Non di rado capita di pensare agli anni Venti del Novecento associandone i connotati, le sonorità e le immagini più fervide alla vita statunitense del periodo, in particolare a quella newyorkese, quasi dimenticando che a tutti gli effetti anche l’Europa visse la sua “Età del Jazz”; è un’associazione spesso favorita dalle tante rivisitazioni cinematografiche che hanno, non certo casualmente, dedicato ampio spazio al raccontare quel determinato spaccato di storia della cultura e della società.
Questo nostro racconto si è mosso spesso compiendo grandi balzi, passando al di qua e al di là dell’oceano Atlantico, in quest’occasione, dopo aver seguito le tracce americane fino all’avvento del Jazz, servirà fare nuovamente ritorno in territorio europeo. L’occasione è d’obbligo perché nel Vecchio Continente gli anni Venti del Novecento si caratterizzarono per fervore e vivacità al pari dell’esperienza statunitense, trovando con quest’ultima notevoli punti di contatto, soprattutto nell’ascolto dell’innovazione jazzistica.
Sulla strada che porterà anche il nostro percorso ad incontrare la Seconda Guerra Mondiale, è fondamentale fare ritorno nel cuore dell’Europa, in quella Germania che rappresenta un punto di passaggio obbligatorio per una narrazione del XX secolo, musicale e non. In ogni ambito storiografico, qualsiasi sia il movente d’interpreazione, si troverà molto semplice leggere gli avvenimenti della Germania pre-nazista come un ovvio preludio all’ascesa di Adolf Hitler. In tanto grezza semplificazione si finirà però, pur prendendo in esame un aspetto decisamente importante come quello della lineare concatenazione dei mutamenti socio-culturali, per escludere dalla propria lente d’osservazione importanti e affascinanti fenomeni e personalità.
Il 9 novembre del 1918, due giorni prima che si concludesse ufficialmente il Primo Conflitto Mondiale, il kaiser abdicò al trono lasciando la Germania in una condizione di totale caos politico, dalla quale il paese non si rialzerà per molto tempo. Con la caduta dell’impero e la sconfitta subìta nel conflitto, la Germania trovò uno stralcio di vacillante stabilità nella breve esperienza della Repubblica di Weimar, città dove fu elaborata la Costituzione del neonato regime politico.
L’esperienza della Repubblica fu indubbiamente travagliata, minata dal consolidarsi delle forze nazionaliste da una parte, e dai primi tentativi rivoluzionari dell’estrema sinistra dall’altra. Berlino divenne il baluardo della rivalsa culturale e politica della Germania, una città di possibilità, di miriadi di potenziali esiti, gravida di promesse come di minacce. Ospitava comunisti, nazionalsocialisti, socialdemocratici, nazionalisti, nuovi oggettivisti, espressionisti, dadaisti e romantici sbandati. (1) Colpita duramente dalle clausole punitive imposte alla Germania intera dalla Pace di Versailles, Berlino rispose bagnando le ferite della sconfitta al fiume della sfrontatezza, divenendo così la prima vera metropoli senza sonno, prototipo dell’avvenire.
In un clima di fervore isterico compositori come Kurt Weill, Ernst Krenek e Paul Hindemith trovarono la propria via, traducendo in musica un momento storico di passaggio per molti destinato fin dal principio al fallimento.La brevissima storia della Repubblica di Weimar è suddivisa dagli storici in tre brevi periodi: caos, stabilizzazione e devoluzione verso il nazismo. Il caos iniziale si protrasse con vari colpi di stato per quattro anni, lasciando spazio ad una “stabilizzazione” che sarà guidata da un personaggio di nome Gustav Stresemann. Cancelliere prima e ministro degli esteri poi, Stresemann riportò la Germania sulla via della stabilizzazione politica, a detta di molti storici poteva essere l’unico personaggio politico abbastanza influente da arrestare la scalata al potere di Hitler, ma nel 1929 morì lasciando la Germania al suo ben noto destino.
Leo Kestenberg assunse invece, nel 1923, l’incarico di consigliere musicale del Ministero della Scienza, della Cultura e dell’Educazione. Personaggio di solida caratura culturale, Kestenberg voleva portare a compimento lo smantellamento delle fondamenta che reggevano il piedistallo della cultura elitaria, promuovendo così “L’arte per il popolo”. La Krolloper, sotto la direzione di Otto Klemperer, fu uno degli esempi meglio riusciti di quest’idea, teatro che presentava allestimenti antitradizionali a prezzi accessibili anche alla classe lavoratrice.
In virtù del clima progressista promosso, Kestenberg chiamò Franz Schreker come insegnante alla Hochschüle fur Musik, e Ferruccio Busoni (con il quale anche lui aveva studiato) per l’Accademia Prussiana delle Arti. Alla morte quest’ultimo sarà sostituito da un nome noto alle nostre pagine, quell’Arnold Schoenberg che porterà con sé, non solo la propria personale rivoluzione musicale, ma anche schiere di fedeli allievi a seguirne i passi.
Forse per la poca preparazione, forse per la troppo feroce voglia di distacco dalla tradizione, la Krolloper non fece breccia nel cuore di quel “popolo” tanto ricercato da Kestenberg, condizione sulla quale l’ala politica di estrema destra cucì attentamente la propaganda di ripudio dell’avanguardia in ogni sua forma. L’imminente futuro della Germania si muoveva preparando il proprio avvento: «Questa non è la vera Berlino» affermò Joseph Goebbels una sera del 1928 passeggiando nella zona dei cabaret «L’altra Berlino è in agguato, pronta a balzare fuori.» (2)
Nelle righe si è fatto cenno a tre nomi, tre compositori che con il loro operato caratterizzarono in maniera decisa la vita della Repubblica di Weimar: Paul Hindemith, Kurt Weill e Ernst Krenek. I primi due saranno protagonisti dei nostri prossimi incontri, in quest’occasione invece è opportuno spendere alcune parole sul terzo, Krenek, il cui nome forse non farà subito scattare l’attenzione di chi è meno pratico dell’argomento. Ernst Krenek, di origini boeme, nato Vienna e successivamente naturalizzato statunitense, raggiunse una certa fama sul finire degli anni Venti, motivo di tale successo fu la sua opera “Jonny spielt auf“ (1927), che potremmo tradurre come Jonny attacca a suonare.
Uno dei motivi dell’importanza di Krenek all’interno del nostro percorso, ma certo non l’unico da attribuire al compositore, fu quello di provare ad importare nel cuore dell’Europa ciò che l’esperimento jazzistico aveva compiuto in territorio statunitense. Krenek tentò di riversare sul palcoscenico dell’opera “di tradizione” europea, tempio dell’arte romantica, la propria volontà per la diversione nella moltitudine musical-culturale.
Fritz, compositore e protagonista dell’opera, lascia la propria vita e la propria amata per ricercare un “nuovo suono” che tanto arrovella i suoi pensieri, riesce così a comporre un lavoro in grado di far scoppiare uno scandalo degno del miglior Schoenberg. Nel frattempo l’amata di Fritz è caduta in rovina, divenendo una prostituta, ma nel finale, quando i due si re-incontrano, Fritz, malato, si accorge che la sua ricerca altro non era che un miraggio lontano.
Il vero motivo per cui Krenek e Jonny sono qui citati è il voler prendere in causa una tipologia d’opera che trovò discreto successo nella “Germania di Weimar”. Quello della Zeitoper, ovvero l’Opera di Attualità, è indubbiamente uno dei fenomeni musicali che con maggior incidenza coopera alla sintesi del difficile quadro della Repubblica di Weimar.
Fatte di storie ambientate in fabbriche, transatlantici o in qualche famosa Avenue di Manhattan, le Zeitoperintrecciavano nelle proprie trame le vite di personaggi alla ricerca dell’emancipazione dalla mediocrità del loro quotidiano, puntualmente colpiti però da qualche calamità.Ahimè la Zeitoper fallì proprio là dove invece avrebbe dovuto fare centro, ovvero nell’attinenza con l’attualità del tempo, che nelle proprie trame era invece lontana e inverosimile. All’opera d’attualità mancava qualcosa, forse poco, per essere ciò che avrebbe voluto. Probabilmente mancavano quei “tre soldi”, o poco più, che di lì a poco sarebbero stati trovati lungo la via da Bertolt Brecht e Kurt Weill.
1) Alex Ross, Il resto è rumore, Bompiani Editore, III ristampa, p. 292.
2) Cit. in Alex Ross, Il resto è rumore, Bompiani Editore, III ristampa, p. 297, da Joseph Goebbels, Around the Gedächtiniskirche (1928), in Kaes – Jay – Dimendberg Weimar Republic Sourcebook, p. 561.
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