Già nei primi anni di storia delal chitarra elettrica il il tremolo è diventato uno degli “accessori”, se così lo vogliamo chiamare, dei primi amplificatori valvolari, partendo dalla prima unità elettronica indipendente che è stata prodotta da DeArmond.
Il DeArmond Tremolo Control utilizzava un piccolo serbatoio di fluido conduttivo, che veniva fatto oscillare da un motore elettrico. Il fluido rafforzava e indeboliva il segnale che lo attraversava, creando variazioni di volume nel tempo.
Abbiamo detto volume e infatti è da non confondere con l’effetto “vibrato”, che a differenza del tremolo agisce sul pitch della nota (quello che fa il ponte mobile delle nostre chitarre, “ponte vibrato” appunto).
Iniziarono a incorporare questi effetti negli amplificatori per chitarra, tra cui Fender Tremolux e Vibrolux, Leo Fender segnò l’effetto sugli amplificatori Fender come “vibrato”, chiamando al contrario il ponte vibrato delle Fender Stratocaster “tremolo” (un bel caos insomma, NdR).
I primi amplificatori, quelli più noti, con funzioni tremolo incorporate furono il Fender Princeton del 1961 e il Gibson Falcon, in cui il circuito tremolo era relativamente semplice, usando solo una dozzina di componenti e la metà di una valvola del circuito del preamplificatore.
L’effetto è stato ottenuto tramite “bias wiggle“, in cui sono manipolati i parametri di funzionamento delle valvole, nel preamplificatore o nello stadio di uscita, per cui il segnale può essere ciclicamente in on/off o abbassato/alzato di volume.
Gli amplificatori successivi, e in particolare gli amplificatori Fender Blackface della metà degli anni ’60 e gli amplificatori Silverface successivi, utilizzavano un circuito molto più complesso, producendo il tipo di effetto che era particolarmente popolare tra i musicisti di surf-rock: la modulazione era prodotta utilizzando un fotoaccoppiatore, un resistore dipendente dalla luce il cui segnale pulsante influenzava il circuito del preamplificatore.
Da qui si dipanano due modi molto differenti su come il Mobius tratta il tremolo: uno ha come riferimento il tremolo classico da amplificatore vintage, mentre il secondo, che viene definito “pattern”, è un tremolo più vicino ai suoni moderni e più simile a quelli da “rack” che possiamo trovare ancora su macchine come il Multivalve di Rocktron (cito un esempio in mio possesso).
Per quanto riguarda le opzioni disponibili, abbiamo:
Vintage Tremolo
- Parametro 1 – Mode: permette di scegliere tra tre modalità (tube, harmonic e photoresitor) che permettono di scegliere il carattere dell’onda che viene modulata. Il tube ha l’onda più sinusoidale mentre l’harmonic è più schiacciata, mentre per la maggiore squadratura dell’onda si usa la modalità photoresitor.
- Parametro 2 – Pan: permette, in configurazione stereo, di gestire l’ampiezza del segnale nelle due uscite del pedale attraverso i canali left e right.
Pattern Tremolo
- Parametro 1 – Waveshape: gestice l’LFO per la forma d’onda del Tremolo
- Parametro 2 – Beat 1: setta il numero di suddivisioni per ogni beat (da 1 a 16) con l’aggiunta delle opzioni Full e Zero per decidere se applicare il segnale alla suddivisione o meno
- Parametro 3 – Beat 2: come il primo, ma con la possibilità di replicare esattamente il tempo del Beat 1
- Parametro 4 – Spread: determina l’offset tra i segnali LFO del canale sinistro e destro
Dal punto di vista timbrico la differenza è netta: il Vintage Tremolo è, infatti, il tremolo da amplificatore classico che accosterei a quello del Supro Blackmagick, però risultando meno scuro e più gestibile o che metterei di fianco a quello del Tremolux di casa Fender.
Da questi due riferimenti possiamo evincere che tutta la parte dei suoni “vintage oriented” è molto ben coperta, soprattutto con la modalità tube, ma ci si riesce a spingere sui suoni più anni ’70 con la modalità photoresitor, che però ha già il suono più da unità esterna rispetto a un vero e proprio tremolo da amplificatore.
Discorso totalmente diverso va fatto per il Pattern Tremolo,che è un tremolo più “su misura” per chi cerca precisione, molto più orientato su un suono moderno e leggermente meno “rotondo” del vintage tremolo. La possibilità di controllo lo rende perfetto se si cerca una modulazione precisa al millimetro.
La timbrica è più flat rispetto al vintage tremolo che, per ovvie ragioni, risulta avere un suono con un filo più di basse frequenze, mentre qui si ottiene un suono meno “colorato” e lavorabile.
Entrambi questi algoritmi permettono di suonare Surf Rock, Motown, Classic Rock, Alternative e anche Pop, garantendo di poter soddisfare la maggior parte delle esigenze di un musicista sia in live che in situazioni da studio.
Da qui in poi vedremo le modulazioni più particolari che permetteranno di dare una nuova voce al nostro suono, o in alcuni casi di distruggerlo, ma sarà argomento delle prossime puntate…
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