Salve musicoffili e bentornati a parlare di shred, tecnica che durante gli anni non si è fermata, questo a dimostrazione del fatto che molti chitarristi utilizzandola in maniera espressiva quanto un buon bending hanno avuto la necessità di andare oltre, spingersi verso sonorità ancora da esplorare creando con dei fraseggi del tutto nuovi, musicalità influenzate da sequenze pianistiche o da altri strumenti e quindi praticamente impossibili da suonare sulla chitarra senza un utilizzo preciso di determinate tecniche chitarristiche, il tutto per avere un suono nuovo e dare una ventata di novità musicale, anche quando si pensa che sia troppo difficile tirare fuori qualcosa di nuovo perché è stato già detto tutto.Partiamo con ordine, riprendendo le vecchie cassette dei gruppi metal anni ’80, e notiamo che il suono non è stato certo di aiuto nel suonare virtuosi, veloci, precisi ma forse tutto questo è stato anche un bene perché i chitarristi di quel periodo per suonare una sequenza di tapping, per esempio, con la giusta pulizia del suono, stessa intensità di suono di tutte le note, etc… hanno dovuto studiare per molto tempo, raggiungendo dei risultati sudati ma di gran livello.
Oggi, invece, con il gain a 11 sugli amplificatori, muting o elastici per non far vibrare le corde a vuoto, noise gate, sembra che possa essere tutto più facile ed immediato e ci si lamenta anche quando non si suona come il chitarrista di riferimento senza analizzare i veri motivi; forse servirebbe solo un po’ di disciplina in più nello studio, ma non dilunghiamoci troppo in un argomento che poi riprenderemo.Abbiamo parlato di un suono forse un po’ debole nei primi anni ’80, in cui la tecnica chitarristica veniva usata in modo nuovo; parliamo dei primi chitarristi virtuosi, in cui l’utilizzo a volte sembrava un po’ indeciso ma sempre d’effetto ed incisivo considerando l’epoca e gli stili musicali. Ci sono stati chitarristi che hanno usato fraseggi veloci solo per arrivare a tirare la nota di bending e chitarristi che invece hanno cercato di scrivere proprio delle sequenze utilizzando lo sweep picking, per esempio, ma molto spesso entrambi i casi erano dei picchi di note all’interno di assoli fino ad arrivare a fine anni ‘8/metà anni ’90 dove invece c’è stata la totale esplosione dei dischi strumentali con un nuovo utilizzo della tecnica, non più legata al compito di riempire lo spazio solistico di brani, ma di creare proprio il brano nella sua totalità!Gli album strumentali dei chitarristi hanno visto la tecnica in primo piano perché per creare interesse in un brano da 4 minuti senza la voce era necessario alternare momenti di virtuosismo a momenti più melodici cercando di sfruttare tutte le possibilità e le sfumature per evidenziare la musicalità del pezzo.
Da qui nascono i chitarristi che hanno saputo dosare tutte le tecniche creando un vero e proprio “disegno musicale” nel quale ci facciamo trasportare ogni volta che li ascoltiamo, nei quali la tecnica è davvero espressione; coloriamo quindi con l’aggressività della plettrata una sequenza che si chiude con una nota in vibrato per poi continuare ad aprire l’atmosfera con i salti di corda, oppure lunghe parti di sweep picking su arpeggi e cambi di accordi che hanno plasmato parti così melodiche da poter essere suonate anche con poche note ma senza perdere il loro impatto; tutto questo in modo naturale e armonico e non come un insieme di esercizi in successione.
Questo vale per i chitarristi che hanno avuto la sensibilità nel saperla dosare con intelligenza e moderazione.Dopo l’ondata anni ’90 di chitarristi che hanno fatto della tecnica il loro marchio riconoscibile passiamo al nuovo millennio, dove però molti musicisti, una volta attivi, hanno ricevuto un calo di interesse nei propri confronti e con loro tutti gli sforzi e studi sullo strumento; c’è stato infatti un susseguirsi di chiusure da parte di etichette discografiche e siti specializzati in album strumentali, dettato da quel momento discografico che ha visto calare l’interesse nelle “tante note suonate”.
Il calo però c’è stato solo in parte, per fortuna, perché tutti quei chitarristi che non hanno ceduto ma che anzi hanno continuato a studiare e a credere di poter dire qualcosa di nuovo con la tecnica e la chitarra, sono arrivati a pochi anni fa, quando sembra essersi rimesso in moto il meccanismo musicale dello shred. Ed ecco infatti un nuova generazione di chitarristi che ha studiato non solo la tecnica fine a se stessa, ma anche un utilizzo alternativo a quello classico ascoltato negli anni passati.
Abbiamo chitarristi che con una nuova gestione del tapping hanno rivoluzionato ancora una volta il mondo della 6 corde, oppure chitarristi che elaborando la scala pentatonica hanno saputo confondere il sapore blues in contesti più heavy, chitarristi che hanno unito tecniche di altri strumenti con lo slap aggiungendo nuove sonorità a uno stile che è totalmente rinato.
Molte di esse non sono state delle vere e proprio scoperte, come lo slap appunto, già utilizzato in passato da chitarristi che nonostante avessero registrato album di particolare interesse non hanno mai ricevuto l’attenzione mediatica che invece hanno ora questi nuovi. Anche l’ingegnarsi per ottenere subito il massimo risultato con il minimo sforzo e quindi usando elastici o altri mezzi per non far risuonare le corde è da considerarsi un mezzo per arrivare al tanto desiderato fine, ma tutto questo forse non ci deve neanche interessare, quello che ci deve interessare è il risultato finale e quanto la tecnica abbia dato un valore aggiunto alla musicalità del chitarrista.
E voi, a quali chitarristi di questo genere vi siete più legati musicalmente in questi ultimi tre decenni? Chi considerate i migliori attuali? Da chi avete tratto maggiori lezioni? Parliamone insieme sul forum!Francesco Fareri
Fondatore, coordinatore e docente presso “Total Shred Guitar” corsi di Chitarra e Tecnica a Romawww.francescofareri.com
www.totalshredguitar.com
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