Nelle video series realizzate con Davide dei negozi Tomassone ci siamo occupati di parlarvi della storia di alcuni importanti brand del mondo delle chitarre, ovvero Gibson, Fender, Gretsch ecc…
Oggi, invece, trattiamo la storia di una particolare serie di strumenti musicali partendo da un altro punto di vista, cioé proprio dal musicista che li ha ispirati: stiamo parlando di Ibanez e dei modelli a sei corde nati per soddisfare le necessità di uno dei più grandi chitarrististi di sempre, Steve Vai.
Ovviamente questo non ci preclude il fatto di fare un cappello introduttivo sulla storia generale di Ibanez, da quando nel dopoguerra (1957), dopo un periodo di crisi, il marchio guidato dalla famiglia Hoshino iniziò la sua produzione di chitarre elettriche, stranamente non guardando ai due marchi americani più famosi come ispirazione, ma ai modelli europei come le Hofner o anche le italianissime Eko.
Questa “ispirazione” si sposterà comunque negli anni verso i brand a stelle e strisce, prima di trovare una strada propria e originale.
Torniamo però ai modelli destinati al mitico Steve Vai, che chiaramente esistono non solo per il legame con il grande musicista, ma anche come frutto di quella corrente musicale prettamente anni ’80 che diede vita a tutti i più grandi virtuosi della sei corde, quasi tutti armati di cosiddette “superstrat“.
Il buon Vai entrò in contatto con Ibanez quando la sua carriera era già più che ben avviata, nella seconda metà degli anni ’80. A quel tempo aveva già suonato con Frank Zappa, già avviato una carriera solista ed aveva anche prestato la sua opera al fianco di David Lee Roth (ex-Van halen) per due album.
Fino ad allora nel suo setup erano entrati diversi strumenti, visto che le aziende già tendevano a “litigarsi” questo fenomeno della chitarra shred. Stiamo parlando di Carvin, Charvel e Jackson, marchi che al tempo erano all’apice della costruzione delle suddette “superstrat”.
Pur tuttavia, nessuno di questi strumenti era stato costruito sulla base di specifiche dettate da Vai stesso, erano semplicemente degli ottimi strumenti in catalogo, più o meno customizzati, a cui il buon Steve volente o nolente si adattava.
Sappiamo bene, però, che non stiamo parlando di un musicista che tende ad accontentarsi…
Iniziarono così i primi contatti con Ibanez, che si dimostrò aperta ad accontentare qualsiasi richiesta di Vai, necessità che portarono a nuove invenzioni e che culminarono con la creazione dell’oramai arcinoto modello JEM (presentato ufficialmente nel 1987).
Queste richieste iniziarono con l’avere un accesso molto più comodo agli ultimi tasti, che diventarono 24, anche questa una novità. Anche la configurazione dei pickup andò fuori dall’usuale, visto che all’epoca si avevano chitarre prevalentemente HSS o HH: in questo caso il single coil venne messo solo in posizione centrale, creando la configurazione HSH.
Non solo, si procedette anche allo splittaggio automatico delle bobine degli humbucker (cambiando la posizione del selettore), per avere i tipici suoni manico/centro e centro/ponte.
Altra caratteristica unica venne riservata al ponte mobile, per il quale fu progettata la cosiddetta Lion’s Claw (“artiglio del leone”), per quella sorta di “zampata” sul body, ovvero lo scasso che fa in modo di avere il ponte estremamente flottante.
C’è poi, come tutti sanno, la Monkey Grip, ovvero la maniglia intagliata sulla parte superiore del corpo per avere una presa comoda della chitarra e anche per evitare di maneggiare lo strumento prendendolo dal manico, di spessore più fine rispetto agli standard dell’epoca.
Quindi, molte particolarità che ad oggi a noi sembrano normali su una chitarra “moderna”, sono state il frutto della creatività di Steve Vai unita alla maestrìa dei liutai Ibanez.
Non resta adesso che metterci comodi e continuare il nostro viaggio verso i modelli più recenti, grazie alla storia raccontata da Davide Tomassone e ai suoni delle belle chitarre suonate dal sempre ottimo Moreno Viglione, buona visione!
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