Ho sempre pensato che descrivere uno strumento signature non sia un compito semplicissimo, in quanto l’ho sempre visto e vissuto come un vestito cucito e voluto sulle specifiche di qualcun altro.
Conosco la discografia di John Scofield e sicuramente una delle cose che più mi colpisce, oltre al suo meraviglioso playing, è la varietà timbrica di suoni e sfumature che cesellano la sua grandiosa carriera.
Ma entriamo nel dettaglio di questa Ibanez JSM10.
- Fondo, fasce e tavola superiore sono in acero fiammato, di grande fattura e rara bellezza, impreziosite da una colorazione sunburst davvero efficace e piacevole alla vista.
- Manico in tre pezzi di medie dimensioni. Non aspettiamoci un manico slim a cui certe chitarre rock e metal della casa nipponica ci hanno saputo abituare, qui fa da padrona la old school: di fatto la dimensione del manico influisce su grossezza, presenza e definizione del suono.
- Tastiera in ebano, impreziosita da segnatasti in acrilico e abalone, con 22 tasti medium chiamati “Artstar Fret Edge Treatment” davvero comodi e scorrevoli.
- Il capotasto è in osso e il tutto sfocia in una paletta con tre meccaniche per parte, molto regolari, precise e fluide. Attacca corde “Quik Change III” e ponte ART-1 con le classiche regolazioni e compensazioni delle ottave.
Arriviamo a quello che è a mio avviso il punto di forza di questo strumento. La parte elettronica comincia con due pickup Super 58H molto potenti, dall’uscita di volume decisamente superiore a quelli provati su altri strumenti: avere più potenza non è per forza sinonimo di qualità, ma su strumenti semi-hollow body permette l’avere a disposizione un’ampiezza in dinamica davvero notevole.
Lo split è a tre posizioni con la classica configurazione di utilizzo o dei singoli pickup o della simultaneità dei due.
Inoltre si aggiunge un mini switch “Tri-Sound SW“, che permette tre differenti configurazioni del pickup al manico, in fase, in controfase e l’uso a una sola bobina, diventando a tutti gli effetti un single coil: se si pensa che questo può essere abbinato all’altra bobina, si ottengono in tutto ben nove differenti configurazioni.
Lo strumento esce di fabbrica con le corde ruvide 0.10 – 0.52. Utilizzando delle corde lisce entriamo direttamente in quello che viene definito jazz tone classico, ma sicuramente è uno strumento che dà il meglio di sé proprio con una corda ruvida.
Da spenta, come è giusto che sia, ha una voce piccina, con un volume generale decisamente più basso dei modelli hollowbody o archtop. La parte centrale sottostante ai pickup è un corpo solido in un tutt’uno con il manico: si vengono quindi a formare semplicemente due camere tonali in corrispondenza delle buche a effe e il timbro è improntato sulle frequenze medio alte.
Una volta amplificata, la chitarra ruggisce già con il clean.
Provata con un amplificatore a transistor ha un suono molto definito, con una proiezione sonora notevole, ma il meglio di sé lo dà con un’amplificazione valvolare, che indubbiamente colora il suono, ma che nello stesso tempo accentua le caratteristiche timbriche di questa signature.
La serie di suoni è davvero notevole, si può passare da distorti o puliti giganteschi ma molto dinamici, fino a ottenere tranquillamente suoni clean adatti ad accompagnamenti dal sapore funky, guizzanti, fini, ma mai fastidiosi e sempre con molto carattere, perfetti per bucare dal mix di formazioni con poderose sezioni ritmiche.
Lo strumento mi ha dato notevoli soddisfazioni e mi ha risolto non poche volte lavori in studio, dove con lo stesso strumento (e quindi lo stesso timbro di base) sono riuscito a scolpire al meglio i diversi momenti dell’arrangiamento con tante sfumature differenti.
Consigliatissima per chi cerca una chitarra che possa passare dal jazz al rock. Possiamo quindi definirlo uno strumento fusion eccellente, come il musicista che ha firmato questo modello.
Maggiori info sul sito ufficiale. Le chitarre Ibanez sono distribuite in Italia da Mogar Music.
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