Il nome del Binson Echorec 2, non smetterò mai di ricordarlo, è uno dei più rappresentativi di un’intera epoca: il suo suono e la sua eredità per il mondo dei chitarristi è sempre presente nei cuori e nelle orecchie, ma non solo di loro, anche dei tastieristi o bassisti, nonché dei fonici di tutto il mondo.
Condivide il suo posto con altri colleghi illustri, come il Roland Space Echo R-201, il Maestro Echoplex, il Klem Echolette NG 51S, ecc.
Nel corso dei decenni, un numero sempre in continuo aumento di pedali cerca di avvicinarsi al suono di una specifica unità, con più o meno successo, e tra questi anche il nostro Timefactor.
L’algoritmo di Tape Echo nasce per soddisfare le esigenze del chitarrista che cerca il suono “più vintage possibile”, cercando di avvicinarsi al carattere della macchina a nastro nella maniera migliore, arrivando però all’ovvio compromesso di un delay che non solo è digitale, ma anche in formato pedale “tuttofare”.
Per quanto riguarda il suono, risulta essere meno scuro rispetto ai Digital Delay e Vintage Delay, volendo usare dei paragoni meno tecnici e più discorsivi potremmo definirlo più spigoloso e meno ovattato.
Come ci si può aspettare, la coda non ha grande ampiezza in termini di millisecondi, ma questa è una cosa che accade anche ai fortunati possessori degli originali.
Nel caso dell’algoritmo di Tape Echo, ci sono due fattori di differenziazione nelle manopole Xknob e Depth (che come abbiamo visto controlla di solito la profondità della modulazione): infatti, in questo caso con la prima manopola potremo controllare il rumore di fondo tipico delle macchine a nastro, con un valore da 0 a 10, mentre il secondo controllo, che viene chiamato “Wow“, definisce le variazioni di intonazione e le modulazioni dovute all’usura del nastro.
Per quanto oggi possa sembrare strano, le vecchie macchine avevano una sezione preamplificatrice, che per molti versi è stata poi riportata negli anni successivi su altri macchinari (un esempio è il Korg SDD 3000), Questi preamp erano una parte molto importante sul suono finale e talvolta, vedi Binson, c’erano in gioco vere e proprie valvole.
La mancanza di un componente di preamplificazione “vero” fa perdere quell’incisività che rende effettiva la differenza tra analogico e digitale, però dobbiamo sempre considerare la sezione di componenti voluminosa e macchinosa da gestire, difficile da riprodurre e per certi versi poco auspicabile per usi intensi, vista la non grande affidabilità passata altrettanto alla storia.
Il famoso Binson Echorec 2, il suono dei Pink Floyd nel Live at PompeiiPhoto by Andy Mabbett – CC BY-SA 4.0
Va detto però che il Timefactor, in sedi opportune, non fa sentire troppo tale mancanza, riesce a regalare la sensazione di una modulazione abbastanza profonda e tangibile, insieme a un comportamento delle code altrettanto convincente da poterlo rendere utilizzabile anche in sedi di registrazione, sempre che lo studio non abbia un vero echo a nastro (ricordatevi però che ha bisogno di manutenzione e che non ha nessuna comodità dei mezzi odierni… ricordatevi le regolazioni…).
Qui si chiudono le prime tre macrosezioni del Timefactor, con cui ho voluto darti una prima infarinatura sulle tipologie di delay che ti puoi trovare a utilizzare durante tutta la tua vita chitarristica.
Successivamente parleremo invece delle chicche che vogliono essere interpretazioni di delay ben precisi che hanno fatto la storia della musica in vari ambiti, stay tuned!
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