Se la Les Paul 1959 è per tanti versi – compresi quelli che la legano a tanti famosissimi artisti – considerata il “Santo Graal”, la 1960 (denominata R0 nelle reissue) porta a compimento le evoluzioni che la casa madre stava pian piano sperimentando e implementando a partire dalle prime annate.
Si inizia dalla verniciatura, più resistente ed è per questo che anche alcuni esemplari vintage hanno mantenuto con maggiore enfasi il rosso del tipico Cherry Sunburst, mentre i modelli degli anni precedenti tendevano ben più velocemente a variare i colori originali in modi e tonalità diverse (da cui anche le tantissime sfumature delle riedizioni odierne).
Sempre riguardo l’estetica, non tutte hanno il top fiammato, ma quando ce l’hanno la selezione è ancora più accurata e alcune infatti hanno delle marezzature molto pronunciate ed affascinanti.
La novità più importante riguarda però il manico, che diventa in tre graduali passaggi (V1, V2 e V3) molto più sottile che in passato (“slim taper“). Sebbene questo sia fatto per facilitare la suonabilità, soprattutto per chi ha mani più piccole, non da tutti viene apprezzata questa scelta.
Ci sono anche altri cambiamenti, a livello di manopole e altri particolari, sono le ultime modifiche che Gibson mette in cantiere prima di cambiare del tutto rotta, interrompendo la produzione di Les Paul e iniziando nel ’61 quella delle “diavoletto” SG (che all’inizio si chiamavano anch’esse Les Paul, peraltro).
Di Les Paul 1960 ne furono prodotte circa 1500 esemplari in totale.
Vi lasciamo quindi alle spiegazioni di Davide Tomassone, che ci parlerà anche delle reissue moderne, e alle belle note di Moreno Viglione, come sempre collegati dallo store Sergio Tomassone.
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