Potrà sembrare strano ma per trovare un inizio al Novecento musicale è necessario portare indietro il calendario alla sera del 10 giugno 1865, nel bel mezzo dell’Ottocento, pochi anni dopo la nascita del Regno d’Italia e proprio mentre Bismarck si faceva largo nella politica germanica ponendo le basi per uno dei fenomeni socio-politici più importanti della storia moderna. In quella particolare notte, davanti agli spettatori di Monaco di Baviera, fu lanciato il germe del grande cambiamento, per mano di uno fra i compositori dell’800 maggiormente proiettati verso il futuro. Tristan und Isolde è l’opera in cui Richard Wagner utilizzerà quello che è divenuto il punto di partenza del nuovo secolo musicale, la porta sulla musica moderna, il Tristan akkord, ovvero l’accordo di Tristano.Bastano pochi secondi di musica a Wagner per inserire nel Vorspiel/Preludedell’Atto I del Tristan il famoso accordo, ed è giusto quindi spendere almeno due parole per spiegarne tanta importanza. In realtà è l’intera opera a dover essere considerata come fondamentale nell’avvento della musica moderna, certamente però il Tristan akkord rappresenta l’elemento più emblematico. L’accordo è composto dalle note FA, SI, RE# e SOL#, due intervalli di quarta, niente di alieno nei giorni nostri, per tutti noi che abbiamo l’orecchio spesso abituato all’armonia jazz, eppure allora, a metà Ottocento, fu scandalosamente geniale. Soprattutto fu scandalosamente determinante.
L’accordo di Tristano è una decisa frattura con la convenzione definita “tonale” aprendo nuove porte alla dissonanza come elemento fondante e non come semplice punto di passaggio. La dissonanza diverrà punto chiave di molte composizioni del Novecento, non più elemento unico ed estraneo, ma elemento fondamentale.
Il Tristan akkord è un accordo di tensione, pulsione e volontà repressa, un elemento aperto, con la sua dissonanza smuove l’animo dell’ascoltatore lasciandolo indeciso, incompleto e indefinito. Meglio calcare la mano sul termine “indefinito”, perché se servisse mai trovare un termine atto a definire con completezza il secolo XX, “indefinito” sarebbe forse quello più calzante.Non è un caso che l’opera di Wagner, Tristan und Isolde, sia divenuta l’emblema dell’apertura verso la musica moderna, un dramma così buio e nichilista posto a metà dell’Ottocento, vien quasi da chiedersi che senso avesse. Il senso sta nella capacità d’anticipazione di Wagner, precursore di una sensazione impellente che si tramuterà poi in una corrente conosciuta come decadentismo.
Nella seconda metà dell’Ottocento crollano i sogni degli artisti, che vedono man mano svanire le proprie velleità di diventare figure guida, idea tanto fantasticata nel corso del romanticismo. La fiducia nella ragione vien meno sul termine del XIX secolo e del secondo romanticismo, la musica di conseguenza risponderà a questa inclinazione con diversi esperimenti. Gli artisti si lanceranno in un mondo interiore più tetro e misterioso, un mondo indagatorio e introspettivo. Wagner aveva visto lungo, o forse è meglio dire che la sua immensa sensibilità artistica l’aveva portato più avanti degli altri. Ecco perché l’accordo di Tristano fu un fulmine a ciel sereno, uno squarcio nella tradizione, vero e proprio spartiacque per l’inizio della musica moderna.Come ogni grande cambiamento, l’avvento del Novecento non “accadde” con un semplice avvenimento e indubbiamente non si risolse con il solo gesto di voltar pagina sul calendario.
È quindi forse inutile rimarcare che le determinazioni cronologiche vanno prese solo come riferimenti di larga portata, e non come categoriche scadenze, la storia non si fa a compartimenti stagni. Dopo il nostro punto di partenza situato al 1865, la produzione musicale proseguì indubbiamente rigogliosa, sia per quanto riguarda l’ambito della musica strumentale ma soprattutto a livello operistico. Nella seconda metà dell’800 infatti, vedranno la luce grandi capolavori della tradizione teatrale, entrati ormai a far parte dell’immaginario comune (Carmen 1875; Aida 1872; Otello 1877; Falstaff 1893; L’Anello del Nibelungo 1869-1876; La Bohéme 1896)Soffermarsi sugli eventi che tirano le fila della storia dell’opera non è casuale, questo perché nel corso dell’Ottocento il melodramma aveva raggiunto senza dubbio uno status fondamentale, divenendo emblema del XIX secolo in musica. Il lento svanire e tramutarsi dell’opera teatrale nel corso del Novecento, è il primo dei tanti cambiamenti portati dal nuovo sentimento artistico. La fine dell’Ottocento vedeva la scena teatrale dominata, a grandissime linee, principalmente da due filoni, quello italiano e quello austro-germanico. Anche la scena francese fu indubbiamente importantissima, non ci si vuol certo scordare di personaggi come Bizet, ma non potendoci permettere una digressione enciclopedica a riguardo, nella nostra storia giungiamo a tale conclusione a causa di due nomi che hanno tirato le redini del XIX secolo: Giuseppe Verdi e Richard Wagner.
L’eredità dei due aprirà ad alcuni anni di transito in cui una generazione di mezzo traghetterà il melodramma nel XX secolo. Richard Wagner morì nel 1883, a raccogliere il suo enorme lascito giungeranno Richard Georg Strauss e Gustav Mahler, entrambi classificabili nei nostri intenti come appartenenti alla tradizione del secolo precedente, ma comunque protagonisti di alcune produzioni fuori dal “tradizionalmente concepito”.Strauss (Don Giovanni 1888; Also Sprach Zarathustra 1896; Salome 1905; Elektra 1909) entra a pieno diritto nella nostra trama grazie ad una fra le opere più scioccanti d’inizio ‘900, ed indubbiamente fra le più anomale per un compositore annoverato fra le fila del tardo-romanticismo. Il 16 maggio 1906 Richard Strauss diresse la sua Salome nella città di Graz, in Austria, di fronte ad una platea d’illustri nomi: Schoenberg, Puccini e Berg fra i tanti addetti ai lavori, oltre ad un diciasettenne Adolf Hitler. Salome, tratta dall’omonimo poema di Oscar Wilde, narra il perverso rapporto tra la principessa Salome e il profeta Giovanni Battista, del quale la principessa figlia d’Erodiade chiederà la testa su un piatto d’argento.
L’incipit di Strauss cala in un’atmosfera eterea e tetra grazie ad una scala di clarinetto divisa in due parti, la prima in DO# e la seconda in SOL maggiore. L’intervallo DO# – SOL maggiore, definito tritono, è un intervallo particolare, da sempre associato dall’animo umano a una sensazione di turbamento e definito fin dal medioevo come diabolus in musica. Con un incipit tanto disarmante l’opera non poteva che culminare in qualcosa di assolutamente mai visto o sentito, per contenuti e per partitura, e così fu.
Nessun teatro tedesco aveva mai visto niente di tanto satanico ed artistico fino a quel momento, ma ciò che sorprese maggiormente fu il colossale successo di pubblico. La ricezione di massa stava cambiando, il mondo intero stava mutando lasciandosi alle spalle ciò che il romanticismo era stato, proiettandosi così verso qualcosa di nuovo e ancora indefinito.
Salome rappresenta probabilmente un unicum nella carriera di Strauss per dissonanza e irriverenza, chiaro e lampante segnale di cambiamento proveniente da una figura fortemente legata al passato. Fermiamo per un attimo la penna e cerchiamo di digerire l’inizio di questa grande storia, riserviamo per il prossimo incontro la conoscenza di Gustav Mahler.
Bibliografia consigliata:
– Guido Salvetti, La nascita del Novecento, Torino, EdT 1991
– Theodor W. Adorno, Wagner, Einaudi 2008
– Friedrich Nietzsche, Scritti su Wagner e Il caso Wagner: Nietzsche contro Wagner, BUR 2007
– Alex Ross, The rest is noise, Milano, Bompiani editore 2009
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