Aprendo una partitura ci può capitare di vedere delle sequenze di accordi, le quali a prima vista possono appararci come nient’altro che suoni diversi messi uno dietro l’altro. Quando parliamo ci rendiamo perfettamente conto che una frase non è formata soltanto da una sequenza di parole l’una dietro l’altra, ma da una complessa rete di relazioni tra i significati delle parole e la struttura della frase. Una frase musicale non è poi molto diversa. Non è formata solo da suoni in sequenza ma da una densa rete di relazioni tra gli elementi che la costituiscono, e noi siamo in grado di riconoscere queste relazioni ed utilizzarle per interpretare la musica.Lo facciamo in maniera inconscia, chiunque ascoltando una cadenza percepirà la fine di qualcosa (ad esempio la fine della frase, della sezione o del pezzo). Siamo in grado di farlo perché sappiamo attribuire un “senso” o un “significato” a quella data sequenza di accordi in quel determinato contesto.
Cos’è l’armonia quindi? Possiamo definirla come quella parte della musica che si occupa degli accordi e delle relazioni tra essi. Una caratterizzazione molto generale, ma che è possibile affinare analizzandone alcuni concetti fondamentali.Alla base di ogni considerazione armonica c’è il concetto di consonanza/dissonanza. Quando sentiamo due note suonate contemporaneamente possiamo percepire la loro reciproca affinità, ovvero, detto in maniera un po’ brutale, “quanto stanno bene insieme”. Non è solo la consonanza ad essere importante nella musica.
Anzi: la dissonanza anzi può essere per certi aspetti considerata il vero “motore”, quel qualcosa che spinge la musica in una certa direzione, un fondamentale elemento di disturbo.
La musica senza dissonanza sarebbe un po’ come un film in cui non succede mai nulla. L’introduzione di “movimento” nella musica, rende obbligatorio definire una meta. Nella musica questa meta è data dalla tonalità, che può essere vista come “il luogo dove risolvono le tensioni”.Per tentare di chiarire questo concetto riferiamoci nuovamente al paragone cinematografico. Immaginiamo una storia in cui all’inizio il protagonista si trovi in una certa situazione di normalità.
Il modo più semplice per proseguire nella storia consiste nell’introdurre elementi di disturbo, che poi saranno risolti nel ritorno alla normalità. Ma gli elementi di disturbo non possono essere qualsiasi: devono avere un senso, e devono portare con la loro risoluzione alla situazione di partenza.
Allo stesso modo nella musica possiamo introdurre un accordo, inserire un disturbo (ad esempio una dissonanza), e risolvere questo disturbo ritornando all’accordo iniziale.
È evidente che il disturbo non può essere un suono qualsiasi, ma deve essere tale da “implicare” il ritorno alla situazione iniziale.Lo studio dell’armonia è incentrato sulla tonalità, sui mezzi per individuarla, renderla percepibile, e perché no: anche cambiarla a piacimento, per indirizzare la “storia” in un’altra direzione. L’armonia è una materia sconfinata, tuttavia spesso capita che chi si avvicina al suo studio la trovi eccessivamente semplicistica e lontana dalla realtà, soprattutto se applicata agli stili moderni.
Basta osservare un pezzo anche piuttosto semplice come “Hey Joe” per notare come alcuni si troverebbero in difficoltà anche nel determinarne la tonalità. La problematica non è affatto banale e cercherò di individuare alcune delle ragioni per cui ciò avviene:1) L’armonia che si studia sui libri classici non è tutta l’armonia esistente. Normalmente è limitata a quello che è denominato “periodo della prassi comune”, ovvero quello che va più o meno dal barocco al romanticismo. La ragione di ciò è data dal fatto che la musica europea di tale periodo ha caratteristiche comuni che ne rendono più semplice uno studio sistematico. La musica successiva (sostanzialmente quella che parte dall’inizio del novecento) non presenta quest’anima comune, ma una molteplicità di stili che hanno spesso regole stilistiche molto differenti.2) Spesso lo studio dell’armonia si arresta allo studio delle scale e degli accordi. Anche se questi sono oggetti molto importanti nella musica, è necessario studiare le relazioni che intercorrono tra essi.3) A volte ci dimentichiamo che l’armonia non è l’unico aspetto della musica. Melodia e ritmo possono assumere (e spesso assumono) un’importanza maggiore dell’armonia in determinate situazioni. Ad esempio determinati accordi possono esistere per ragioni melodiche piuttosto che armoniche.Concludo questo articolo introduttivo e anticipando che dal prossimo analizzeremo più a fondo l’armonia vera e propria.Nicola “nickstu” SciancaLa Redazione di MusicOff dà un caloroso benvenuto a Nicola tra i suoi autori, è un vero piacere avere un altro musicoffilo d.o.c. a bordo e siamo sicuri che la sua esperienza darà spazio a tantissimi approfondimenti di grande interesse. Benvenuto nickstu!
Lo Staff.
Armonia musicale Pt.1
Aprendo una partitura ci può capitare di vedere delle sequenze di accordi, le quali a prima vista possono appararci come nient’altro che suoni diversi messi uno dietro l’altro. Quando parliamo ci rendiamo perfettamente conto che una frase non è formata soltanto da una sequenza di parole l’una dietro l’altra,
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