Chi ha iniziato a seguire gli appuntamenti di Storia della Musica ricorderà che nell’Antica Grecia veniva utilizzata una forma di notazione legata alle lettere dell’Alfabeto. Ogni suono, ogni altezza era coordinata da una lettera. Non abbiamo chissà quanti esempi, ma come pratica è certamente sensazionale e singolare. Ecco un esempio col celebre Epitaffio di Seikilos.
Questo tipo di notazione è sopravvissuto ad Oriente, così nell’Occidente Medievale grazie al filosofo Severino Boezio, a cui è dedicato il precedente episodio. A Boezio dobbiamo la traduzione di numerose antiche teorie musicali dal Greco al Latino. Nel suo De Institutione Musica sono riportate pure le lettere alfabetiche usate dai Greci per denominare le altezze dei suoni. Da qui iniziano ad essere tradotte con l’alfabeto latino. Come sappiamo, molti continuano ad utilizzare quelle lettere; pensiamo agli anglosassoni (A B C D E F G).
Questa storia è tuttavia ancora lontana dai segni a cui siamo abituati. Boezio vive all’inizio del VI secolo d.C., mentre la vicenda di oggi si ambienta nel IX secolo, il periodo dominato dai Carolingi.
Ricordate la storia del Gregoriano? Bene, il periodo in cui si sviluppano le prime rudimentali forme di notazione è pressappoco coevo. Ci sono almeno due aspetti straordinari in tutto ciò: il primo che fin da subito troviamo due tipi di notazione differenti, quella dasiana e quella neumatica; il secondo è che quest’ultima, la neumatica, la troviamo sorgere nel medesimo periodo pure ad Oriente, presso i Bizantini, la cosiddetta notazione Ecfonetica. Ma di essa ne parleremo in un’altra occasione.
Ora, tali faccende le spiegheremo in modo disteso e argomentato all’interno del video, ma giusto per non farvi aprire mille pagine per cercare esempi visivi, vi lascio qui sotto delle dimostrazioni.
Visto che roba? Siamo evidentemente ancora lontani dalle note su pentagramma a cui siamo avvezzi, tuttavia questi esempi rappresentano un primo importante rudimento. Vi faccio notare qualche dettaglio, poi la smetto e vi lascio al video.
Nella notazione Dasiana possiamo scrutare sulla sinistra dei particolari segni. Essi rappresentano le “note”, le altezze, i riferimenti per il cantore. Nel video ne spiego meglio il funzionamento.
In ogni caso sono riportate prima pure le lettere T ed S, rispettivamente tono e semitono. Da ognuno di questi segni partono in orizzontale delle linee che rappresentano simbolicamente delle corde tese di uno strumento.
Non vanno viste interamente come i righi moderni, gli spazi infatti non sono contemplati, ma certamente saranno un riferimento per il futuro sviluppo della notazione. Il testo è infatti posizionato direttamente sul rigo, in modo che il cantore sappia quale nota intonare.
Curiosamente, se avete intuito il funzionamento, possiamo notare come il testo, dopo la prima sillaba Rex, si sdoppi in due linee. Ebbene sì, si tratta di uno dei primi esempi di Polifonia scritta nella storia.
Ma indovinate un po’? Ne parleremo in un prossimo appuntamento.
L’aspetto sorprendente per l’epoca è la precisione con cui vengono scritte le note. Non vi è nessun dubbio per l’altezza di esse. Vi pare poca roba?
Beh, allora guardate l’altra notazione, quella neumatica. Sopra il testo compaiono dei segni apparente incomprensibili. Essi si chiamano neumi e rappresentano su tutti gli antenati della moderna grafia delle note.
Essi tuttavia, a differenza della notazione dasiana, non specificavano con esattezza gli intervalli da seguire. Almeno per ora.
Se vuoi saperne di più di questa affascinante pagina della storia della musica ti invito a visionare il video.
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