responsabile del neonato settore chitarre della Peavey Electronics, sotto la direzione di Hartley Peavey. Nel 1981 lascia poi Peavey, per dirigere il settore Research and Development per Fender Guitars, Rogers Drums and Drumsticks, Rhodes Pianos, Squire Strings. Collabora infine anche con Schecter Guitars, prima di passare ad altri settori.
Nella sua carriera ha, ad esempio, disegnato la serie di bassi e chitarre Peavey T40 e T60, ma soprattutto ha contribuito a innovare radicalmente e forse a rivoluzionare il sistema produttivo del settore chitarre, introducendo, con Hartley Peavey, tecniche che hanno ridotto drasticamente tolleranze e tempi di produzione, abbattendo i costi.
Lasciamo ora che sia lui a raccontarci un po’ di cose.
Chip, quanti anni ha e per quanto tempo ha lavorato nell’industria degli strumenti musicali?
Ho settantasei anni e ne avevo ventiquattro quando cominciai a a lavorare sulle chitarre e a costruirle. Sono stato io a dare avvio al “guitar program” per Peavey quando avevo trentasei anni, e per il primo anno sono stato l’unico dipendente. Hartley ed io ci occupammo di tutto il lavoro di design e ci immaginammo e progettammo tutti i macchinari.
Com’è cambiata quest’industria nel tempo, e cosa pensa della attuale produzione di strumenti, comparata a quella di circa trenta anni fa? Ritiene che gli strumenti attuali siano di qualità superiore?
Non c’è dubbio che quest’industria sia cambiata, soprattutto grazie all’innovatività di Hartley Peavey e ai nuovi approcci che usammo nella produzione. Gli strumenti oggi sono di qualità notevolmente superiore e costante entro un determinato tipo produttivo: ciò è dovuto soprattutto alla nostra introduzione dei metodi lavorativi tipici della lavorazione dei metalli, che hanno portato i livelli di tolleranza da 1/16 di pollice a 0,005 pollici (da circa 1,5 mm a 0,1 mm, NdA).
Sono convinto che gli strumenti prodotti qui e in estremo oriente siano di qualità notevolmente superiore a quelli prodotti in precedenza. Credo anche che questa evoluzione sarebbe stata comunque raggiunta, anche senza la guida della Peavey, ma la Peavey è stata certamente responsabile nel far succedere tutto più velocemente.
Quali sono stati i più grandi cambiamenti nel settore in questi decenni, per quel che riguarda la produzione degli strumenti e gli strumenti stessi?
Il più importante cambiamento nell’industria, dovuto alla Peavey, è consistito nell’accresciuta accuratezza produttiva e nella costanza qualitativa per le chitarre di prezzo medio e basso, grazie all’uso di metodi di lavoro tipici dei metalli. Un altro grande cambiamento consiste nell’uso di finiture uretaniche a catalizzatore.
Non so quante ditte si siano convertite alla verniciatura elettrostatica, ma la combinazione di vernici a catalizzatore e spruzzatura elettrostatica permette alla finitura di essere spruzzata in una unica mano, invece di molte mani sottili. Naturalmente le finiture tipo sunburst non possono comunque essere spruzzate in una unica soluzione. L’uso maggiore di meccaniche pressofuse è stata un’altra novità.
Grazie a questi cambiamenti le chitarre sono drasticamente divenute di un livello molto più collezionabile, come testimoniato dai numerosi forum: molti più strumentisti che nel passato stiano comprando strumenti per farne sfoggio.
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Questo articolo/intervista era stato originariamente pubblicato dal (purtroppo ormai scomparso) magazine online “Guitar News” nel Gennaio del 2012. Non essendo più disponibile nel web, viene riproposto in questa sede in due puntate, per ragioni di lunghezza e pur accorciato nelle parti essenziali, nella speranza che possa interessare e con la consapevolezza di raccontare una storia poco nota ma, credo, non marginale.
…continua nella prossima puntata, stay tuned!
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