Proseguiamo la nostra riflessione iniziata nello scorso articolo.
Bisogna intendere che la vita dell’intimo è fatta di compenetrazione e di reazione: un fatto esteriore che risuona come effetto nel nostro intimo dopo averlo penetrato fa luce in un buio.
Le reazioni che si verificano sono determinate sempre da uno scambio con la dimensione della vita che possiamo cogliere di fuori, come avviene nell’atto della comunicazione; ciascuna naturale comunicazione non è mai la medesima, perchè non le medesime sono le persone con cui comunichiamo, e ciascuna essendo parte o latrice di una particola del messaggio umano, suscita bagliori necessariamente in un angolo di noi prima oscurato.
Tale è la musica cosidetta d’interplay, cioè la risultanza che sorge da una comunicazione tra parti, da uno specchiarsi nell’idea d’altri, con tutto il suo maestoso gioco di emanazione e di rifrazione, e chi ne ha avuta esperienza sa quanto si giunga a essere oltre il sé stesso abituale; tale parrebbe anche essere l’amore, cioè una totale disposizione a unire due messaggi, seppure io dico con casi di compensazione varia, non unicamente una compensazione di opposti (come junghianamente si usa sentenziare), ma anche per compensazione di due cammini analoghi, di cui uno dei due abbia già compiuto un cammino che l’altra parte non ha ancora completato.
Il genere di reazione che ne deriva è in tutto simile a quella che si verifica in faccia a uno specchio, con le sue molteplici sfumature reattive. V’è a chi lo specchio non ricorre se non per l’inganno teatrale, per l’estrema urgenza di mascherarsi dietro l’incipriatura e il belletto delle cose, ma v’è anche chi allo specchio non trova se non l’estrema inchiesta dell’essere, il riflesso mai uguale, la voce del tempo.
Dei sentimenti i poeti ne parlano come di luce e fatti luminosi poiché in effetti sono la visione di ciò che prima di essere illuminato stava ombrato. Tanto quanto i poeti mi è semplice parlare di un buio e di una luce musicale.
Il verificarsi del buio, in concreto, si rileva in una totale disgiunzione dal senso primario della musica, cioè un’imprecisa o del tutto deformata imitazione dei modi che sono congeniti nella vita (come non ritenere, infatti, che i canti dei primitivi fossero le emulazioni dei versi degli animali, cioè l’emulazione della natura che recava a proprio io delle forti sollevazioni sentimentali?).
Per contro, tale condizione è recuperata nella luce, ossia nel caso in cui una vicinanza a questi modi si compia. A quel punto l’atto musicale è anche atto spirituale o essenziale.
Con ciò avviene una metamorfosi totale delle connotazioni della musica: da mondo sconnesso si fa componente di un mondo guidato dal bisogno dell’uomo di manifestarsi essenzialmente. Un po’ l’intera cultura moderna ha inteso vederci scuro nella musica e nelle arti, trasformando queste arti in lotte a suon di comportamenti agonici tra artisti, questioni di onore e di sufficienza.
E la “cultura” televisiva tra tutte, che fa della musica un agone del nuovo millennio, forse nostalgica di altre agonie, di altre lotte, induce questa prospettiva all’esacerbazione.
Come conseguenza di questa condizione, in cui, cosa di tanto più gravosa, l’individualità continua a vergere alle stelle, vi è un totale adeguamento dell’arte alle maniere da cui, nella sua forma pura, essa scappa e si tiene lontana, cioè dalle maniere di una vita tornata invisibile, impenetrabile, rientrata nel suo buio pesto.
Tutto questo ha anche una traduzione e un’implicazione imponente nell’atto pedagogico: lo smarrimento della natura della musica non più trasmessa, quindi l’inadempienza della pedagogia di essere chiara, incisiva, uniformata, utile.
Già il genio di Tolstoj denunciava l’asprezza e l’abbindolamento dell’istruzione, quando diceva “mi sono convinto che noi con determinati sistemi d’istruzione, di cultura, ci precludiamo tutto l’immenso campo della vera istruzione e, stipati entro un piccolo cerchio scopriamo, spessissimo con grande sforzo e superbia, ciò che da molto tempo hanno scoperto i marinai“, e in luogo di assai importanza per l’argomento che ci preme relativamente allo stato della didattica “tutti questi libri non forniscono nessuna conoscenza e non tengono l’interesse del lettore proprio perché i loro autori non trasmettono quei fondamenti che hanno condotto loro medesimi a quella determinata disposizione di spirito, ma direttamente presentano la disposizione di spirito…Bisogna fornire al popolo, nei libri, quelle basi, quell’insegnamento che mena a una tale disposizione di spirito e non la disposizione di spirito stessa“.
Il cammino della musica deve andare oltre la musica, deve proseguire fino a quel punto dove si arriva a tentare con mani immateriali gli elementi con cui la vita pare fabbricare l’essere.
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