Nel 1581 Vincenzo Galilei pubblica Della Musica Antica et della Moderna, un testo che ripropone l’arcano sapere musicale ellenico. Si tratta di un’opera colossale per il Rinascimento. Oltre a riprendere le vetuste pagine della teoria musicale, inserisce tre “cantilene” risalenti al periodo imperiale romano. Si tratta nello specifico di Inni musicati che ne conservano la notazione.
Per molto tempo questi Inni sono stati l’unico esempio di musica Greca eseguibile. Al di là della teoria e delle moltissime testimonianze iconografiche nessuno conosceva dei brani greci reali da poter suonare. Oggi attribuiamo questi inni al poeta/citaredo Mesoméde di Creta vissuto nel II d.C. sotto l’Imperatore Adriano. Insomma, in pieno periodo romano.
Sono tuttavia annoverati tra le musiche greche principalmente per il tipo di notazione usato.
I Greci infatti hanno sviluppato un loro sistema di scrittura della musica basato sull’alfabeto. Vi lascio immaginare i problemi di interpretazione che ci sono stati per poterlo leggere correttamente, ma fatto sta che ad ogni segno corrisponde una nota posta ad un’altezza determinata.
Nel Novecento sono infine emerse nuove testimonianze con la medesima notazione, andando ad ampliare il quadro complessivo delle musiche elleniche superstiti. Gli inni di Mesomede non sono quindi più soli.
La maggior parte della musica ellenica ritrovata è conservata su papiro e su pietra. Tuttavia la notazione non era così diffusa tra i greci e i romani. I brani eseguibili rimasti sono veramente pochi e spesso mal conservati, sono circa di una sessantina. Il motivo lo si può ricondurre al tipo di trasmissione prettamente orale.
Insomma, un panorama poco roseo per chi volesse ascoltare musica autentica di questo passato.
Del resto il musicologo Giovanni Comotti ce lo anticipa in apertura del suo saggio La musica nella cultura greca e romana: “(…) non possediamo neppure una nota di tutto ciò che è stato composto prima del III secolo a.C. e i pochissimi testi musicali di età ellenistica e romana che ci sono pervenuti non forniscono indicazioni precise ed esaurienti per la loro esiguità e il deplorevole stato di conservazione.”
In questo episodio provo a raccontare i più famosi brani superstiti dell’Antica Grecia. Non mancheranno simpatici aneddoti di manomissioni e falsi storici!
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