Lo spettro sonoro viene in genere diviso (arbitrariamente) in bassi, medi e acuti. Si tratta sempre di aria in vibrazione che sollecita i nostri timpani, ma suoni di diverse altezze si differenziano per la frequenza dell’oscillazione.In generale un suono è un insieme di frequenze diverse sovrapposte la cui ampiezza e frequenza relativa provoca nel nostro cervello sensazioni diverse.
Il nostro apparato uditivo è invece poco sensibile alla fase relativa tra le frequenze che compongono il suono (dette appunto “componenti”).
Vi sono varie situazioni in cui si possa desiderare di alterare lo spettro sonoro attenuando o enfatizzando determinate bande di frequenze.
L’ascolto di musica in ambienti non idonei porta inevitabilmente all’esaltazione di alcune frequenze e all’attenuazione di altre.
Inoltre i vari elementi dell’impianto, specie se di qualità non eccelsa, possono anch’essi “colorare” il suono di sfumature indesiderate.
E’ stato quindi messo a punto un circuito capace di modificare l’ampiezza relativa di alcune bande di frequenze.
Penso che il nome “equalizzatore” derivi proprio dalla necessità di ricreare, compensando i vari squilibri, il suono originale per riottenere una certa linearità nella riproduzione.
In hi-fi, l’elevata qualità delle apparecchiature ha portato ad un progressivo miglioramento della riproduzione ed ormai alcuni amplificatori sono del tutto privi dei già scarni controlli di tono a due bande (bassi e acuti) presenti sugli amplificatori più diffusi. Anche l’uso del cosiddetto “loudness” (un circuito che esalta le frequenze basse in modo da compensarne la naturale perdita a bassi volumi) va scomparendo.
Ma, mentre in hi-fi l’obiettivo è quello di riprodurre il più fedelmente possibile la musica così come è stata registrata, laddove il suono viene “creato” alterare lo spettro armonico è una delle operazioni fondamentali. La creazione del nostro “suono” di chitarra abbisogna senza dubbio di questa fase.
Agire sull’eq avrà una pesante influenza sul suono generato quindi, una conoscenza almeno basilare è necessaria per raggiungere il risultato desiderato.
Un equalizzatore agisce su un certo numero di bande di frequenze, e permette di attenuare selettivamente l’ampiezza delle medesime, talvolta anche di enfatizzarle (eq attivo).
L’eq in realtà agirà su ogni banda in maniera non lineare. Ci sarà un centro banda, dove l’attenuazione o l’enfatizzazione saranno massime e una “campana” di frequenze dove l’azione dell’eq, in quella banda, sarà man mano meno accentuata verso gli estremi della stessa.
All’aumentare del numero delle bande aumenta la precisione con cui possiamo “modellare” lo spettro armonico, visto che ogni controllo agirà su una banda di frequenze più limitata.
Il primo controllo di tono l’abbiamo quasi sempre sulla chitarra.
Il circuito del tono della chitarra è estremamente rudimentale, costituito da un potenziometro, usato come resistenza variabile, in serie a un condensatore che collegano il “caldo” alla massa.
Quando la resistenza è al massimo solo una piccola percentuale di frequenze acute “scappano” verso massa e non raggiungono l’amplificatore.
Con la resistenza al minimo (in corto circuito) la fuga sarà massima e il suono risulterà molto cupo. Occhio che gli acuti persi in questa fase non si recuperano in seguito.
La regolazione dell’eq per uso chitarristico avviene, a grandi linee, in questa maniera.
Si regolano gli acuti a piacere.
La stessa cosa vale per i bassi, anche se in certe situazioni se si eccede con i bassi si può saturare l’amplificatore o il cabinet.
La regolazione dei medi è molto importante e spesso si trovano controlli aggiuntivi per una regolazione più versatile di questa banda.
In generale enfatizzando i medi il suono si arrotonda, addolcendosi sulle prime fino a diventare persino fastidioso.
Togliendo medi invece il suono diventa più secco e aggressivo (mid scooped), dalla caratteristica sonorità metal. Un effetto collaterale è una sensazione di volume inferiore, che andrà compensata agendo, appunto, sul volume.
Nell’amplificatore per chitarra i toni vengono in genere sistemati prima o dopo il preamplificatore, dove viene generata la distorsione.
Vi sono due scuole di pensiero.
Metterlo dopo, “alla Fender”, permette ai controlli di avere un’escursione più ampia.
Il problema e’ che aumentando troppo i bassi si può saturare il finale ottenendo un suono “slabbrato”.
Metterlo prima, “alla Marshall” permette di evitare tale problema, anche a regolazioni estreme, ma l’effetto dei controlli sul suono sarà più limitato.
Alcuni costruttori come Mesa Boogie hanno optato per entrambe le soluzioni, proponendo alcuni amplificatori con un pre-eq, a manopole tradizionali e un post-eq grafico.
L’eq “grafico” non e’ altro che un equalizzatore, generalmente con 5 o più bande, dove i potenziometri usati sono del tipo “a slitta” (sliders).
Si tratta sempre di eq attivi.
I vari sliders sono disposti uno a fianco all’altro.
Con i cursori a metà corsa il suono attraversa l’eq inalterato.
Alzando i cursori si esalterà quella banda di frequenze, mentre abbassandolo la si attenuerà. L’appellativo “grafico” deriva dal fatto che, a differenza degli eq con manopole rotative, si ha la possibilità di avere a colpo d’occhio il riscontro di come lo spettro venga equalizzato. Questo è tanto più necessario se le bande sono in gran numero.
L’eq parametrico, invece, è molto potente e permette un controllo veramente notevole sul suono; risulta però, per sua natura, poco intuitivo e di difficile uso.
Una banda parametrica, oltre al controllo per regolare l’intensità della correzione, dispone di un controllo per regolare la frequenza di centro banda di cui parlavo prima.
La “campana” quindi si muoverà in frequenza andando ad agire su una banda di frequenze più grave o più acuta.
E’ possibile avere inoltre un terzo controllo dove si agisce sul “Q” della banda.
In parole povere si tratta dell’ampiezza della banda, cioè della larghezza della campana.
Ad un Q basso corrisponderà una campana larga mentre all’aumentare del Q la campana si restringerà e la banda di frequenze interessate sarà via via minore.
Il tipo più semplice di eq parametrico consta di una manopola denominata spesso “Contour”. Questa manopola, a seconda di come viene implementato il circuito, va ad agire sull’ampiezza, sul centrobanda e anche sul Q (o su solo alcuni di questi parametri).
Eq parametrici più completi (e complessi) sono costituiti da un certo numero di bande, generalmente da 2 a cinque, dove una o più bande possono avere i controlli prima descritti.
Non è infrequente trovare alcuni rudimentali eq parametrici su bassi elettrici dalla circuiteria attiva.
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