Entrambe le “Factory”, nel 1985, cominciarono una propria rinascita, dopo il calo delle vendite ed il sorgere del deleterio fenomeno Vintage, sul finire dei periodi CBS, per la Fender, e Norlin per Gibson (anche se conservò il nome CMI fino al 1974 diventando una divisione della Norlin, con azionista di maggioranza ECL dal 1974 al 1984).
La Fender, il giorno 1 gennaio 1985, fu acquistata da un gruppo di Employees and Investors, per la maggior parte di ex dipendenti di Leo Fender, consociati in una società, la FMIC (Fender Musical Instruments Corporation), capitanata da William (Bill) Schultz, per 12 milioni di dollari, un milione in meno, senza considerare l’inflazione, della cifra percepita dallo stesso Leo quando la vendette, il 1° gennaio 1965, alla CBS, cioè per 13 milioni di dollari (del 1965 però!).
Nel gennaio del 1986, Gibson, dopo i notevoli cambiamenti apportati dalla Norlin, quali lo spostamento della sede da Kalamazoo (in cui si installò la Heritage, altra Factory, formata da ex dipendenti di CMI), a Nashville in Tennessee e lo spostamento della produzione Epiphone in Giappone, si stabilì a Menphis sempre in Tennessee e qui iniziò la rinascita, con due strumenti in particolare, la Nighthawk e la Blueshawk; sulle Epiphone comparve la scritta Epiphone by Gibson, con produzione in Korea poi in China, ma furono anche riproposte le Korina di cui due, la Explorer e la Flying V, secondo i canoni delle originali del periodo 1957-1961.
Anche questa volta però, partiamo dalla Fender.La rinascita Fender sotto Bill Schultz, anno 1985 Ho già parlato del tentativo di riscatto avvenuto nell’ultimo periodo di Fender CBS, spinto dalla concorrenza di una sua “costola”, la Fender Japan, continuato poi nel 1985 da Bill Schultz che rilevò la Fender a cui fece assumere il nome di FMIC (Fender Musical Instruments Corporation) e che per un certo periodo ebbe come principali modelli due chitarre di Fender Japan, la Stratocaster Contemporary (1986), e subito dopo la Telecaster Pink Pasley (1987).
Poi ci furono alcuni modelli un po’ più rockettari ed innovativi e la produzione dei modelli Heartfield, fino alla fine degli anni 80’s, preceduti da un modello, nato ancora sotto CBS, continuato poi per un certo periodo ad essere prodotto, ma di scarsa fortuna, la Lead, in tre versioni (I, II e III).
Ma andiamo con ordine, ecco le Lead, la Stratocaster Contemporary e la Telecaster Pink Pasley (di quest’ultima ne posseggo ancora oggi un modello, mentre la Stratocaster l’ho avuta solo per un breve periodo, alle prime ho preferito da sempre la Mustang). Passando a quelle prodotte a fine anni ’80 per un pubblico giovane e molto simili caratteristicamente alle altre concorrenti giapponesi, sono state realizzate le Katana, poi le Performer ed infine le Heartfield, di cui il basso a 6 corde ne fu il modello di maggior successo, concorrente dello Yamaha a 6 corde John Patitucci .
Poi, a cavallo tra la seconda metà degli anni ’80 e proseguita negli anni ’90, nacque la serie American Standard con la Stratocaster con manico a 22 tasti, mediante un prolungamento della tastiera, il ponte più massiccio, le sellette parallelepipede con carrucolina per facilitare lo scorrimento delle corde e le meccaniche con due perni per il fissaggio (anche gli abbassa-corde alla paletta avevano due corrucoline ai lati). Infine e per soli due anni la Fender Custom Shop, produsse una chitarre che era nata per l’uso del ponte Kahler e con 24 tasti, più un humbucker al ponte Di Marzio, la Strat HSS, mentre ha poi sempre proseguito la produzione delle Squier, ma in Japan, Korea, Mexico, India, Indonesia, China ed anche USA, con sede FMIC a Corona in California La Gibson post Norlin, Gibson Guitar Corporation anno 1986
In verità alla Gibson si accorsero prima del calo di vendite e della preferenza per le chitarre costruite a cavallo tra gli anni ’50 e gli anni ’60, pertanto corsero ai ripari circa 3 anni prima della concorrenza, con due modelli spartani ma essenziali e costruiti con dell’ottimo legname, il Noce detto Walnut negli USA. Così nacquero le The SG e le The Paul, in fondo non male. Poi alla Norlin subentrò per un breve periodo un trio di manager di cui poi solo l’ultimo proseguì nella rinascita della factory, a partire dal gennaio 1986, Henry E. Juszkiewicz, David H. Berryman e Gary A. Zebrowski, che come prima operazione volle la reintroduzione del famoso trio Korina, la prima versione della Modern compresa, ed una in particolare, la Explorer con body alleggerito, mediante foratura ad asole nello stesso. Ma rinacque anche la volontà di superare la concorrenza, proponendo due modelli di chitarra innovativi, dal corpo Les Paul rimpicciolito e concettualmente, almeno la prima, solid body, con un pickup inclinato alla Marauder e l’altro preso dalla Firebird, cioè la Nighthawk e poi subito dopo la Blueshawk, ques’ultima semisolid e con buche ad effe, che le valse il nomignolo di Little Lucille, con pickups P90 però, entrambe con scala da 25 e ½ di pollice, ed avevano entrambe le corde passanti per il body. Non ebbero un grande successo, ma invece lo ebbe ed è ancora ricercata, la versione spartana della Lucille di B.B. King, anch’essa senza le buche ad effe, ma senza Varitone e cover dei pickup humbucker, con i segnatasti DOT, cioé il modello ES 335 Studio. Chiudo con l’ultima degli inizi degli anni 90’s, la Nighthawk III, versione a tre pickup della precedente, ma con al centro un doppio bobina con le stesse sovrapposte, preso dal modello Victory dell’ultimo scorcio del “Periodo Norlin” e con la stessa leva, forse un tentativo buonaugurale di riproporre un modello a cui il Managemet Gibson ci teneva in particolar modo. Franco Maresca<<< VAI ALL’INDICE DEGLI ARTICOLI
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