Una testata pronta per il palco, da collegare al cabinet o in diretta, con un mondo di suoni e di potenzialità per il chitarrista dotato di sufficiente fantasia e tempo per sperimentare. Al suo interno modelli digitali degli amplificatori più appetibili e la possibilità di costruirne uno totalmente personalizzato o di ricavare un clone verosimile del proprio prezioso valvolare vintage.
La “guerra dei cloni” non è una novità, scatenata ormai da diversi anni grazie all’estro di una serie di progettisti capaci di sfruttare la tecnologia più recente per creare riproduzioni virtuali dotate di ogni caratteristica sonora dell’originale.
Il trend più recente, con il mondo ormai diviso in pratici utilizzatori e feroci “hater”, è quello di fornire direttamente al musicista i mezzi per creare i propri “modelli”, nei limiti della capacità effettiva delle macchine e di quelle neuronali dell’utilizzatore…
Giocando con uno dei primi esemplari della testata importati in Italia abbiamo fatto un test d’uso immediato per comprendere le caratteristiche funzionali e potenzialità sonore di Bias Amp Head così come esce dalla scatola. A una seconda futura puntata il discorso relativo alle potenzialità effettive del cosiddetto ‘matching’, di cui anticipiamo comunque qui le caratteristiche.
La filosofia della testata è diversa da quella del principale e ben noto competitor, poiché in questo caso l’operazione non è partita dallo sviluppo dell’hardware ma da un software notevole come Bias FX.
Alla testata ‘fisica’ i progettisti di Positive Grid sono arrivati in seconda battuta, dopo aver presentato un trio di pedali importanti come Bias Distortion, Bias Delay e Bias Modulation.
L’oggetto – venduto anche in versione rack – presenta i consueti vantaggi del formato ‘lunch-box‘, ormai quasi un obbligo in questo campo, e si caratterizza subito per la mancanza di display.
La ribalta è, infatti, tutta per la doppia fila di manopole cromate, con tanto di jewel light a segnalare l’accensione. La struttura è realizzata in robusto metallo ‘spazzolato’ scuro con comodo maniglia in finta pelle.
La prima cosa di cui tener conto è che l’oggetto è utilizzabile certamente come hardware stand-alone, ma è utile, anzi vivamente consigliato, l’interfacciamento con il relativo software Bias Amp, fornito in bundle nella confezione.
È disponibile anche la versione plugin per i più comuni software di recording.
Questo significa avere sul proprio tablet o sullo schermo del PC/MAC una comoda rappresentazione dei comandi e anche della catena dei componenti virtuali del suono.
Trovandoci nel mondo fatato del modeling digitale, avere di fronte l’immagine relativa al tipo di ampli prescelto, del cabinet, di preamp o addirittura del trasformatore specifico, riscalda il cuore del chitarrista.
Quando poi – effettuato il collegamento con un semplice cavo USB o wireless con protocollo Bluetooth 4.0 – le manopole virtuali iniziano a muoversi per seguire le modifiche fatte su quelle fisiche della testata, il gioco è fatto e la magia è completa.
Aiuta molto il software nell’offrire un chiaro riferimento al nome dei modelli in questione, assente per evidenti motivi di spazio dal pannello della testata. Sapere, ad esempio, che abbiamo a che fare con un British Plexi da 50 Watt (indovinate di cosa parliamo…) permette di mirare con più precisione anche nel cercare la base di partenza per eventuali modifiche (a proposito di matching…).
Gli ampli reali nascosti dietro gli pseudonimi coniati da Positive Grid sono reperibili in una pagina dedicata dalla quale riusciamo finalmente a capire cosa si nasconde dietro le 5 categorie: Clean – Glassy – Blues – Crunch – Metal
Con 5 modelli per categoria a disposizione (e qualche minima differenza nella posizione rispetto all’interfaccia del software) scopriamo che il termine Glassy viene utilizzato per il mondo Fender Blackface, Dumble e Vox AC30, mentre il settore Clean spazia dal classico Roland Jazz Chorus ai british Marshall e Hiwatt, con l’aggiunta di un buon Matchless.
Il mondo Blues è appropriatamente riservato ai Fender Tweed vintage di vari formati con l’eccezione del famigerato Marshall JTM-45. Praticamente tutto britannico, Marshall e Hiwatt, il reparto Crunch, mentre nella selezione Metal/Hi Gain emergono marchi come Mesa/Boogie, ENGL, Diezel, Soldano e il Vanhaleniano Peavey 5150.
Per un uso veloce e indolore, al chitarrista che non vuole vuole studiare troppo è consigliabile rimanere nel settore preset. Una volta scelto il modello di amplificatore che risponde alle proprie esigenze è sufficiente sfruttare la fila inferiore di comandi del pannello, gli stessi di qualunque “vero” amplificatore.
L’aggiunta di un controllo di Output permette di utilizzare il Master fino in fondo per assaporare l’overdrive del finale di potenza. Per memorizzare i propri settaggi è poi sufficiente premere il pulsante Save.
In caso di collegamento in diretta al mixer del P.A. o un sistema di recording sarà utile attivare la funzione di Cabinet Simulation, andando a scegliere la cassa più adatta nella ricca lista di BIAS Amp.
Il relativo switch Cab Sim è adiacente al controllo Custom, una manopola assegnata di default al Noise Gate – regolabile in un arco di intervento piuttosto ampio a seconda del suono in gioco – ma assegnabile in realtà a qualsiasi parametro del software.
Il pannello posteriore, oltre agli output XLR o sbilanciati da ¼” e alla presa USB, fornisce un’unica uscita per il cabinet esterno (fisico) con adattamento automatico da 4 a 16 Ohm, FX loop, MIDI In/Thru/Out, output per le cuffie e connessioni per eventuali due footswitch, calibrabili e assegnabili a singoli preset.
Abbiamo tralasciato parte dei controlli anteriori? È vero, volutamente. L’intervento sulle sezioni Preamp e Power Amp è consigliato a coloro che intendono misurarsi con la modifica della struttura di uno dei modelli presettati, fino alla creazione di un proprio ampli originale.
Lavorando con i soli controlli “fisici” del pannello è infatti possibile selezionare tipologia del preamplificatore e del finale, nonché numero, tipo e livello di distorsione delle relative valvole.
Ancora più sottili le modifiche attivabili con il software, che permette addirittura la scelta del tipo di trasformatore e varie altre opzioni.
Alla resa dei conti chi tira le somme sono sempre le orecchie, cercando di non perderci in una quantità ingente di parametri e potenzialità. La testata produce suoni molto vari ed è parecchio duttile: metterci le mani è un’esperienza molto divertente e contemporaneamente una sfida.
Abbiamo passato diverso tempo a confronto con i vari modelli presettati e più mani si sono avvicendate sulle chitarre collegate alla testata.
I 600 Watt dichiarati sono relativi al particolare tipo di finale, il che ovviamente non deve essere rapportato a sei volte la potenza di un amplificatore reale 100 watt, ma assicuriamo che la potenza effettiva è più che sufficiente a muovere i coni di una qualsiasi cassa e a spettinare buona parte del pubblico.
Difficile non trovare modelli di amplificatori appetibili fra i tanti offerti dai preset e la possibilità di smanettare al volo tra le varie manopole permette un utilizzo – passatemelo – quasi analogico del digitale, senza bisogno di rompersi troppo la testa.
D’altro canto, le potenzialità di tweaking sono talmente ampie da dar pane per i denti anche agli utenti più preparati, senza dimenticare la possibilità di scaricare modelli sempre più appetitosi dal Cloud dedicato.
La comodità del formato è ovvia, ma il punto di forza rimane legato alla versatilità e alle ampie potenzialità future. Si differenzia dalla maggior parte dei concorrenti nella possibilità di creare o copiare il proprio amplificatore.
Non c’è dotazione di effetti interni ma tra le buone notizie, proprio al momento di scrivere, è l’annuncio dell’introduzione di un riverbero ampiamente regolabile su software e testata.
E il Matching?
Eccoci. L’idea di Positive Grid è di dare in pasto a Bias Amp (di fatto, al software) un amplificatore reale di qualsiasi tipo per assimilarne le caratteristiche sonore. Il processo di abbinamento (matching, appunto) avviene con uno dei modelli digitali interni, premesso di aver scelto in partenza quello più simile al nostro.
Il software apporterà le necessarie modifiche al modello originario per renderlo quanto più simile al target da noi fornito.
Non sono esattamente operazioni “a prova d’ignorante” e si troverà certamente più a suo agio chi ha una certa esperienza di questo mondo.
Ne parleremo magari con più dettagli in un futuro approfondimento pratico, ma ciò che resta chiaro è che armandosi con un po’ di pazienza questa funzione amplia enormemente le possibilità della macchina, che si pone come tra le più complete in circolazione abbracciando a pari merito sia il mondo dell’emulazione che quello, appunto, del matching.
Two is better than one, insomma.
Maggiori informazioni sul sito del distributore italiano Gold Music.
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