Nella distruzione esiste un processo creativo che è innato nell’uomo, fin da piccoli siamo portati ad aprire, scomporre, tirare, scrostare, spaccare le cose che ci capitano tra le mani non per violenza fine a se stessa, quanto più per un’insaziabile voglia di apprendere, di capire come funzionano le cose, di carpirne l’intima essenza.
Probabilmente, ad un certo punto del percorso di crescita, questa necessità di capire può continuare su questa nobile via o per mille motivi prendere la piega della distruzione pura. Ma questo è un altro articolo…
L’introduzione, oltre a rompere il ghiaccio, mi serve a far capire l’approccio progettuale che preferisco adottare. Procedimento che ritengo trovi il suo capostipite in Leo Fender e nei suoi ineguagliati capolavori.
Si tratta di scomporre il tutto considerandolo come un insieme di parti che dialogano tra di loro. La sfida sta nel realizzare un insieme che sia il più efficace ed efficiente possibile per il fine che vogliamo ottenere.
Pensiamo al violino. 300-400gr di legno producono un’intensità sonora che può arrivare anche a 90dB. Il violino è uno strumento incredibilmente efficiente. Ma il violino viene suonato con l’archetto. Provate a suonare un violino come se stesse suonando una chitarra; ovviamente l’efficienza dello strumento decade totalmente.
È per questo che bisogna guardare alla chitarra come uno strumento nel quale il tocco delle mani deve permettere alle corde di trasferire le vibrazioni nella maniera più efficiente possibile dal manico – elemento fondamentale – attraverso il ponte al corpo e, infine, immettere il risultato nei pickup.
In tutte le mie chitarre questa scomposizione strutturale viene evidenziata anche a livello estetico, dove ogni elemento viene fortemente caratterizzato.
In questo progetto mi sono nuovamente affidato alle caratteristiche meccaniche e sonore dell’alluminio, materiale assolutamente non nuovo nel mondo degli strumenti musicali – cito orgogliosamente Wandré tra tutti – già apprezzato per le sue peculiarità sonore. L’alluminio ha un peso specifico 5-6 volte quello dei comuni legni e una rigidezza che può essere anche 10 volte più grande.
Percuotendo un pezzo di alluminio si può notare un suono cristallino ma per niente freddo, ricco di armoniche e in grado di fornire dei bassi ben definiti. Alcuni associano al materiale un risultato sonoro molto pianistico.
Nell’utilizzarlo però non volevo semplicemente sostituire il materiale del corpo o del manico di uno strumento standard in legno, ma cercare di sfruttare le caratteristiche del metallo in maniera il più possibile efficiente e, se possibile, originale.
Ecco che quindi la chitarra risulta costituita da un elemento portante rappresentato da questa struttura in alluminio al quale viene avvitato il manico.
Su questo elemento in alluminio viene fissata la tavola armonica della chitarra, che ne diventa per forma quello che solitamente indichiamo come body vero e proprio.
Il corpo risulta quindi sospeso solo su 4 punti specifici che passano per nodi di alcune vibrazioni proprie della tavola. Relativamente a questo argomento suggerisco alcune letture sulle teorie di Ernst Chladni. Inoltre è importante sottolineare come ciò che funzioni per uno strumento acustico possa rivelarsi un disastro per uno elettrico. Provare per credere.
Per questo motivo ho cercato quei punti che fossero compatibili con l’utilizzo amplificato dello strumento, esaltando frequenze che mi furono tanto care…
Il vantaggio di fissare la “tavola armonica” in punti interni consente inoltre di ridurne lo spessore che in questo caso è mediamente di soli 13mm. Ogni altro elemento – manico, elettronica, pickup – è completamente staccato dal body, che viene così lasciato libero di vibrare.
L’unico elemento che poggia sul top in legno è il ponte.
Molto spesso si parla di materiale del capotasto, ignorando completamente il ponte. Per me la cosa è assurda perchèé il contributo del ponte al suono finale di uno strumento è fondamentale e soprattutto è un elemento, al contrario del capotasto, che funziona sempre con corde a vuoto o tastate, ed è responsabile del trasferimento della maggior parte delle vibrazioni al corpo dello strumento.
Per questo motivo in questo progetto ho preferito avere un ponte semplicissimo, privo di viti, sellette, molle, realizzato in un pezzo unico che, come nelle archtop, poggia letteralmente sul top e su questo trasferisce le vibrazioni delle corde nel modo più diretto possibile. Cambiate materiale di cui è fatto il ponte e cambierete completamente la risposta del vostro strumento.
La regolazione dell’altezza delle corde avviene semplicemente con una chiave a brugola che permette a chiunque di alzare o abbassare tutto il manico secondo le proprie esigenze.
Anche l’elettronica è indipendente dal top in legno e tutti i componenti sono alloggiati in un unico elemento che può anche essere staccato e sostituito.
I pickup, che personalmente preferisco realizzare non troppo potenti, sono collegati direttamente al corpo in alluminio e vengono realizzati solo quando è completata la parte “acustica” dello strumento.
Se non si fosse capito sono della scuola che crede che il suono della chitarra elettrica venga fatto anche dalla liuteria e non solo dall’elettronica. Anzi…
Ecco perchè si può godere del fatto di come la somma di banali addendi – un po’ di legno, metallo e plastica – dia, nelle mani giuste, un risultato enormemente più grande ed in grado di far sognare intere generazioni.
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