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Norma – Vincenzo Bellini

Una delle leggende popolari che si diffusero a Catania a partire dalla metà dell'Ottocento narra che, mentre dava alla luce il suo primogenito, la madre di Bellini sentì una musica celestiale, e le campane della città si misero miracolosamente a suonare tutte assieme. La figura di Vincenzo Bellini aleggia tutt'

Come protagonista della sesta puntata della nostra rubrica intitolata “Alla scoperta dell’Opera” troviamo la celeberrima opera “Norma” di Vincenzo Bellini.

Una delle leggende popolari che si diffusero a Catania a partire dalla metà dell’Ottocento narra che, mentre dava alla luce il suo primogenito, la madre di Bellini sentì una musica celestiale, e le campane della città si misero miracolosamente a suonare tutte assieme. La figura di Vincenzo Bellini aleggia tutt’oggi immersa in un’aura di fantasie, leggende e misteri. La sua fama era grande finché restò in vita, ma fu al momento della precoce scomparsa che s’innalzò verso vette esplorate raramente da altri compositori.

Proprio in epoca romantica si diffuse sempre più prepotentemente il mito del genio predestinato a sorte tragica, mito a cui già Mozart e Pergolesi, prima di Bellini, avevano dato notevole apporto. Il 23 settembre 1835 Vincenzo Bellini moriva a Puteaux, appena fuori Parigi, dopo soli undici anni dal suo debutto in campo operistico. Al compositore catanese non servirono che undici anni di carriera per ascrivere il proprio nome all’Olimpo della musica.

L’eco delle sue produzioni si farà sentire tanto a lungo e tanto profondamente che anche il più ostico dei detrattori dell’opera italiana, il grande Meister Richard Wagner, in tarda età era solito soffermarsi a suonare alcuni temi tratti da “La straniera“. “Questi […]” disse lo stesso Wagner “[…] sono autentica passione e sentimento, tutto ciò di cui questa musica ha bisogno per incantare il pubblico, è che arrivi una buona cantante e la canti […]”.

La musica di Bellini è forse quella che più ha vissuto in maniera dialogica il rapporto di reciproca influenza con gli interpreti, consacrando la carriera di grandi stelle e concedendo loro il privilegio di far vivere in eterno i propri personaggi. Allo stesso tempo, grazie alla forza e personalità delle più grandi voci, l’eredità di Bellini è sempre tornata a galla, mai dimenticata, persino nei periodi in cui i teatri di tutto il mondo sembravano rivolgere la propria attenzione altrove.

Se si conta anche Adelson e Salvini, opera semiseria rappresentata nel teatrino del conservatorio di Napoli al culmine degli studi del compositore, Bellini musicò dieci pièce, il che rileva una produzione di un’opera l’anno. Tali tempistiche erano davvero molto ampie per il frenetico business operistico, paragonabile per isterismo e spietatezza all’odierna produzione cinematografica. Anche all’interno di tanto difficile mondo Bellini fu uomo capace di calcolare bene i propri interessi e le proprie richieste, abile nell’ottenere compensi fra i più onerosi che la storia possa ricordare.

Norma - Vincenzo Bellini

L’inizio di ogni nuovo lavoro rappresentava però anche l’aprirsi di un periodo di sofferenze per il compositore, che penava fino alla consegna in preda ad ansie, preoccupazioni e tribolazioni. Ciò avveniva non solo per la concezione agonistica del successo di pubblico che Bellini aveva nel confrontarsi con i colleghi suoi contemporanei, ma forse anche per quello spirito sensibile e incline all’abisso che più volte è emerso dalla corrispondenza intrattenuta con l’amico e compagno di studi Francesco Florimo.

Il grande Bellini, venerato come un Santo al ritorno della sua salma a Catania, era spesso caduto nella divisione d’un cuore vittima dell’incapacità di trovar sicurezze, conferme e amore. Forse furono proprio le sofferenze fisiche e mentali in fase di composizione e quella profonda scissione emotiva, il prezzo da pagare per il dono ineguagliato che gli fu fatto alla nascita. Bellini fu melodista dalle doti difficili da descrivere. Le lunghe, languide e profonde melodie belliniane diverranno con il tempo un mondo a se stante, voci di personaggi che trovarono grazie ad esse l’immortalità superando la stessa partitura che li racchiudeva.

Norma - Vincenzo Bellini

Il 26 dicembre del 1831 al Teatro alla Scala di Milano il personaggio di Norma calcò per la prima volta il palcoscenico fra le braccia delle pagine di Bellini, protagonista dell’omonima opera su libretto di Felice Romani, lasciò ai posteri alcune fra le battute più celebri prodotte dal compositore. Contemporanei e successori non si tireranno indietro dall’affermare di essere disposti a barattare la propria carriera per la sola “Casta diva“, forse la più nota delle melodie belliniane, e del repertorio operistico in generale.

Ambientata nelle Gallie al tempo dell’antica Roma, “Norma” narra la storia della sacerdotessa da cui la pièce prende il nome, figlia del capo dei druidi Oroveso e divisa fra l’adempimento del proprio ruolo e l’amore per il proconsole romano Pollione, dal quale ha avuto due figli. Abbandonati i neonati alle cure di Clotilde nel tentativo di nascondere il peccato, Norma sarà condotta alla rivelazione del proprio segreto dalla confessione di Adalgisa, giovane novizia del tempio anch’essa rea per amore di Pollione.

La furia di Norma è terribile, la sua vendetta vorrebbe la morte anche dei due figli avuti dall’amato, oltre che del proconsole e di Adalgisa. La punta massima dell’opera si raggiunge però nell’innalzamento spirituale di Norma che, di fronte alla condanna a morte di Adalgisa e Pollione, decide di salvare la giovane e prenderne il posto sul rogo. È in quel momento che Pollione, commosso dalla magnanimità di Norma si unisce a lei nell’ultimo sacrificio. Norma e Pollione trovano la forza di purificare se stessi dalle colpe dell’ira, dell’orgoglio, della lussuria.

L’amore rinasce, ma è destinato a crescere oltre la vita. Il successo di “Norma” è rintracciabile da una parte nella melodia, nel “canto semplice, nobile, bello” (cit. Wagner), nella “verità e potenza di declamazione” (cit. Verdi), dall’altra nella sottomissione al dramma delle strutture convenzionali dell’opera italiana.

“Norma” rappresenta certamente uno dei vertici assoluti dell’opera romantica, in cui arie come “Casta diva” cristallizzano tutto lo spirito romantico nella voce del ruolo femminile. Il personaggio di Norma domina completamente l’opera, la partitura e l’orchestra, tutto il resto agisce su un altro piano. Norma è il raggio su cui gli spettatori puntano gli occhi e da cui sono accecati per splendore, è personaggio che costantemente fa vibrare la scena perché collocabile nella sfera del sublime.

Basterebbe quest’opera a colmare le brame più ardenti d’un compositore, eppure Bellini dipinse altri grandi momenti di musica, indubbiamente però fu “Norma” a segnare un momento particolare anche per il suo artefice. Dopo soli quattro anni dal debutto della pièce, poco lontano da Parigi, Vincenzo Bellini morirà malato, all’apice della fama e dello splendore, dando vita ad un mito che tutt’oggi rivive ben oltre il calare del sipario.

A cura di Francesco Sicheri e Antonio Rostagno

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