L’intero svolgimento di un racconto musicale improvvisato deve costituirsi su elementi concettuali imprescindibili, dato che con esso si devono restituire sensi di coerenza, mutamento, sorpresa, tutte componenti che dovrete d’ora in poi tentare di avvertire nella musica che vi suggestiona maggiormente.
L’esercizio dell’ascolto qui s’impone come assimilatore delle componenti che contengono tali concetti, allenarsi all’ascolto significa sia fortificare una dimensione interiore incline a suonare per concetti , sia assorbire i modi con cui essi concetti possono esprimersi.
Quando ascolto John Coltrane o Bill Evans o Bach o Schubert, tento di recepire questa dimensione concettuale, di cogliere l’intelligenza che fonda le composizioni, se mi renderò conto che è inevitabile che dentro una musica si presentino certe condizioni, assumerò questa inevitabilità anche per il mio suonato, cambierò orientamento e visione.
Bill Evans – Photo bySi è cominciato il saggio presente con la parola racconto poiché con questa riesce comunemente comprensibile che in musica, come in ogni arte, è indispensabile raccontare, ossia definire delle connessioni costanti, nel caso musicale equivale a creare idee che si prolunghino da una misura all’altra, far cooperare le frasi di modo che il ripetersi di un concetto tenti d’imprimere con forza un’idea suggestiva, quindi la faccia vivere più a lungo.
Se un’arte non si soffermasse su sé medesima, non esprimesse un concetto, non lo ribadisse e non lo dilatasse, mai giungerebbe a fissarsi, non resterebbe nulla di sé, si sfalderebbe di continuo e l’uditore non avrebbe il tempo di godere di un elemento che gli diventi familiare, con cui riuscire a stupirsi e a riflettere.
Vi propongo un esempio. In questa sessione Coltrane dal minuto 1:06 per almeno quaranta secondi sviluppa le variazioni a un’idea tematica, la costanza e il mutamento s’interpongono, si mescolano. Questo è concetto disponibile alla sorpresa, variando sorprende, qui si fonda il principio primario dell’universo musicale.
Il difetto comune a molti miei allievi è dimenticare quel che hanno suonato appena un istante prima, non sfruttando le potenzialità del loro detto, sento commettere un autosabotaggio perpetuo, tanto più impegnati a dimenticare che a ricordare, quando invece l’improvvisazione deve anche trovare un certo comodo, delinearsi sul delineato, edificare dal già edificato.
Quindi ci ritornano benissimo i concetti di racconto e storia, sia come prolungamento spaziale che in forma di universo composto di sentimenti, di concetti. Naturalmente per esprimere un concetto devo averlo sentito, studiato, assimilato, provato, affrontato, devo essermene innamorato.
Mi è servito tutto il prologo di sopra per presentare una tecnica che si fonda su un concetto emotivo, ossia la sospensione. Emozionalmente la sospensione ci lascia in uno stato particolare che definirei con il termine “moto”, poiché crea l’arrestarsi del respiro e la liberazione di questo dallo scioglimento dalla condizione sospesa, quindi si sviluppa sia come un movimento fisico per il respiro sia come un movimento interiore per la psiche, o, per meglio dire, l’evento fisico è il riflesso di un moto interiore.
Photo by Mike Foster – Public Domain
Fare musica vuol dire trasferire l’espressione di moti che ci sono propri sotto forma di altro linguaggio, se così non fosse, se non vi fosse relazione tra i sentimenti che proviamo e i sentimenti che la musica ingloba, non vedo come potremmo essere in grado di sentire la musica emozionalmente. Portare nella musica le nostre sensazioni è tutto, studiare la musica significa apprendere tutto quanto è in relazione speculare con i sentimenti.
In musica trasferire il sentimento della sospensione equivale al ritardare l’arrivo dei nostri riferimenti, i quali definiscono con chiarezza l’accordo su cui stiamo improvvisando. A cosa corrispondono i riferimenti, quindi lo scioglimento della sospensione? Alle note dell’accordo. Per conseguenza quelle note che sospendono l’accordo sono tutte quelle che non si trovano tra le necessarie a definire l’accordo, cioè le estensioni dell’accordo.
Riandiamo momentaneamente allo svolgimento di una scala maggiore, noteremo che i riferimenti dell’accordo risaltano in funzione del luogo in cui cadono gli accenti, quindi sentiremo l’accordo di Cmaj7 poiché gli accenti più evidenti battono sui punti forti dei movimenti. Se suddividiamo una misura di 4/4 in quattro movimenti ed eseguiamo la scala, le note dell’accordo suonano ad ogni battere dei quattro movimenti.
Dalla posizione degli accenti quindi viene fuori la staticità dell’accordo. Verifichiamo l’effetto discendente della scala.
Notiamo che ciascuna nota che batte su ogni accento forte del movimento determina una sospensione, poiché troveremo le estensioni degli accordi ad attenderci a ogni battere di ciascun movimento, le quali sciolgono immediatamente la sospensione sulle note dell’accordo che le seguono.
Nell’articolo che seguirà a questo, tratteremo queste sospensioni con molta attenzione al modo con cui i grandi improvvisatori se ne sono serviti. Ecco qui un frammento della prossima trattazione, estratto dal tema di “Honeysuckle Rose”, poi preso e maneggiato sovrabbondantemente da Charlie Parker, dai suoi epigoni e dai successori. Fino ai contemporanei resta una componente chiave del linguaggio.
”
La frase fonda il tema. Il tema di “Donna Lee” la riporta tal quale a 0:15 secondi e con varianti durante l’esecuzione dell’improvvisazione come a 0:44 mutato di accenti.
Sforzando un po’ questa nuova nozione appena accennata, vi mostro come, naturalmente per fini istruttivi, lavorando la sospensione con ludicità, si possano dare alla luce delle frasi coerenti e interlegate, distese e consequenziali. Il periodo è il ii V I di DO in tonalità maggiore e in tonalità minore.
Ne approfitto per ricordarvi che i miei corsi di tecniche d’improvvisazione e analisi di trascrizione per tutti gli strumenti si effettuano presso il Centro di formazione artistica Ottava a Roma.
Cover photo of John Coltrane by comunicom.es
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