In questo periodo storico, paradossalmente quasi, stiamo vedendo che il mondo dell’amplificazione (non per forza nel senso troppo stretto del termine) si sta evolvendo quasi esclusivamente sui poli opposti, ovvero quello dell’amplificazione valvolare e quello del modeling digitale.
Infatti, non stiamo qui a ricordare tutte le nuove testate valvolari, comodamente trasportabili e ben suonanti, e le nuove pedaliere, sempre più piccole, economiche e piene di funzioni.
Però noi sappiamo che è sempre esistita una via di mezzo che ha segnato per anni una parte dei suoni di chitarra, quella dell’amplificazione a transistor che permetteva di avere un suono fattibile con un rapporto di peso e affidabilità relativamente più alti rispetto a quello delle valvole.
Oggi quindi parliamo del Black Spirit 200 di Hughes & Kettner che sembra aver trovato una soluzione utile per chi non vuole finire “del tutto” nel mondo digitale.
Misure ridotte
Parliamo di circa 410 x 155 x 150 mm su un peso di poco superiore ai tre kg e mezzo, difficile dire che ci possa essere di meglio contando tutte le opzioni che vedremo successivamente.
Ora, a livello di design segue il concept moderno di molte testate, ovvero totalmente in metallo e senza legno, non ha alcuna maniglia superiore, bensì su ambo i lati, credo per mantenere la forma leggermente più pulita, anche se non trovo particolari comodità nell’utilizzo di una maniglia laterale, però ci si può abituare in fretta.
Lievemente più complesso del normale è fare esperienza con la plancia comandi, che comunque riesce a essere abbastanza intuitiva, parliamo di un sistema che dopo una prima lettura del manuale di istruzioni riesce a essere utilizzabile.
Perfetto per un utilizzo da piccolo home studio, dato che le sue dimensioni gli permettono di rimanere su una scrivania senza dare alcun fastidio, più gestibile in tal senso di una pedaliera multieffetto o un modeler di medie dimensioni.
Un All in One “totale”
Avevamo gia visto che con l’Ampman parlavamo di un amplificatore completo, ora ragioniamo in maniera ancora più ampia, perché parliamo di una macchina che integra una serie di effetti di modulazione nonché riverbero e delay totalmente controllabili.
Iniziamo dal pannello frontale, su cui troviamo:
- Uscita Phones / Line
- Master
- Presence
- Resonance
- Saggig (Simulazione della saturazione del finale) / Cab Type
- Noise Gate / Reverb
- Treble / Dly Level
- Mid / Feedback
- Bass / Dly Time
- Volume / Mod Type
- Gain / Intensity
- Selettore del canale
- Entrata per la chitarra
Sul “secondo livello” del pannello frontale abbiamo:
- Power: tasto di accensione
- Store: pulsante di salvataggio
- FX Loop: attivazione del Loop Effetti
- FX Access: abilitazione al controllo degli effetti integrati
Sul pannello posteriore invece abbiamo:
- Aux In
- Loop Effetti
- Midi In e Out/Thru
- Red Box
- Uscita speaker con potenza regolabile e uscita per casse standard o FRFR
- Sistema di risparmio energetico AES
- Presa di rete 220V
Per quanto riguarda invece la Red Box, abbiamo otto simulazioni di cassa così predisposte:
- 1×12 Modern Thiele Port
- 2×12 Modern Front Port
- 2×12 Vintage Open Back
- 4×10 Alnico Open Back
- 4×12 Vintage
- 4×12 British
- 4×12 Modern
- 4×12 American
Difficile, estremamente difficile, chiedere oltre ad un amplificatori di questo tipo, sopperisce a quello che non potevamo avere per ovvi motivi sull’Ampman, garantendo un utilizzo standalone.
Il digitale è presente ed è smart
Una delle poche cose digitali è la comunicazione con l’amplificatore tramite un’applicazione dedicata che permette di creare i propri preset.
Ora, l’app è disegnata in maniera sensata, risolve in parte il problema che potrebbe porsi nel gestire gli effetti quando si switcha tra i due pannelli, però è bene precisare che non si guadagna tantissimo in velocità di workflow.
Utile quindi, non strettamente necessaria, ma permette di poggiare la testata in una zona dello studio e cambiare i vari parametri senza doversi alzare dalla sedia. Esiste anche un editor per PC e Mac, ma è di terze parti.
I suoni a nostra disposizione
Come abbiamo detto, la Black Spirit presenta quattro canali selezionabili che cercano di coprire il ventaglio più ampio possibile di richieste sonore, vediamoli uno per uno:
- Clean: sfacciatamente equilibrato e non asettico, risulta essere aperto quanto basta per poter ottenere un suono clean molto ben definito, intelligibile, dinamico quanto serve. Per certi versi lo si potrebbe definire sparkling come dicono gli anglosassoni, e se si dovessero fare dei paragoni, azzarderei forse che si avvicina al suono del Fender Princeton con però delle medio-basse meno pronunciate e con un grit più pieno, soprattutto con il boost inserito. Se si cerca un suono anche bluesy si riesce a ottenere, passando anche dal pop e quasi qualsiasi frangia del rock, pur tuttavia non dà quel tipo di clean ultra profondo che si potrebbe cercare (forse) in situazioni più “heavy-ballad”.
- Crunch: suono decisamente ricco di attacco, abbastanza medioso e con un gain staging non troppo alto, anche questo nasce dal Grandmeister e prende in maniera leggermente rivisitata il sound di un Marshall stile 1959, quindi un timbro molto grintoso e cremoso. Si ottengono sonorità classic rock letteralmente con uno schiocco di dita, vanno però dosate le quantità di Presence e Sagging perché si rischia un suono estremamente tagliente e per certi versi anche poco definito. Si riescono a ottenere anche sonorità Hard&Heavy, con altrettanta facilità, un suono non estremamente compresso anche utilizzando soglie di gain abbastanza spinte e con il boost attivato.
- Lead: questo è il suono anni ‘80-’90 per eccellenza, più compresso, dritto in faccia, leggermente scuro, prende probabilmente a piene mani dalle testate High Gain del brand come la Zentera o la Triamp mk3, utilizzabile per qualsiasi cosa abbia a che fare con lo shredding (affermazione quasi ovvia) e grazie anche al buon sustain che riesce a dare, permette di avere grandi soddisfazioni.
- Ultra: Questo è il canale cronologicamente più avanti rispetto a tutti, nasce per quelle esigenze di suoni del “nuovo millennio” e quindi molto più improntato alle basse frequenze, deve essere controllato in maniera più chirurgica rispetto ai precedenti. Si possono ottenere sonorità Djent e questo canale è la panacea per i possessori delle sette corde, ma occhio a non andare troppo oltre con il gain per evitare punte troppo “fuzzose”. Come con il pulito, presenta un bellissimo attacco che risulta essere molto comodo per le ritmiche, e stupisce il suo rimanere intelligibile nonostante il boost attivo, ci permette comunque di poter dosare il guadagno senza troppa paura.
Per quanto riguarda gli effetti, possiamo dire che si difende bene se si hanno delle necessità non troppo specifiche, riverbero e delay hanno un suono molto simile a quello di un rack anni ‘80, quel tipo di macchina digitale (ma bello), forse poco caldo ma definito e riconoscibile.
Il riverbero è uno spring, decisamente ampio ma funzionale, non si rischia di avere un suono troppo cavernoso; il delay è il tipico digitale, pur tuttavia lievemente scuro (non troppo).
Tra le modulazioni il chorus ricorda vagamente il CE della Boss, potremmo dire che è un interessante via di mezzo tra l’apertura di un CE2 e la rotondità di un CE5.
Sul Flanger siamo sulla stessa lunghezza d’onda come “epoca”, il suono è proprio tipico dei Jet Flanger che hanno contraddistinto suoni come quello di Paul Gilbert.
Il Phaser molto probabilmente si rifà al suono del Phase 90 ma più flat, devo dire ben utilizzabile perchè non “mangia” il segnale della nostra chitarra.
Il tremolo è quello forse meglio riuscito, bello rotondo, ampio, utile per tutte le richieste del classic rock, genere che ne fa un uso più che abbondante.
Menzione di merito va al finale vero e proprio, che permette di essere dosato in potenza dai 200 fino ai 2 watt.
Ho particolarmente apprezzato il suo comportamento che, anche al minimo della sua efficienza, ha un bel suono utile per chi non riesce a rinunciare a un cabinet reale in nessuna situazione.
Nota personale sul wattaggio: non ho ben capito a chi possano servire 200 watt, certo il carattere cambia, però a tutta potenza è difficilmente utilizzabile in contesti di locali e/o sala prove.
I suoni disponibili, anche in rapporto a quello che può essere la concorrenza del mondo transistor (senza scomodare modeler e valvolari), sono quindi capaci di dare molte soddisfazioni. Il Black Spirit non è uno di quei prodotti che fa cinque suoni bene e duecento “così così”, si parte da molte basi (sonore) buone e alcune che eccellono per determinati fattori (attacco, definizione, frequenze) che per alcuni possono essere dei gamechanger non indifferenti per le proprie esigenze.
Testata o pedaliera quindi?
Ce lo chiediamo avendo già trattato l’Ampman ma soprattutto visto che esiste anche la Black Spirit Floor!
È la cosa più complessa da dover argomentare, siamo costretti a prendere in considerazione le esigenze singole che possono essere più o meno importanti ai fini dell’utilizzo di questa testata.
Obiettivamente parliamo di un prodotto portatile, ma che per dare il massimo ovviamente va utilizzato con il suo controller, e a questo punto qualcuno potrebbe pensare che tanto vale prendere il modello a pedaliera… però è anche vero che il pericolo del “tizio/a col cocktail nel locale che finisce sulla tua pedaliera” (termine tecnico) è comunque sempre in agguato (o qualsiasi altro problema tecnico/incidente), quindi potremmo dire che la soluzione testata può essere “relativamente” più sicura in termini di utilizzo, anche se meno comoda rispetto alla sua controparte.
Cosa a favore del modello testata è l’utilizzo in casa, occupando comunque una superficie inferiore (si avete letto bene, la Floor occupa più spazio), la si può mettere comodamente su una scrivania e cablare di conseguenza e controllandola con i potenziometri senza troppi problemi.
Conclusioni Finali
Alla fine questa testata Hughes & Kettner è una soluzione che possiamo chiamare “salvavita” per:
- Peso dimensioni
- Costruzione a transistor e chip digitali, meno “pericolosa” da trasportare rispetto alle valvole
- Effetti integrati più che dignitosi
- Non necessita per forza di una cassa
Un difetto? Quello macroscopico è che non utilizza Impulse Response internamente, è un peccato ma il marchio teutonico rimane saldamente ancorato alla Red Box, nulla però ci vieta di disinserirla e di mettere in coda un Mooer Radar o un Torpedo Cab M.
La testata nasce comunque con lo scopo di essere usata da sola, direttamente nell’impianto, fare la propria gig o il proprio concerto e andare via smontando in un tempo record di cinque minuti, che per alcuni può essere quasi un qualcosa di idilliaco.
Troverei abbastanza assurdo abbinarci pedali o altro per il semplice motivo che con quattro canali a disposizione, il booster e gli effetti integrati, devono esserci proprio delle esigenze estreme per desiderare altro.
Quanto costa?
Venduta a un prezzo di listino di 799 euro, il costo è interessante in relazione alla sua natura all in one,. Certo per queste cifre si possono anche trovare dei valvolari, potrebbero pensare alcuni, ma non a quattro canali e di solito non hanno un’uscita dedicata alla simulazione, sono senza effetti integrati, al massimo hanno un boost.
Ricostruire un intero sistema dello stesso tipo (a parte il discorso sull’ingombro) supererebbe di molto il prezzo della Black Spirit se contiamo l’acquisto di un valvolare di piccolo wattaggio (circa 20 watt), un multieffetto per la parte di effettistica e ambienti, qualche overdrive, un booster e un simulatore di cassa.
Maggiori informazioni sul sito del distributore italiano Backline.
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