Un overdrive con la firma di un grande nome del rock e costruito in Italia direttamente da Torino: LAA Custom Phil X Signature.
Possiamo dire che il mondo degli overdrive è ormai saturo, qualsiasi tipo di suono è stato utilizzato, ne abbiamo viste di tutti i colori (e non solo nel senso delle sfumature di tono) per quanto riguarda le costruzioni più classiche.
Tra le varie possibilità, esiste l’utilizzo di un particolare componente capace di dare spessore e tridimensionalità al sound overdrive del nostro rig, oggetto che non così spesso troviamo all’interno di un pedale, il trasformatore.
Ma prima di parlarne, diamo uno sguardo d’insieme al pedale.
Dal punto di vista estetico il pedale è contenuto nelle dimensioni e anche nel peso, riesce a stare perfettamente in qualsiasi pedaliera, anche piccola.
Lo chassis principale in metallo piegato è molto particolare sia per via della forma leggermente smussata in avanti, sia per l’utilizzo di una chiave al posto della solita vite per l’apertura del suddetto.
La scelta dei colori risulta estremamente semplice e minimale, con un colore di fondo bianco e una grande X che campeggia violentemente sul frontale per ricordare a chi è dedicato questo overdrive. Punto a favore per la scelta delle manopole dal look estremamente vintage e molto tendente al mondo studio.
Da ciò che si evince dallo schema tecnico, il pedale è un overdrive che lavora principalmente in due modi: a partire dall’ingresso in un buffer in classe A, il segnale passa attraverso lo stadio di gain, i due filtri per basse e alte, rispettivamente uno attivo e uno passivo, per poi arrivare alla manopola del livello, passare per un driver in classe A e arrivare al bivio finale, ovvero quello del trasformatore audio True Coil.
Il trasformatore è un componente che di solito fa parte delle outboard da studio ed è il cuore pulsante del suono finale, alcuni esempi che sono da citare per meriti storici sono i trasformatori Rupert Neve che hanno reso immortali le sue macchine.
Nel caso del Fuck Jazz, stiamo parlando di un trasformatore progettato da Carlo Sorasio per ottenere un suono “da disco”, cioé un’estrema nitidezza e uno spessore sonoro molto più pronunciato. Per chi non abbia voglia di usarlo, l’effetto del trasformatore è bypassabile attraverso l’interruttore a slitta.
Non vi è batteria interna perchè consuma 50mA, utilizzando l’alimentazione a 9V, mentre siamo sui 60 mA con un’alimentazione di 12 volt.
Siamo quindi di fronte a una buona unione di approccio classico come numero di controlli ma con molte scelte interessanti tra il trasformatore di uscita e i due filtri per l’equalizzazione per ottenere sonorità decisamente più interessanti dai classici overdrive che abbiamo già avuto nelle nostre pedaliere.
La risposta timbrica di questo pedale è molto lineare, tende difficilmente a dare risalto a determinate frequenze. Impostando l’equalizzazione in maniera totalmente flat, la risposta del nostro amplificatore riesce a essere omogenea su tutto lo spettro.
Il suo campo di applicazione è palese, parliamo di un pedale che nasce per il Rock in tutte le sue infinite sfumature, capace di ricreare una pasta sonora molto nitida ma allo stesso tempo familiare all’orecchio del chitarrista.
Esistono sul sito una serie di settaggi consigliati che ripercorrono gli utilizzi più classici per un pedale di questo tipo, ma che permettono di capire fin da subito cosa è capace di fare.
Apriamo adesso un discorso a parte per quanto riguarda il suddetto trasformatore: quello che avviene non è semplicemente un suono più “grosso”, non è assolutamente un controllo di equalizzazione che ti da più presenza oppure una risposta più enfatizzata su determinate frequenze, parliamo di una risposta timbrica totalmente differente su tutto lo spettro che rende l’intero suono molto più definito e con molta più dinamica.
Andiamo quindi a vedere nel dettaglio l’analisi in frequenza del pedale con e senza il sistema di true coil attivato, l’intera catena ha preso la stessa sorgente:
humbucker al ponte Bertozzi Guitar Works VG1 montato su una Fender Lonestar Stratocaster > Cavo Linfaudio Platinum Way > Torpedo Captor
La testata è clean ma viene settata con il volume sulla soglia del 6 o 7 per dare un minimo di saturazione iniziale, il pedale è stato settato allo stesso livello di uscita dell’amplificatore con il gain a 5 e l’equalizzazione in flat.
Notiamo che il sound generale è abbastanza lineare, con qualche buco sulle medio-basse e su alcune frequenze medie, non sporca in maniera violentissima il sound finale ma regala una pasta decisamente rock rimanendo intelligibile.
Con il trasformatore attivo, invece, a livello di spettro sonoro vediamo che viene tutto livellato, la precisione e l’equilibrio delle frequenze è abbastanza evidente, oltre a un aumento di volume.
Il carattere timbrico del pedale non viene stravolto, bensì acquisisce più spessore, più grinta e una decisa quantità di dinamica.
Un discorso a parte va fatto sull’equalizzazione: il potenziometro Bottom è un filtro molto utile per la gestione del regime più basso, che permette di gestire le ritmiche in palm-muting senza avere dei bassi troppo invadenti. Ha una corsa non molto ampia ma è un filtro settato in maniera molto precisa e utile per il chitarrista.
Il potenziometro Top invece gestisce le alte frequenze, in maniera molto più ampia in termini di corsa e che permette di aprire il suono della nostra chitarra, ma funziona in maniera molto più classica rispetto a quello del Bottom.
Forse qualche rocker più estremo potrebbe avere da ridire sulla quantità di gain che è capace di dare, è un punto di vista ma credo che il buon Phil X abbia voluto un overdrive che puntasse al dover giocare col volume dell’amplificatore e con il potenziometro della chitarra, per ottenere il cosiddetto “muro di suono” più con il volume di uscita piuttosto che con quantità esacerbanti di gain, che spesso si ripercuotono in un suono, tra l’altro, estremamente complesso e difficile da gestire.
Possiamo dire che questo pedale prende la fascia del musicista rock addicted che riesce a spingersi fino alle sonorità più hard, ma difficilmente lo accosterei a generi più estremi dell’heavy metal (classico).
Si arriva a sonorità più spinte se si trova il giusto connubio con una testata dal canale overdrive di per sé abbastanza cattivo.
Messo invece su un “foglio bianco”, il pedale esprime la sua vera natura, lo è stato con la PO 20 sempre della stessa LAA CUSTOM, ma mi è stato possibile provare anche con un Fender Blues Deluxe 57, un Supersonic o anche il classico Deville.
Con un prezzo di vendita di 199 euro, si pone accanto ad alcune controparti che condividono con lui la stessa filosofia handmade ma non la tecnologia del trasformatore di uscita (solo alcuni lo fanno ma a prezzi superiori).
Non possiamo definire questo pedale – che chiarisce subito le idee con un bel Fuck Jazz sullo chassis – un oggetto da “acquisto della domenica”, ma nemmeno sovraprezzato rispetto alla concorrenza, anzi.
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